La bufala del New York Times che piace alla sinistra modaiola

Il quotidiano americano spara un retroscena non verificato su Regeni. E questo per avvelenare, a vantaggio delle major energetiche Usa, la solida rete di relazioni petrolifere che l’Eni ha intessuto con l’Egitto. E le redazioni di molti giornali se la bevono.

CARLO PANELLA, 18.8.2017 da www.lettera43.it

RIVELAZIONE DEL NYTIMES

Regeni, dagli Usa «prove sulle responsabilità dei servizi egiziani»

È molto semplice capire che è una bufala grossolana l’articolo del New York Times che sostiene che Barack Obama fornì a Matteo Renzi le «prove e i nomi» dei responsabili dei Servizi Segreti egiziani che rapirono e torturarono Giulio Regeni. Stranamente, molto stranamente, il quotidiano americano tradisce una delle principali e più sacre regole del giornalismo professionale: la verifica della notizia presso il governo italiano. Verifica che si è subito trasformata in una clamorosa smentita, per un ovvia ragione: non c’è al mondo una ragione per la quale Renzi avrebbe dovuto occultare questa notizia alla magistratura romana.

UNA MOSSA PER PRENDERSI IL PETROLIO. Ancora: non c’è nessuna ragione al mondo che potesse spingere Renzi a occultare queste «prove e nomi», rischiando di essere poi incriminato dalla stessa magistratura romana per occultamento doloso di prove. Non basta. Perché mai il Nyt lancia questa notizia bomba a un anno di distanza da queste “rivelazioni” di Obama a Renzi? La risposta è semplice ed è quella giustamente indicata da Fabrizio Cicchitto: qualcuno dentro il Dipartimento di Stato USA ha deciso di avvelenare i rapporti tra Roma e Il Cairo temendo le conseguenze della recente ripresa dei rapporti diplomatici interrotti proprio a causa del caso Regeni. Perché? È semplice, perché si vuole interrompere o avvelenare, a vantaggio delle major energetiche Usa, la solida rete di relazioni petrolifere che l’Eni ha intessuto con l’Egitto (la scoperta con collaborazione italiana determinante di enormi giacimenti metaniferi al largo dell’Egitto) e con la Libia che vede il burattino di al Sisi, il generale Haftar, controllare oggi i pozzi petroliferi della Cirenaica.

Regeni, il governo smentisce le rivelazioni del New York Times

Un gioco sporco, condotto in modo dilettantistico dal Nyt, ma usuale, tipico delle major petrolifere americane. Resta il problema, perché mai la stampa italiana, invece di accusare subito il Nyt di un palese giornalismo d’accatto, ha trattato la notizia come fosse attendibile, addirittura vera? Per superficialità, per dilettantismo e sensazionalismo, ma anche per un sinistrismo modaiolo che ha visto i media italiani storcere il naso a fronte della decisione di riprendere i rapporti diplomatici col Cairo. Solo Emma Bonino, a sinistra, l’ha definita una certa saggia, obbligata.

L'ESTREMISMO VERBALISTA DELLA SINISTRA. L’embargo diplomatico, dopo 18 mesi, non ha prodotto risultati quanto alle indagini (questo è il punto centrale) e l’Italia ha disperatamente necessità di rapporti solidi col Cairo per risolvere l’esplosiva crisi libica. Questo, viene definito a sinistra «cinica realpolitik». Invece è semplice «difesa degli interessi nazionali strategici». Un concetto che viene disprezzato dalla sinistra modaiola che controlla molte redazioni. La stessa che non a caso ha nel mirino quel Marco Minniti, che fu un fautore della rottura col Cairo, ma che oggi sostiene la necessità di una ricucitura. In altre parole: estremismo verbalista, male endemico di certa sinistra italiana.

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