Macron vuol collaborare con l'Italia oppure vuole colonizzarla? I cantieri Stx sono il test

La sfortuna di Macron è di non avere tenuto conto che nella compagine governativa italiana ci sono tre persone (Gentiloni, Padoan e Calenda)

 di Pierluigi Magnaschi, 6.9.2017 da www.italiaoggi.it

Partiamo dai fatti. Nudi e crudi. Nei cantieri navali francesi Stx c'era, come socio di maggioranza, una compagnia coreana (quindi extracomunitaria) che, travolta da altre difficoltà economiche, ha dovuto abbandonare la sua partecipazione. Il presidente francese di allora, François Hollande, preoccupato per la situazione che si era venuta a creare, ha invitato la Fincantieri a sostituirsi al socio uscito, per ridare solidità patrimoniale ai cantieri Stx. Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri, dopo aver valutato l'opportunità, ha deciso di subentrare ai coreani, acquisendo, con un regolare contratto, la maggioranza di Stx.

Senonché, di lì a pochi mesi, avviene il passaggio delle consegne all'Eliseo: Emmanuel Macron succede a Hollande e, come uno dei suoi primi provvedimenti, decide di stracciare il contratto di acquisto della maggioranza di Stx, ponendo come condizione per poterlo ridefinire la disponibilità di Fincantieri a rassegnarsi a una posizione generosamente di minoranza. Insomma, per Macron, i soldi degli italiani vanno bene (anzi, che dico, sono benvenuti) a condizione però che gli italiani non si mettano in testa di voler comandare nell'azienda da loro acquistata.

Pare di capire (e non siamo lontano dal vero) che, volendo subito dimostrare di essere un decisionista che non arretra davanti a niente, Macron abbia provato la sua nuova politica dando una sberla agli italiani, anziché, come da suo programma, direttamente agli interessi dei suoi concittadini che sinora infatti non sono ancora stati toccati. Senza tenere conto però della profonda contraddizione rispetto a quanto da lui ripetutamente affermato nel corso della sua vittoriosa campagna elettorale. Macron infatti si dipingeva come un leader, non solo francese, ma anche europeo. Non a caso, nella cerimonia del suo insediamento, aveva voluto, sovvertendo ogni tradizione precedente, che si suonasse prima l'inno europeo (l'Inno alla gioia) e poi quello francese (la Marsigliese). Inoltre aveva detto (e ieri lo ha ripetuto pubblicamente) che avrebbe ridotto la presenza pubblica nell'economia, avviando in Francia un robusto piano di privatizzazione.

Ora, un europeista di tal fatta, come uno dei suoi primi atti, decide di distruggere un robusto e promettente progetto transnazionale europeo, impedendo addirittura, in nome della francesità, che sia onorato un contratto già firmato. E ciò senza tenere conto che la Fincantieri subentrava a una società coreana, quindi nemmeno europea. Insomma, per la Francia di Macron, sta bene che in una sua società industriale entri un complesso coreano, ma non è lecito che lo faccia una società europea e, nel caso specifico, italiana.

Ma c'è un altro aspetto contraddittorio nel comportamento del presidente francese. E cioè che il Macron denazionalizzatore, pur di impedire alla Fincantieri di esercitare il suo contratto in Stx, ha deciso di nazionalizzare (sia pure temporaneamente) la società cantieristica che, con i suoi soli mezzi, non ce la fa a portare avanti la sua attività dopo che i coreani se ne sono andati. Insomma la nazionalizzazione di Stx (che è in palese contrasto con la vocazione denazionalizzatrice di Macron) è un semplice escamotage per cercare di guadagnare tempo, in attesa di piegare la Fincantieri alla sua volontà prevaricatrice. Ma una nazionalizzazione di questo tipo si configura sicuramente come un aiuto pubblico che, in Europa, è vietato, visto che, anche in questo caso, con il denaro pubblico, si alterano le regole della concorrenza.

Nel creare questo contenzioso, Macron ha sottovalutato la reattività italiana visto che, dopo anni di assoluta letargia e remissività nei confronti della Francia, tale reattività si è improvvisamente manifestata. Anche se si deve sottolineare che essa si è espressa con una intensità che è più marcata negli ambienti politici e macroindustriali tricolori che non sul piano dell'opinione pubblica che, del resto, è stata sistematicamente sottoinformata su questo dossier.

La sfortuna di Macron è di non avere tenuto conto che nella compagine governativa italiana ci sono tre persone (Gentiloni, Padoan e Calenda) che, pur non essendo degli esagitati, hanno ben presente quali sono gli interessi legittimi del loro paese e intendono difenderli in un gioco di squadra affiatato.

Bisogna però anche dare atto ai dirigenti francesi che sono molto abili nel districarsi dalle situazioni imbarazzanti. La loro strategia, anche nel caso della Fincantieri, è da manuale. Primo, Macron, che ha creato il pasticcio, è subito scomparso da questo dossier. Poi, per stemperare lo scontro, ha mandato in avanscoperta (anche lo scorso weekend a Cernobbio) il suo ministro dell'economia Bruno Le Maire, che ha suonato (chapeau, dal suo punto di vista) il flauto del misunderstanding, delle incomprensioni e dell'equivoco e proposto, anzi, un progetto più ampio anche per Fincantieri nel settore militare.

Come nel gioco delle tre tavolette non bisogna però farsi distrarre da ciò che dice il mazziere ma seguire sempre e solo il gioco vertiginoso delle sue mani. In questo caso, se c'è un ulteriore programma di estensione nel settore militare per Stx, ok, ma «prima» si onora il contratto con Fincantieri e poi, nella società così configurata, si potranno studiare ulteriori evoluzioni. In caso contrario, sarebbe indignitoso per un ministro di tale caratura impegnarsi in un mortificante (anche per lui) imbroglio lessicale. Tanto vale tenere esplicitamente le posizioni assunte. Emma Marcegaglia, presidente di Eni, è andata oltre alle schermaglie dialettiche e ha detto: «Ho spiegato a Le Maire che se non si risolve questo problema si rischia di creare difficoltà nei rapporti tra Italia e Francia».

Si tratta solo di capire se alla Francia sta bene il commercio di imprese quando sono le società francesi che acquistano quelle italiane e non viceversa. Per dimostrare come il capitalismo francese sia penetrato nella realtà economica italiana (e non dalla porta di servizio tipo i cantieri Stx), a Cernobbio erano presenti i francesi Jean Pierre Mustier, a.d. di Unicredit, Philippe Donnet, numero uno di Generali, Arnaud de Puyfontaine, presidente di Telecom, e il gruppo dirigente di Amundi che l'anno scorso ha acquistato Pioneer sempre da Unicredit. Le Maire ha annunciato che, a fine settembre, Macron si incontrerà a Roma con il premier Gentiloni ed è in quella occasione che si «troverà sicuramente un'intesa» alla quale peraltro lui sta lavorando.

A dimostrazione che questa querelle societaria sia stata sottovalutata da parte di Parigi, mentre adesso ne sono ben presenti anche in Francia, le possibili conseguenze, resta il fatto, ad esempio, che ieri, sulla prima pagina di Le Figaro economie (il più diffuso e autorevole quotidiano economico transalpino) il titolo più evidente diceva: «Stx: l'Italia vuol mantenere il controllo». Un titolo esatto per una posizione chiara che mi auguro sia mantenuta fino in fondo dai leader italiani.

Con una notazione di dettaglio, ma significativa. Lo stesso ministro Le Maire che era stato apparentemente così comprensivo e arrendevole sulla riva del lago di Como, una volta rientrato a Parigi, poche ore dopo, quindi, ha subito tirato fuori gli artigli e, proprio al Figaro, ha detto: «In caso di fallimento dei negoziati noi resteremo alla nazionalizzazione». Quindi: l'Italia, o mangia 'sta minestra, o salta 'sta finestra. Il proverbio delle alti valli bergamasche risuona quindi, tal quale, anche se con diversa musicalità e le erre giustamente arrotondate, anche nei saloni che contano del potere istituzionale transalpino. In sintesi: noi facciamo finta di trattare ma in effetti facciamo quel che vogliamo.

E se, per cominciare a far sentire un po' di reciprocità, anziché far ingoiare obbligatoriamente il francese al 50% degli studenti italiani della scuola media, si consentisse alle famiglie di scegliere la prima lingua straniera che esse preferiscono? Sarebbe una liberalizzazione, non una imposizione che, invece, c'è adesso ed è francamente vergognosa perché, per accontentare la Francia, viene consumata sulla pelle degli studenti più poveri che non possono imparare privatamente la lingua straniera che a loro servirà di più. E che loro sanno bene quale sia.

Pierluigi Magnaschi

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata