Il cervo alfa americano accusa il bue russo di essere cornuto

Se ha vinto Trump è stata truccata la roulette del voto. E da chi, Hillary è stata battuta se non dal grande avversario (che non lo è più da almeno trent'anni) cioè dalla Russia? Anzi, meglio, dal Cremlino?

 di Pierluigi Magnaschi , 15.12.2017 da www.italiaoggi.it

Le accuse dei leader americani (specie da parte dei democratici) contro le interferenze della Russia sul mercato politico-elettorale statunitense sono diventate un tornado specie da quando Donald Trump ha vinto le presidenziali sconfiggendo Hillary Clinton. Essendo impossibile che uno che si presenta come un buzzurro e si nutre di Coca-Cola (12 al giorno scrive il New York Times, ma la Casa Bianca smentisce; non hanno proprio niente da fare, evidentemente) possa battere un puro prodotto dell'establishment newyorkese, per di più moglie di un ex presidente degli Stati Uniti, dotata di un fondo elettorale dieci volte superiore a quello di Trump e sostenuta dal 95% dei media, vuol dire che se ha vinto Trump è stata truccata la roulette del voto. E da chi, Hillary è stata battuta se non dal grande avversario (che non lo è più da almeno trent'anni) cioè dalla Russia? Anzi, meglio, dal Cremlino?

In questi giorni, il democratico Joe Biden, che non è un dilettante se fu vicepresidente di Obama negli anni dal 2009 al 2017, ha riaperto la pentola dei fagioli borlotti del supposto complotto internazionale imbastito da Putin, segnalando, senza peraltro portare nessuna prova, che Mosca è intervenuta per finanziare massicciamente la Lega e l'M5s. Insomma, è una ossessione a stelle e strisce. Pur ammettendo che, da sempre, qualsiasi grande potenza è sempre intervenuta per tirare dalla sua parte gli interessi globali, stupisce che, a lanciare l'allarme, sia il paese, gli Stati Uniti appunto, che più ha pasticciato (e soprattutto pasticcia) negli interessi degli altri paesi.

Nel pieno della guerra fredda, l'Urss, per influire sul sentiment (come si dice oggi) dell'opinione pubblica italiana, ricorreva alle prestazioni di Sandro Curzi (poi premiato, ma non da Mosca, con la direzione del ben più influente TG3). Pertanto, mentre, dal trabiccolo di Radio Praga, Curzi e la sua compagnia di volonterosi rossi inondavano, si fa per dire, l'Italia, di giornali radio dozzinali che definire faziosi sarebbe stato fare un torto nei confronti della faziosità, gli Stati Uniti avevano allestito a Francoforte la faraonica sede di Radio Free Europe che poteva contare su 1.500 giornalisti strapagati e che diffondeva, con dei trasmettitori potentissimi, in tutte le aree dell'impero sovietico. Tali trasmissioni, per dare l'idea dello sforzo utilizzato, erano parlate non solo in russo ma anche in ben 33 lingue minori o dialetti parlati in ogni angolo dell'Urss. Da una parte quindi c'era un cosmodromo herziano e dall'altra un lanciasassi radiofonico costretto a utilizzare le onde corte.

E a proposito di spionaggio, mentre l'Urss prima, e la Russia adesso, usavano ancora spie modello John Le Carré ai tempi della «Spia che venne dal freddo», gli Stati Uniti avevano già installato la loro rete di ascolto Echelon che era in grado di intercettare tutte, dico tutte, le comunicazioni telefoniche, non solo in Russia, ma in tutto il mondo. Ecco perché sono stupito di vedere che il cervo alfa di Washington mentre si straccia le vesti, con la complicità di tutti i media che contano, nel denunciare che il bue russo è cornuto. Mosca, certo, come tutte le grandi potenze, ripeto, cerca di difendersi e di attaccare, ma, rispetto alla professionalità e ai mezzi tecnici ed economici che gli Usa sono in grado di mettere in campo su questo fronte, è una assoluta dilettante.

Lo stesso Biden, non contento di denunciare il da lui indimostrato finanziamento da parte della Russia a favore del M5s e della Lega, si è spinto anche, nella medesima occasione, a spiegare che nel referendum italiano sulla riforma istituzionale, Mosca è intervenuta massicciamente sulla rete per far perdere Renzi. Tutti i media italiani hanno registrato ampiamente e con gli occhi strabuzzati, in un misto di indignazione e stupore, questa dichiarazione di Biden, senza avanzare nessuna riserva e quindi finendo per avallarla.

Solo ItaliaOggi è andata alla fonte dell'andamento della campagna elettorale, intervistando (il 12 dicembre scorso) un professore dell'Università statale di Milano, Luigi Curini, specialista nella tecnica dei big data che, attraverso la sua società «Voices from the Blog» (assieme a Stefano Jacus e Andrea Ceron), ha costantemente monitorizzato il sentiment elettorale dell'opinione pubblica italiana su questo referendum.

Per dare un'idea dell'impegno analitico sviluppato da «Voices from the Blog» basta ricordare che essa ha monitorizzato 2 milioni di cinguettii negli ultimi due mesi prima del voto referendario, oltre a seguire l'atteggiamento degli elettori per ben sette mesi di seguito. Ebbene, in tutto questo periodo, i ricercatori milanesi hanno constatato che il sentiment è rimasto sostanzialmente costante. Ciò vuol dire, non che gli interventi esterni non siano stati fatti, ma che, se sono stati fatti, essi erano organizzati in modo così dozzinale e maldestro da non avere avuto effetto sul sentiment degli italiani che infatti, in questo ultimo referendum, non si è mai espresso, nel tempo, a lisca di pesce ma con un diagramma sostanzialmente piatto.

La conclusione? Sarebbe ora che i leader democratici americani cominciassero a metabolizzare la sconfitta subita da Trump e non continuassero a invadere il mondo (oltre che gli Stati Uniti) di fake news che, nelle loro intenzioni naives, dovrebbero dimostrare che il buzzurro ha vinto contro la superdotata solo perché il gioco elettorale è stata falsato. Per di più, con l'intervento dell'orso sovietico (anche se ora è semplicemente russo). Un orso che dovrebbe far paura non certo per i mezzi propagandistici (esigui) che dispone, ma per la coerente politica internazionale che ha in testa. E le fake news, anche quando ci sono, non si combattono con delle fake news più grandi. Essendo farlocche, queste ultime, esse sono indegne di una grande potenza come gli Usa che non può presumere di poter prendere per il naso il resto del mondo. Anche se, per un po', ce l'ha fatta.

Pierluigi Magnaschi

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