Bce, De Guindos e l'asse incontrastato Berlino-Madrid-Parigi

Il ministro iberico sarà il numero due dell'Eurotower. Si riconferma così il patto tra Spagna e Germania. Con la sponda della Francia, che vuole l'ultima parola sulla presidenza della Commissione Ue.

GIOVANNA FAGGIONATO, 21.2.2018 www.lettera43

La battaglia per la vicepresidenza Bce che Draghi rischia di perdere

Bce, la vicepresidenza a De Guindos dopo il ritiro di Lane

Nominato per consenso, dopo che il suo avversario si è ritirato in buon ordine, il ministro delle Finanze spagnolo Luis De Guindos ha ottenuto il sostegno dei suoi colleghi per andare a sostituire il portoghese Victor Constacio alla vicepresidenza della Banca centrale europea. Durata del mandato: otto anni. Inizio dell'incarico: primo giugno 2018, 16 mesi prima della fine dell'era Draghi e del passaggio di testimone alla presidenza.

Per sceglierlo non è stato nemmeno necessario arrivare alla conta: il governatore della banca irlandese Philip Lane, seppur preferito sia dall'europarlamento che dalla Bce, ha seguito il suggerimento arrivato venerdì dall'interno della macchina dell'Eurogruppo - «Sarebbe meglio non arrivare al voto», avevano spiegato fonti Ue - e poche ore prima che il vertice dei ministri dell'Area euro affrontasse il dossier ha ritirato il suo nome dalla corsa.

 

VERSO UN PRESIDENZA DEL NORD. Troppo forte, come anticipato da Lettera43.it, il peso dell'alleanza che si era creata attorno al ministro di Madrid: sostenuto dal Portogallo di Mario Centeno, a sua volta eletto anche grazie ai voti spagnoli al vertice dell'Eurogruppo, da un altro Stato mediterraneo come Malta, dai rigoristi del Centro Nord di ogni colore politico, dalla Slovacchia all'Austria passando per l'Olanda, e soprattutto dalle due grandi potenze europee, la Germania, sul cui appoggio non c'erano mai stati dubbi e, all'ultimo, anche la Francia di Emmanuel Macron.

Il suo legame con Berlino è talmente esplicito, chiaro e puntualmente ricordato, da costringerlo a rassicurare: «Non c'è nessuna condizionalità, non è detto che Weidmann (il presidente della Bundesbank, il grande avversario delle politiche di Draghi, ndr) diventerà presidente». E in effetti proprio l'ultima parola ancora non c'è.

Il governo di Angela Merkel ha sempre visto positivamente la candidatura di De Guindos, annunciata esplicitamente da un anno, nel nome di un futuro presidente Bce del Nord Europa, ma anche degli anni di allineamento del governo di Mariano Rajoy alle posizioni tedesche.

Altri Paesi hanno seguito e, come spesso capita nelle delicate geometrie diplomatiche europee, alla fine tutti coloro che vogliono contare qualcosa nello spoil system in corso - da qui a novembre 2019 si rinnovano la gran parte degli incarichi della vigilanza bancaria, tre seggi all'interno del board di Francoforte e ovviamente si nomina un nuovo presidente di Commissione - si sono allineati.

Anche i meno convinti hanno preferito non sbilanciarsi: «Stiamo ancora valutando», aveva detto arrivando all'Eurogruppo il ministro dell'Economia italiano Pier Carlo Padoan.

«INDIPENDENZA A RISCHIO». Ex ministro del governo Aznar e poi di Rajoy, con una breve parentesi nel settore privato, il nome di De Guindos aveva sollevato diverse riserve. E non tanto per la sua esperienza in Lehman Brothers - fu a capo della divisione spagnola dalla aprile 2006 al settembre del 2008, il momento del crollo - quanto per la sua carriera tutta nel nome dell'affiliazione politica, non tecnica, inusuale per chi siede ai vertici dell'Eurotower. Secondo l'articolo 233 del trattato di funzionamento dell'Ue i membri del board Bce devono essere scelti «tra persone di riconosciuta levatura e esperienza professionale nel settore monetario o bancario». Secondo l'articolo 130 dei trattati dell'Ue, poi, la Banca centrale europea è indipendente e nessuno dei suoi membri può essere influenzato da governi, istituzioni e qualsiasi ente europeo. E infatti i socialisti dell'Europarlamento hanno già dichiarato che la scelta di De Guindos potrebbe «creare un conflitto di interessi e minare l'independenza della governance della Bce».

UNA LUNGA LISTA DI "RASSICURAZIONI". Gli accordi politici e l'orizzonte dei prossimi anni valgono però ben più di qualche riserva. E così il parere degli europarlamentari che avevano preferito Lane dopo una audizione, in linea con le riserve provenienti dall'interno della stessa Eurotower, è stato facilmente accantonato. Le garanzie almeno formali sull'indipendenza anche. E al posto dei dubbi è arrivata una lista di rassicurazioni. Offerte, ça va sans dire, dallo stesso De Guindos.

Ai giornalisti che lo hanno interpellato dopo la sua nomina, il futuro vicepresidente dell'Eurotower ha assicurato tre cose.

La prima: che sarà indipendente. La seconda: che si dimetterà tra pochi giorni, quindi tre mesi prima di occupare il suo nuovo ufficio. La terza: che non è detto che Jens Weidmann diventerà presidente della Bce. «Non c'è alcuna condizionalità», ha spiegato. Che sia costretto a pronunciarsi sull'argomento dà l'idea del clima attorno alla sua nomina e al legame, ancora presunto ma raccontato in lungo e in largo, con quella del presidente della banca centrale tedesca.

WEIDMANN O NON WEIDMANN? Un recente sondaggio di Bloomberg tra 34 economisti descriveva il numero uno della Bundesbank come super favorito per sostituire l'arci nemico Draghi, seguito dal francese Villeroy de Galhau e proprio dall'irlandese Lane, che potrebbe a questo punto ambire ad altri incarichi: l'Irlanda non ha mai avuto un rappresentante nel board Bce.

Eppure, nonostante la forza di gravità politica che ha portato De Guindos alla Bce sia la stessa dietro a Weidmann, non è detto che le previsioni si autoavverino. In parte perchè le riserve sul falco che ha attaccato talmente apertamente le istituzioni europee, che ha organizzato riunioni informali degli oppositori delle scelte Bce, che ha portato la banca centrale in tribunale, potrebbero essere più pesanti di quelle sul ministro spagnolo. In parte perché alla Germania potrebbe non convenire essere davvero in prima linea alla Bce, quando potrebbe ottenere comunque che il suo peso specifico economico e politico venga riconosciuto da un altro presidente del Nord Europa. E in parte perché molto potrebbe dipendere da quanto i grandi protagonisti riusciranno ad accordarsi alla prossima tappa.

IL NODO MACRON. Soprattutto da quanto riuscirà a ottenere Macron: oltre a preparare un posto nel board Bce per il governatore de Galhau o per l'ex ministra ed ex europarlamentare Slylvie Goulard, il presidente francese punta soprattutto ad avere l'ultima parola sulla presidenza della Commissione europea. A quel punto si vedrà se sarà ancora il caso di adeguarsi.

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