La Siria è il campo di prova per gli armamenti russi della Russia

Un sistema d’arma, qualsiasi esso sia, dal più semplice fucile d’assalto sino al più moderno e complicato caccia di ultima generazione,

APR 11, 2018 2  PAOLO www.occhidellaguerra.it

Un sistema d’arma, qualsiasi esso sia, dal più semplice fucile d’assalto sino al più moderno e complicato caccia di ultima generazione, sarà considerato pienamente efficace solo nel momento in cui verrà provato sul campo di battaglia. È stato così per il fucile d’assalto M-16, i cui problemi emersero durante la Guerra in Vietnam, ed è così anche per i cacciabombardieri di quinta generazione come F-35, F-22 o Su-57.

Il rischiaramento in Siria degli ultimi ritrovati del bureau Sukhoi che a partire dal prossimo anno – se non ci saranno ulteriori ritardi – cominceranno ad entrare in servizio nella VVS, sembra proprio inserirsi nel solco di questa tradizione consolidata.

Come vi avevamo già preannunciato in tempi non sospetti i 4 esemplari di Su-57 visti sulla base aerea di Khmeimim non hanno partecipato ad operazioni di combattimento in quei due giorni di voli nei cieli siriani e quindi è ragionevole supporre che almeno un paio di questi fossero imbottiti di sensori per testare le reali capacità del nuovo velivolo di operare “furtivamente” in un ambiente saturo di impulsi elettronici ostili, come quello che si troverebbero ad affrontare in altri teatri di combattimento convenzionali e “simmetrici”.

Dopo la comparsa dei Su-57 ora in Siria si sono visti anche gli ultimi nati in casa Mil, la nota ditta di elicotteri russa divenuta Russian Helicopters che comprende anche le creazioni del bureau Kamov, i Mi-8MTPR-1.

Questi elicotteri da trasporto sono una variante del Mi-8MTV5-1, che ha debuttato nel 2015, equipaggiati però con il nuovo sistema da guerra elettronica Richag-AV. Questo apparato è un rivoluzionario jammer, ovvero disturbatore di frequenze, valido sia per radar che per sonar sviluppato dalla Kret (Concern Radio-cum-Electronic Technologies JSC) branca della Rostec nel settore radio-elettronico. Il nuovo sistema è progettato per essere adottato da velivoli ad ala fissa o rotante e per essere imbarcato su natanti oltre che altre piattaforme terrestri ed è progettato per bloccare i segnali radar, sonar ed altre forme di rilevamento nemiche allo scopo di proteggere aerei, elicotteri, droni, forze terrestri, navali e siti puntiformi contro i sistemi aria-aria e terra-aria entro i 400 km ma con un raggio efficace compreso tra i 50 ed i 200 per le minacce terrestri che salgono a 300 per quelle aeree, oltre ad essere in grado di ingaggiare sino a 8 bersagli simultaneamente.

Il Richag-AV utilizza un’antenna array multi-beam con tecnologia Drfm (Digital Radio Frequency Memory) in grado di memorizzare e bloccare ogni sistema basandosi sulle radiofrequenze emesse: un archivio delle stesse nella memoria del sistema fornisce in tempo reale la tipologia della fonte di emissione e conseguentemente ne stabilisce la modalità di jamming più efficace. Ecco quindi perché lo schieramento in Siria di questo nuovo sistema installato sui nuovi elicotteri Mil Mi-8 è così importante: al pari dei Su-57 dei voli di collaudo in un ambiente ad alta concentrazione elettromagnetica fornisce un quadro esaustivo sulle reali capacità del Richag-AV di riconoscere e contrastare efficacemente le diverse fonti radar ed elettroniche presenti in Siria ed ai suoi margini (ricordiamo ad esempio il radar AN-TPY/2 americani che si trovano in Turchia e in Israele).

Secondo la Kret, il Richag non avrebbe eguali al mondo ed è il diretto successore del vecchio sistema di jamming sovietico “Smalta” degli anni ’70, che però aveva una portata massima di 100 km. Sempre la società russa fa sapere che i primi tre Mil Mi-8 dotati di questo sistema sono stati consegnati nel marzo del 2015 e che un totale di 16 esemplari sono entrati in servizio nelle Forze Armate russe a partire dall’ottobre del 2016.

Fonti russe della Rossyskaya Gazeta affermano che fu il Richag-AV – probabilmente montato in una sua versione su di un pod da guerra elettronica di un Su-34 “Fullback” o basato a terra – a mandare fuori bersaglio alcuni dei “Tomahawk” americani lanciati durante l’attacco alla base di aerea di Shayrat lo scorso aprile, ma nessuna fonte ufficiale del Cremlino ha confermato questa ipotesi anche se resta credibile analizzando le modalità in cui l’attacco americano è stato quasi neutralizzato: 23 missili da crociera hanno infatti colpito i propri bersagli mentre ben 36 sono stati abbattuti dalla contraerea siriana o finiti fuori rotta.

E’ ragionevole comunque supporre, stante gli attriti tra Mosca e Washington, che si sia trattato di un’azione di questo tipo che ovviamente non sarà mai ammessa da entrambe le parti per ovvi motivi di prestigio politico e per evitare conseguenze mediatiche – e diplomatiche – ben più gravi.

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