Dai porti alle ferrovie: così Bolloré si è preso la logistica dell'Africa

La società Bolloré Africa Logistics ha messo le radici negli Stati dell'Ovest. Gestendo gli snodi strategici spesso in consorzio coi colossi cinesi. E le Nazioni Unite ne avevano già denunciato il ruolo nella guerra in Congo.

GIOVANNA FAGGIONATO, 26.4.2018 www.lettera43.it

Nel 2015 in una intervista a Le Monde Vincent Bolloré spiegava: «La mia convinzione è che l'Africa sia all'inizio del suo sviluppo e che questo vada ben più velocemente di quanto gli esperti pensano. Per me, è chiaro, il continente africano diventerà quello che è la Cina, ma più in grande e meno enigmatico. Ed è una fortuna». Il miliardario bretone, patron di Vivendi e di Tim, non è il solo a esserne convinto: la Confindustria tedesca già nel 2010 ha scelto come direttore generale Stefan Mair, fino ad allora ricercatore esperto di sviluppo economico e politico dei Paesi africani. Ma Bolloré ci ha pensato prima di molti altri.

LA VERA FORTUNA DI BOLLORÉ. Mentre in Italia facevano rumore le sue incursioni piratesche su Telecom o i rapporti tra Canal+ e Mediaset, lui per anni ha fondato il suo impero su container e binari in ferro, su banchine di porti e interporti, conquistando assieme e in parallelo alle aziende di Stato di Pechino il trasporto merci per mare e per terra del Corno d'Africa e del Sahel. E solo ora che è stato messo in stato di fermo e accusato di corruzione per le concessioni di due porti - Conakry in Guinea e Lomé in Togo - ottenute dopo che la società del suo gruppo Havas ha fatto da consulente alle campagne elettorali dei presidenti tutt'ora in carica che quelle concessioni gli hanno affidato, emerge chiaramente quanto le radici di Bolloré il bretone siano in realtà nere d'ebano.

24 MILA DIPENDENTI IN 46 PAESI. Già Le Monde Diplomatique calcolava che nel 2007 un quarto del fatturato del gruppo fondato nel 1822 venisse dal continente africano e che fuori dai riflettori europei Bolloré vi agisse come «un imperatore conquistatore di cui le reti politiche e mediatiche costituiscono le armi favorite». Oggi quella quota è salita a un terzo. Negli ultimi 10 anni i salariati delle società di Bolloré in Africa sono passati da 19 mila a 24 mila e la rete dei suoi interessi ormai avvolge porti, trasporti e piantagioni con 250 filiali in 46 Paesi.

Africa Bolloré

La mappa delle attività sul sito di Bolloré Africa Logistics.( In www.lettera43.it)

Le attività di logistica del gruppo Bolloré in Africa sono state organizzate sotto la dicitura didascalica Bolloré Africa Logistics, a partire dal 2008 all'interno del conglomerato Sdv che nel 2015 ha cambiato nome in Bolloré Logistics. Nove anni dopo la sua nascita formale, la "filiale" africana è riuscita a battere Necotrans, il principale concorrente francese: nel 2011 le ha sfilato dalle mani la concessione per il porto di Conakry grazie alla scelta del nuovo governo dell'amico Alpha Condé, dando inizio a una battaglia giudiziaria conclusasi solo nel novembre del 2016 quando Necotrans, ormai vicina alla bancarotta, ha rinunciato a presentare ricorso. Poi, nell'agosto del 2017, la Bolloré Logistics è passata all'incasso, acquisendo per 3 milioni di euro gli asset del concorrente che ne fatturava più di 800 milioni. Il quotidiano L'Opinion lo ha definito il prezzo di un boccone di pane. Boccone grazie al quale il gruppo Bolloré ha aumentato ancora la sua presa sugli snodi logistici del continente africano, controllando secondo la stessa società il 13% del mercato. Secondo la Jeune Afrique, nel 2015 la Logistics aveva prodotto un giro di affari di 8,3 miliardi sul totale del gruppo di 10,5 miliardi: una proporzione impressionante, seppure non traducibile negli stessi equilibri di profitti.

LA RETE CHE AVVOLGE AFRICA DELL'OVEST E CENTRAFRICA. Come riassumeva Jerome Petit, direttore generale di Bolloré Africa Logistics, al sito FinancialAfrik nel 2016, nel Continente nero Bolloré ha sviluppato quattro "mestieri" principali: lo sfruttamento delle concessioni portuali, i cantieri navali, la logistica e le ferrovie. A guardare il sito della società, il primo fronte è quello preponderante. Bolloré Ports, così si chiama la società ad hoc all'interno di Bolloré Africa Logistics, è il primo operatore portuale di tutta l'Africa: gestisce nove terminal ad automezzi (il cosidetto traffico ro-ro) nelle maggiori capitali del Corno d'Africa e del Sahel, da Dakar a Libreville, e poi 15 terminal a container, da Conakry in Guinea a Monrovia in Liberia e da Lomé in Togo a Bangui in Repubblica Centrafricana. Attualmente ha anche partecipazioni nel terminal per automezzi di Abdijan, capitale della Costa d'Avorio, e in quello del principale porto del Burkina Faso, nella società di manutenzione dei porti del Benin, nella Douala International Terminal del Camerun e la maggioranza del porto fluviale di Brazzaville in Congo. Ha appena inaugurato un nuovo terminal a Owendo, in Gabon, dove già era concessionario del traffico container e ora ne è il gestore esclusivo, ne sta costruendo altri in Ghana e in Camerun, a Kibri, a 150 chilometri dal porto di Douala, dove è già presente.

I capitani di ventura non si formalizzano di certo sugli alleati che si trovano. E Bolloré in particolare non l'ha mai fatto

Nel 2017, la società ha firmato inoltre nuovi accordi con Costa D'Avorio e Burkina Faso per collegare Abidjan a Kaya. E sta anche espandendo i collegamenti dalla costa del Senegal all'entroterra maliano. Ogni nodo della ragnatela è pensato per collegarsi con i porti francesi, Rouen e Saint Nazaire, dove oggi ha i cantieri Stx, a una manciata di porti in Asia, in particolare in India, ma soprattutto alla rete ferroviaria: nel 2015 le imprese del miliardario bretone avevano già costruito 3 mila chilometri di binari nella "FranceAfrique", attraverso la Camrail in Camerun, la Sitaral in Burkina Faso, la Benirail in Benin. È, insomma, un piano di lungo termine per la creazione di una logistica integrata che possa avvolgere e collegare come un bozzolo il Continente nero, offrendo a Bolloré la liquidità per le sue spregiudicate operazioni europee. Poi ci sono i servizi di cantieristica e di manutenzione di cui si occupa Afritramp, controllata di Bolloré Ports, attraverso una rete di 76 agenzie dispiegata lungo il continente e l'Oceano indiano. Ma anche la nuda proprietà dei cantieri come succede in Costa d'Avorio e Gabon. Senza parlare delle concessioni minerarie e del ruolo crescente nelle infrastrutture energetiche per gli impianti di estrazione petrolifera.

GLI AFFARI CON LE AZIENDE DI STATO CINESI. Nella sua corsa apparentemente inarrestabile alla nuova frontiera africana, il gruppo Bolloré ha incrociato spesso il business delle grandi aziende di Stato cinesi, stringendo intese fruttuose. Nel porto di Tincan, in Nigeria, Bollorè Ports ha ottenuto la concessione per il terminal dei container in consorzio con la società cinese formata dalla China Merchants Holding International, cioè il primo operatore portuale della Repubblica Popolare, controllato dal gruppo di Stato e di partito China Merchants e il China Africa Developement Fund, fondo di private equity della Banca di sviluppo cinese, in sostanza il braccio armato degli investimenti dell'ex impero celeste in Africa. Anche la nuova concessione per il porto di Kribi è stata ottenuta in consorzio con la società di cantieristica francese Cma Cgm e dal colosso dell'ingegneristica e delle infrastrutture China Harbour Engineering Company, controllato dalla China Communications Construction Co. a sua volta controllata da una società statale. I capitani di ventura non si formalizzano di certo sugli alleati che si trovano. E Bolloré in particolare non l'ha mai fatto.

Mentre le organizzazioni non governative continunano a denunciare gli effetti su biodiversità, clima e vita delle comunità locali delle attività della Socfin, controllata lussemburghese del gruppo che produce olio di palma e gomma in otto Paesi africani, dalla Sierra Leone al Congo, sarà la giustizia a determinare se le fatturazioni per le campagne elettorali sono collegate o meno alle concessioni dei porti. Ma intanto almeno un punto fermo nella storia africana del gruppo c'è. Ha a che fare con la Sdv, cioè la Bolloré Logistics prima che cambiasse nome, e con un tipo particolare di logistica: il trasporto del coltan, minerale raro e sempre più prezioso perchè utilizzato nella realizzazione dei circuiti all'interno dei nostri pc e smartphone.

I TRASPORTATORI DEL COLTAN NELLA GUERRA DEL CONGO. Secondo un rapporto pubblicato da un gruppo di esperti formato su richiesta del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la Sdv forniva i collegamenti a una rete di società multinazionali che sfruttavano la guerra alla frontiera tra Congo e Rwanda per aumentare i loro profitti sul coltan, il cui prezzo in quegli anni letteralmente si impenna, e si preoccupavano di farla proseguire. Secondo i documenti del Senato belga visionati da Lettera43.it, la cordata di imprese che si avvantaggiò di più e si preoccupò di far prosegurie quel conflitto sanguinario è formata da società americane, britanniche e olandesi, ma l'azienda di Bolloré aveva il ruolo di intermediario del traffico assieme ad altre due imprese belga. Tanto che, come ha denunciato Le Monde Diplomatique, nel 2002 venne inserita nella lista che non rispettano i principi Ocse. La stampa francese ha tentato negli anni di ritornare su questa storia e ha ottenuto solo che la società ammettesse di non avere proprio il curriculum specchiato. Abituato alle guerre di impresa, la Bolloré aveva messo mani e piedi in una guerra vera.

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