Capire prima, capire meglio La Georgia ci ricorda a cosa serve l’Europa. Sono proprio i manifestanti che tengono alta la bandiera blu a Tbilisi,

e che nei talk show italiani saranno certo definiti pupazzi degli americani da chi continua a ripetere le solite geofregnacce sulla «guerra per procura», ad aver compreso il senso e il valore dell’Ue

Francesco Cundari 10.3.2023 linkiesta.it lettura 4’

Se fossi stato meno distratto, meno ignorante e meno fesso, la prima volta in cui ho sentito uno dei tanti osservatori Putin-comprensivi che affollano quotidiani, settimanali, bimestrali, librerie e talk show italiani ripetere la teoria dei nazisti ucraini intenti a perseguitare la minoranza russofona nel Donbas, mi sarei ricordato della Georgia. Perché anche in Georgia, nel 2008, è successo qualcosa di molto simile a quello che è accaduto in Ucraina, e cioè che Vladimir Putin ha prima sostenuto e fomentato i separatisti nelle cosiddette repubbliche indipendenti e poi li ha usati come pretesto per intervenire militarmente.

Se fossi stato meno distratto, meno ignorante e meno fesso, sentendo tanti intellettuali, politologi e geopolitologi ripetere il solito copione sulle manovre della Nato, degli Stati Uniti e dell’Unione europea, invece di tanti altri inutili discorsi, avrei formulato una semplice domanda: e la Georgia? (e potremmo pure continuare, cambiando il pochissimo che c’è da cambiare, ad esempio con la Moldavia: perché pure lì ovviamente c’è una minoranza filorussa perseguitata, ma assai ben armata, che invoca l’aiuto fraterno di Mosca).

Siccome da oggi voglio essere un po’ meno distratto, meno ignorante e meno fesso, dopo aver guardato le splendide immagini delle manifestazioni di Tbilisi, con quella donna che sventola la bandiera dell’Unione europea contro gli idranti della polizia, alcune cose voglio ricordarle, e penso che dovreste farlo anche voi, ogni giorno, con chiunque vi capiti di parlare.

La prima è che è proprio così che è cominciata, davvero, la crisi russo-ucraina: con le manifestazioni di protesta contro il tentativo del governo filoputiniano di allontanare il paese dall’Unione europea, per riportarlo definitivamente sotto il controllo di Mosca. Manifestazioni represse brutalmente, con centinaia di morti in piazza, che sfociarono nella rivolta e nella cacciata del presidente Viktor Yanukovich, cui Putin rispose con l’occupazione della Crimea e la guerra sporca nel Donbas.

La seconda cosa che voglio ricordare è che allora, dalla parte della Russia di Putin, c’era l’intero schieramento populista e antieuropeista italiano, dal Movimento 5 stelle alla Lega, Fratelli d’Italia compresi. Una simmetria che almeno oggi, con il senno del poi e senza la fesseria del prima, dovrebbe dirci qualcosa: le stesse forze politiche più impegnate in quegli anni – tra 2014 e 2016 – nel chiedere l’uscita dall’euro, nell’entusiasmarsi per la Brexit e per la vittoria di Donald Trump, erano anche le più convinte nel chiedere di rimuovere le sanzioni contro la Russia. Ma guarda un po’.

La terza cosa che voglio ricordare è che nel frattempo Movimento 5 stelle e Fratelli d’Italia si sono scambiati di posto, l’uno è tornato all’opposizione, l’altro è andato al governo. Sarà un’altra coincidenza, ma giusto in prossimità di questa ricollocazione il Movimento 5 stelle è rifluito su posizioni sostanzialmente filoputiniane, mentre Fratelli d’Italia, dal giorno dopo l’invasione del 24 febbraio 2021, ha fatto il percorso inverso. Motivo per cui suggerirei di moderare sempre l’entusiasmo per certe evoluzioni, maturazioni, conversioni improvvise, soprattutto quando non accompagnate da alcuna seria autocritica (non per una questione di principio, ma per una ragione pratica: perché in tal modo, come dimostra l’esempio grillino, le nuove posizioni restano sempre reversibili).

La quarta cosa che voglio ricordare è che la legge sugli «agenti stranieri» contro cui sono scesi in piazza i georgiani (pare, per ora, con successo, se è vero che il governo vorrebbe ritirarla) non è solo ricalcata su quella russa, alla base della definitiva chiusura di ogni spazio di libertà di espressione in quel paese, non ha solo un forte retrogusto anni trenta (il lessico è inconfondibile), ma è anche tragicamente simile ad analoghi provvedimenti già adottati nell’Ungheria di Viktor Orbán, in nome della crociata contro George Soros, la dittatura di Bruxelles e la congiura delle élite globaliste e delle ong.

Serve un ripassino pure su questo, e in particolare su chi e come, in questi anni, ha condiviso e diffuso la stessa paccottiglia anche in Italia? I protagonisti, ovviamente, sono sempre gli stessi.

Perché ho ricordato tutte queste cose? Perché è alla luce di tutte queste cose che si vede con chiarezza l’estremo paradosso della nostra epoca: che ad avere capito prima e meglio di tutti cosa significhi e a cosa serva l’Unione europea sono ucraini e georgiani, che non ne fanno parte. Sono quella donna in piazza e quegli uomini che la aiutano a tenere alta la bandiera blu, che nei talk show italiani saranno immancabilmente definiti pupazzi degli americani da chi continua a ripetere le solite geofregnacce sulla «guerra per procura» e «l’accerchiamento della Nato». Mentre la verità è che gli unici a essere davvero accerchiati, come si vede, siamo proprio noi italiani, circondati da almeno dieci anni da un manipolo di farabutti e da un immenso esercito di mentecatti.

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