Cosa sappiamo del rapporto dell’Onu sulle violenze sessuali compiute da Hamas il 7 ottobre 2023

Il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sostiene che gli ostaggi a Gaza potrebbero tutt’oggi subire atti di violenza sessuale

5 MARZO 2024 - 15:36 di David Puente, open.online lettura8’

Hamas ha rivendicato l’attacco del 7 ottobre 2023, negando di aver preso di mira i civili. Tale affermazione è stata però smentita dai video pubblicati online dagli stessi terroristi e dai loro accompagnatori, nonché dalle registrazioni delle telecamere di sicurezza installate nei kibbutz e in altre località. Inoltre, l’organizzazione nega le accuse riguardanti atti di violenza sessuale compiuti nei confronti delle vittime e degli ostaggi israeliani. Secondo un rapporto pubblicato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, un gruppo di ricerca sul campo ha espresso «buone ragioni per credere alla commissione di violenze sessuali» durante l’attacco.

Il team e la missione

Il rapporto è il frutto della missione Onu condotta dal team diretto da Pramila Patten e composto da nove esperti, formati nel dialogo con vittime e testimoni di crimini legati alla violenza sessuale, comprendenti un patologo forense e un analista di fonti digitali e open source. Secondo quanto riportato al punto 19 del rapporto, l’obiettivo della missione non era quello di stabilire in maniera definitiva e completa la veridicità di tutte le denunce per atti di violenza sessuale associati al conflitto. Gli esperti hanno riconosciuto che, data la complessità e l’entità delle segnalazioni, sarebbe necessaria un’ulteriore inchiesta più duratura e dettagliata da parte di organi specializzati.

La visita è stata autorizzata dal governo israeliano e si è svolta dal 29 gennaio al 14 febbraio 2024, coprendo aree sia in territorio israeliano che nella Cisgiordania occupata. La squadra ha visitato quattro località coinvolte negli attacchi del 7 ottobre: la base militare di Nahal Oz, il kibbutz Be’eri, il sito del festival Supernova e la strada 232, luoghi in cui sono state riportate alcune delle accuse di violenza sessuale. Non hanno visitato i kibbutz di Kfar Aza e Re’im.

Gli esperti hanno svolto sopralluoghi anche alla base militare di Shura, all’obitorio che custodisce i corpi delle vittime e presso il Centro nazionale israeliano di medicina legale. Hanno esaminato oltre 5.000 fotografie e circa 50 ore di riprese video degli attacchi, materiale fornito da varie agenzie statali, fonti indipendenti private e un’analisi online indipendente proveniente da diverse fonti aperte.

Durante le interviste, sono state ascoltate le testimonianze di 34 individui, inclusi sopravvissuti e testimoni degli attacchi del 7 ottobre, ex ostaggi, personale di soccorso e operatori sanitari. Si sono tenuti inoltre incontri con i familiari degli ostaggi ancora detenuti da Hamas e con membri della comunità di sfollati del kibbutz Nir Oz.

Va notato che la missione non ha incluso visite nella Striscia di Gaza, poiché si ritiene che altre entità delle Nazioni Unite siano già attive e impegnate nel monitoraggio della situazione in loco.

Le difficoltà

Nel punto 7, il team evidenzia che le autorità israeliane hanno incontrato numerose sfide nella raccolta di prove e nel portare avanti le indagini sugli eventi del 7 ottobre 2023, tra cui testimonianze limitate da parte dei sopravvissuti e dei testimoni, oltre alla perdita di potenziali prove a causa degli interventi di alcuni soccorritori e volontari che non erano adeguatamente preparati. Ulteriori ostacoli sono rappresentati dal grande numero di corpi ritrovati con gravi ustioni, che ha reso impossibile stabilire se ci fossero stati abusi sessuali.

Anche per il team guidato da Pramila Patten si sono presentate difficoltà, come riportato nel punto 8: c’è stata la possibilità di dialogare soltanto con una parte dei sopravvissuti e delle vittime di violenza sessuale. Alcuni non erano disponibili a parlare, nonostante gli sforzi del team nell’incoraggiarli a farlo. Una piccola porzione di loro era sotto cure specialistiche per i traumi subiti, mentre altri si trovavano all’esterno del Paese, in particolare i sopravvissuti del festival Supernova.

Queste mancanze, non imputate al governo israeliano, hanno limitato la disponibilità di ulteriori informazioni per il team delle Nazioni Unite. Il punto 9 del rapporto mette in luce anche una certa reticenza dei sopravvissuti a confrontarsi sia con le autorità israeliane che con organizzazioni internazionali, Onu inclusa. La diffidenza si estende anche nei confronti dei media, che sono percepiti come parte di questa “lista nera”.

Nel punto 10, il team sottolinea la difficoltà di completare la raccolta delle prove forensi per diversi casi esaminati, che rende complicato pervenire a conclusioni definitive. In taluni frangenti, si è notato l’uso di interpretazioni forensi inaffidabili da parte di personale non qualificato. Inoltre, il processo di identificazione delle persone attraverso foto e video è ancora in corso.

Infine, nel punto 11, il team espone una critica per il limitato periodo di tempo impiegato nelle indagini, che è stato di soli due settimane e mezza. Considerata la grandezza e la complessità degli attacchi del 7 ottobre, il breve lasso temporale ha impedito un’analisi approfondita dell’intero episodio.

 

Le violenze sessuali fondate e non

Al punto 12, il team afferma che, sulla base delle informazioni ottenute da fonti diversificate e indipendenti e nonostante le sfide evidenziate in precedenza, esistono ragionevoli motivi per ritenere che si siano verificate violenze sessuali durante gli attacchi del 7 ottobre, inclusi sia stupri, sia violenze di gruppo.

Nelle diverse località coinvolte nell’attacco, il team ha riscontrato che molti corpi, in particolare di donne, sono stati ritrovati parzialmente o totalmente nudi e con le mani legate. Secondo gli esperti, la modalità di spogliamento e di immobilizzazione delle vittime risulterebbe indicativa di alcune forme di violenza sessuale.

Il rapporto, basandosi su testimonianze ritenute affidabili, sostiene che durante il festival Supernova vi sono solide basi per credere che siano avvenuti numerosi episodi di violenza sessuale. Le testimonianze indicano che le vittime sarebbero state violentate, anche collettivamente, e successivamente uccise durante o in seguito all’atto di violenza. Analoghi episodi sono stati segnalati lungo la strada 232, dove alcuni testimoni hanno descritto uno stupro compiuto da soggetti armati su due donne.

Il team Onu ha accertato che due imputazioni di violenza sessuale nel kibbutz Be’eri, diffuse dai media, si sono rivelate prive di fondamento in seguito a nuove evidenze e all’incoerenza dei racconti. Tra queste, la storia di una donna incinta che sarebbe stata brutalmente assassinata. Un’altra segnalazione riguardava presunti oggetti inseriti intenzionalmente nei genitali femminili, tuttavia, a causa delle immagini di scarsa qualità e poco chiare, il team non è stato in grado di confermare o smentire questa accusa.

Secondo il rapporto, non è stata possibile la verifica di tutti i casi segnalati nel kibbutz Kfar Aza. Ciò nonostante, gli esperti ritengono che le prove circostanziali disponibili suggeriscano la possibilità di atti di violenza sessuale.

Al punto 16 si discute delle denunce di stupri e mutilazioni genitali avvenuti presso la base militare di Nahal Oz. Il team non è stato in grado di validare tali episodi. Per quanto concerne le mutilazioni genitali, il rapporto menziona un’analisi forense che ha indagato le ferite nelle zone intime senza identificare alcun pattern specifico di lesioni. Al punto 70, il documento specifica che sette soldati (quattro uomini e tre donne) presentavano ferite da arma da fuoco in prossimità dei genitali e/o dei glutei, nonché numerose altre lesioni da arma da fuoco in differenti parti del corpo. Gli specialisti concludono che tali elementi rendono ininfluente la valutazione delle mutilazioni genitali, poiché non è possibile stabilire con certezza un collegamento diretto con episodi di mutilazione genitale.

Al punto 17, il team dichiara di avere individuato informazioni consistenti e attendibili che attestano casi di violenza sessuale, stupro e torture a sfondo sessuale, nonché trattamenti considerati crudeli, inumani e degradanti praticati sugli ostaggi durante la detenzione di Hamas. Il rapporto sostiene che ci siano ragionevoli motivi per credere che tale violenza potrebbe essere attuata tutt’oggi nei confronti degli ostaggi ancora detenuti da Hamas.

Al punto 77 vengono citate prove digitali scoperte durante la revisione indipendente open source, ritenendole autentiche e non manipolate. Nonostante queste non descrivano esplicitamente atti di violenza sessuale, il team ritiene che parte del materiale contenga elementi circostanziali come corpi nudi o parzialmente nudi indicativi di alcune forme di violenze sessuali. Il team ha inoltre tenuto conto delle informazioni diffuse dalle autorità israeliane, come nel caso di presunti opuscoli con indicazioni su come dire in ebraico frasi del tipo «apri le gambe» o «togliti i pantaloni», ma ammette di non essere stato in grado di comprovarne nessuno.

La visita nei territori occupati

Sempre sotto invito di Israele, il team di Pramila Patten ha avuto accesso nei territori palestinesi occupati per visitare Ramnallah e dialogare con le Autorità Palestinesi. Il team ha avuto modo di incontrare anche la Commissione Indipendente Palestinese per i Diritti Umani, diversi rappresentanti della società civile e ONG e quattro detenuti recentemente rilasciati. Lo scopo era quello di confrontarsi sulle denunce di violenza sessuale «presumibilmente commesse dalle forze di sicurezza e dai coloni israeliani». Il rapporto, seppur riporta la preoccupazione per il presunto (punto 81) trattamento dei detenuti palestinesi, descritto come crudele, inumano e degradante, con varie forme di violenza sessuale come perquisizioni corporali invasive, minacce di stupro e nudità forzata prolungata.

Il team ha riportato tali accuse alle autorità israeliane, ottenendo come riporta che esistono meccanismi di denuncia a disposizione dei detenuti, protocolli che vietano la violenza sessuale e minacce di stupro. Secondo quanto dichiarato dalle autorità di Israele, non si riscontrano denunce per violenza sessuale ad opera delle forze israeliane. Tuttavia, il team riporta che, secondo le informazioni ottenute da varie organizzazioni per i diritti umani e fonti pubbliche, dal 2001 si sono concluse solo tre indagini su 1.400 denunce per presunti atti di tortura che includevano violenza o molestie sessuali.

Le raccomandazioni del team

Come detto in precedenza, secondo quanto riportato al punto 19, la missione del team non era volta a stabilire in maniera completa ed esaustiva gli atti di violenza sessuale legati al conflitto, necessitando maggiori indagini. Per questo motivo, al punto 20, il rapporto riporta le principali raccomandazioni risolte a diverse entità.

Il team incoraggia il governo israeliano a garantire, senza ulteriori ritardi, l’accesso sui territori palestinesi occupati all’Ufficio dell’Alto Commissariato per i diritti umani e alla Commissione internazionale indipendente d’inchiesta.

Sollecitano Hamas e gli altri gruppi armati a rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutti gli ostaggi, assicurando loro protezione anche dalla violenza sessuale.

Inoltre, invitano tutti gli organi competenti, nazionali e internazionali, a consegnare alla giustizia tutti gli autori dei reati contestati, indipendentemente dal loro appartenenza o grado.

Le conclusioni del rapporto

Nelle conclusioni, riportate da pagina 21 e dal punto 84 del rapporto, gli esperti sostengono che ci siano ragionevoli motivi per ritenere che vi siano episodi di violenza sessuale durante la strage del 7 ottobre 2023, anche sotto forma di stupro e violenza di gruppo. Si ritiene che siano stati raccolti dati che potrebbero indicare alcune forme di violenza sessuale, come la mutilazione genitale, la tortura sessualizzata o trattamenti crudeli, inumani e degradanti.

Riguardo gli ostaggi, il team ritiene di aver riscontrato informazioni chiare e convincenti secondo cui alcuni di loro siano stati sottoposti a varie forme di violenza sessuale, sostenendo che vi siano fondati motivi per ritenere che tali atti siano tutt’ora in corso a Gaza.

Il gruppo guidato da Pramila Patten ritiene di non essere stato in grado di stabilire la prevalenza degli atti di violenza sessuale durante il 7 ottobre. Per questo motivo, gli esperti sostengono la necessità di un’indagine approfondita per ampliare il raggio di azione, soprattutto nei luoghi non visitati durante la breve permanenza e per instaurare un’adeguata fiducia con i sopravvissuti e le vittime di violenza che non si sono resi disponibili a dialogare.

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