I NEGOZIATI L'accordo "opportuno" tra Israele e Hamas che tutti aspettano

.C'è un ostacolo: Yahya Sinwar, l'uomo che dice sempre di no e finora ha rifiutato ogni proposta

MICOL FLAMMINI 08 APR 2024 ilfoglio.it lettura2’

L'intesa per la liberazione degli ostaggi e il cessate il fuoco bloccherebbe l'operazione a Rafah, fermerebbe gli attacchi di Hezbollah, tratterrebbe l'Iran e calmerebbe la società israeliana. C'è un ostacolo: Yahya Sinwar, l'uomo che dice sempre di no e finora ha rifiutato ogni proposta

Inegoziati per arrivare a un accordo tra Israele e Hamas sono entrati nella fase di una corsa forsennata, di un via vai necessario e incessante per stringere i tempi. Israele ha mandato i suoi uomini cruciali al Cairo, il capo del Mossad David Barnea e il capo dello Shabbak Ronen Bar, e questa sera il gabinetto di sicurezza si riunirà per parlare delle condizioni, prima di tornare di nuovo a negoziare in Egitto. L’accordo è visto come la barriera tra una fase della guerra e l’altra, come un argine o una porta su cui tutti stanno spingendo. Domenica la prima pagina di Haaretz aveva le foto di tutti gli ostaggi israeliani ancora tenuti prigionieri nella Striscia di Gaza, tra i volti che ormai tutti in Israele hanno imparato a conoscere e riconoscere, a guardare come membri di una famiglia allargata alle dimensioni di un paese, c’era la scritta: “Non c’è più tempo”. Il tempo si è fermato e non torna indietro, ma da quando si è ricominciato a parlare di negoziati, sembra che anche le ore, i minuti, i secondi abbiano una nuova velocità. Per il momento sia Israele sia Hamas hanno detto che c’è poco di nuovo, soltanto gli egiziani e qatarini hanno parlato di ottimismo. Per gli Stati Uniti è questo il momento di insistere e anche il discorso che Benjamin Netanyahu ha fatto domenica sera davanti al governo aveva dei toni diversi rispetto al solito. Netanyahu non ha parlato di azioni militari, ma di prospettive negoziali e ha promesso una vittoria sempre più vicina. Un accordo permetterebbe di ritardare l’operazione nella città di Rafah, dove è rimasta l’ultima brigata di Hamas, rifornita dal contrabbando e dai miliziani che sono riusciti a sopravvivere ai combattimenti con Tsahal nel resto della Striscia. Ma a Rafah, oltre a Hamas, ci sono circa un milione e mezzo di civili, è la zone più popolata di Gaza, l’operazione non può partire senza che venga evacuata e senza che l’esercito israeliano si coordini con gli egiziani. Uno spostamento così cospicuo di popolazione sarebbe uno sforzo lungo, faticoso e doloroso, che un accordo sarebbe in grado di fermare o quantomeno di rimandare. Israele continua a dire che non ci sono alternative all’ingresso nell’ultima delle città del sud, eliminare Hamas vuol dire toglierle ogni capacità militare, Netanyahu ha detto che esiste già una data per l’offensiva a Rafah, e dirlo serve anche a far capire a Hamas che trattenere gli ostaggi non salverà l’organizzazione.

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