LA PUTINATA PASQUALE – LA TREGUA DI 30 ORE DECISA DAL PRESIDENTE RUSSO, FINO ALLE 23 DI OGGI,

È BOLLATA DA KIEV COME “PROPAGANDA”: “CI SONO STATI 387 BOMBARDAMENTI RUSSI DOPO L’ANNUNCIO DEL CESSATE IL FUOCO”

0 apr 2025 08:03 dfagospia.com lettura4’

GIORNI POTREBBERO DARE UNA POSSIBILITÀ ALLA PACE” – LA MOSSA DI “MAD VLAD” È UN CONTENTINO A TRUMP, CHE HA MINACCIATO DI CHIAMARSI FUORI DAI NEGOZIATI. IN RUSSIA C’È LA CONVINZIONE CHE LA DATA LIMITE PER LA PAZIENZA DEL “COATTO DELLA CASA BIANCA” SIA QUELLA DEL 30 APRILE, GIORNO DEL SUO CENTESIMO GIORNO DI PRESIDENZA – LO SCONTRO TRA FALCHI E COLOMBE A MOSCA...

ZELENSKY, '387 BOMBARDAMENTI RUSSI DOPO ANNUNCIO TREGUA' ++

(ANSA) - ROMA, 20 APR - L'esercito di Mosca ha effettuato quasi 390 bombardamenti dopo l'entrata in vigore della tregua di Pasqua annunciata ieri dal presidente russo Vladimir Putin e fino a mezzanotte: lo scrive questa mattina su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. "Tra le 18:00 di ieri (le 17:00 in Italia) e le 00:00 di oggi, si sono verificati 387 bombardamenti e 19 attacchi da parte dell'esercito russo. I russi hanno utilizzato i droni 290 volte", afferma il capo dello Stato. (ANSA).

2. PUTIN ANNUNCIA LA SUA TREGUA A KIEV NESSUNO CI CREDE

Estratto dell’articolo di Marta Serafini per il “Corriere della Sera”

Trenta ore invece di trenta giorni. Spiazza tutti Vladimir Putin annunciando unilateralmente quella che subito è stata ribattezzata la tregua di Pasqua. Un cessate il fuoco che il leader russo, parlando al suo capo di Stato maggiore Valery Gerasimov, ha indetto dalle 18 di ieri sera (ora locale) fino a stasera a mezzanotte (le 23 italiane). È una scelta dettata da «considerazioni umanitarie», sibila lo zar [...]

Ma a Kiev nessuno ci crede. «È solo propaganda. Qui le sirene non hanno smesso di suonare. E non è certo la prima volta che Putin gioca al gatto col topo», spiega al Corriere un comandante di brigata dell’esercito ucraino non autorizzato a rilasciare dichiarazioni.

Dalla Bankova il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non risponde subito. È in una posizione difficile. Sottolinea come gli assalti russi e i tiri di artiglieria non si siano certo fermati. Non a caso però lo stesso comandante di brigata conferma che la sua unità e altre hanno ricevuto l’ordine di cessare il fuoco contro le postazioni russe pochi minuti dopo le 18 e di registrare foto e video di eventuali violazioni della tregua e di rispondere al fuoco, se necessario.

«Se la Russia ora è pronta a impegnarsi in un regime di silenzio totale e incondizionato, l’Ucraina agirà di conseguenza, imitando le azioni russe. Se un cessate il fuoco completo dovesse concretizzarsi, l’Ucraina propone di estenderlo oltre la Pasqua del 20 aprile. Questo rivelerà le vere intenzioni russe, perché 30 ore servono a fare notizia, ma non per reali misure di rafforzamento della fiducia. Trenta giorni potrebbero dare una possibilità alla pace», spiega Zelensky in serata.

Tradotto: Kiev sta a vedere e non si fida. Tanto più che la mossa arriva dopo le minacce del presidente statunitense Donald Trump e del segretario di Stato americano Marco Rubio di lasciare il tavolo delle trattative in assenza di progressi. Difficile che Mosca cambi passo, dopo aver di fatto rifiutato la tregua di un mese proposta a Gedda e aver bombardato civili a Sumy e a Kryvyi Rih utilizzando la tattica del double tap per fare un numero di morti più alto possibile.

Ma non solo. Gli ucraini ricordano come il 25 marzo il Cremlino avesse concordato una tregua parziale che includeva un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero e una pausa di 30 giorni negli attacchi alle infrastrutture energetiche che non ha rispettato. [...]

3. LA MOSSA CALCOLATA PER MOSTRARE IMPEGNO LO ZAR IN EQUILIBRIO FRA FALCHI E COLOMBE

Estratto dell’articolo di Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”

[...] Nonostante una certa narrazione occidentale, Vladimir Putin non è un avventuriero che ama prendere rischi, ma bensì un calcolatore che nei momenti di incertezza, come questo, cerca sempre scelte il più possibile sicure, in grado di portare un successo garantito, poco importa se modico nelle dimensioni.

La proposta unilaterale di tregua «festiva» appartiene al novero di queste decisioni. Anche perché viene declinata con attenzione alle parole, per non scontentare il partito delle colombe, in ripresa e preoccupato che la finestra aperta da Donald Trump per una eventuale pace possa chiudersi all’improvviso, ma neppure la legione dei falchi, più numerosa per dimensioni e sostegno della pubblica opinione.

Il presidente russo offre un piccolissimo ramoscello d’ulivo, ma al tempo stesso riconosce in modo ufficiale che la sua Armata sta guadagnando terreno al fronte. Fa il bel gesto, e si lascia le mani libere. Guidato da «motivazioni umanitarie», come specifica il comunicato del Cremlino, ordina di «fermare tutte le ostilità» durante un incontro con il capo di Stato maggiore Valery Gerasimov che gli illustra le recenti vittorie.

Al tempo stesso «presume» che le forze armate ucraine «seguiranno il nostro esempio», ma chiede che le truppe russe siano pronte «a respingere possibili violazioni del cessate il fuoco e provocazioni da parte del nemico», prefigurando quindi una facile via di uscita per la ripresa dei combattimenti.

Putin non poteva più stare fermo, limitandosi a fare melina. Non solo negli Usa, ma anche in Russia, c’era la convinzione che la data limite per la pazienza di Donald Trump sia quella del 30 aprile, giorno del suo centesimo giorno di presidenza. Era stato abbastanza indicativo il commento apparso due giorni fa sul Moskovskij Komsomolets firmato da Mikhail Rostovsky, editorialista molto vicino a Putin.

«Nessuno si aspettava che Trump fermasse le operazioni militari entro le prime 24 ore del suo nuovo mandato. Ma se il presidente americano non dovesse presentare alcun risultato nel periodo che inizia alla vigilia della Pasqua, la più importante vacanza cristiana, e finisce il 30 di aprile, questo sarebbe percepito in modo inequivocabile come un suo fallimento».

Questa era la sensazione dominante nel sottobosco moscovita all’ombra del Cremlino. La tregua unilaterale è una stampella offerta al potente amico americano, in difficoltà a causa della rigidità del Cremlino. Ma non significa affatto che Putin sia disposto a fare concessioni.

Anzi. Putin sa bene di trovarsi di fronte all’opportunità unica e forse irripetibile di ridisegnare a suo favore gli attuali equilibri geopolitici, riportando la Russia nella ristretta cerchia delle grandi superpotenze. Non vuole gettarla via, non vuole farla scadere alla fine del mese. Con l’offerta di un giorno di tregua, guadagna tempo.

[...]

È vero che nel muro del Cremlino sta apparendo qualche piccola crepa: l’equilibrismo del comunicato presidenziale ne è la prova. Non tutti sono d’accordo con la rigidità imposta da Putin e con il rischio di gettare al vento la possibilità di una pace conveniente.

La lotta tra falchi e colombe con accesso all’orecchio di Putin sta diventando evidente. A Mosca sono state notate le dichiarazioni di Sergey Lavrov, il ministro degli Esteri rimane pur sempre un diplomatico, il quale ha parlato di «quinte colonne» che sostengono di essere fedeli a Putin «annuendo a qualunque cosa lui faccia», e in realtà stanno «quietamente sabotando» quel che lui sta cercando di ottenere dagli Usa. Ma intanto, ancora una volta ha sorpreso tutti. Minimo rischio, massima resa. È il metodo Putin.

Commenti   

#2 walter 2025-04-20 14:55
Hamas cala la maschera: “Le armi? Un nostro diritto”
I terroristi bluffano e rifiutano ancora una volta di cessare il fuoco. Adesso non ne fanno più mistero: il loro disarmo è una bestemmia
A Hamas fighter in combat fatigues stands before the ceremony for the handover of Israeli hostages to the Red Cross in Nuseirat, central Gaza Strip, Saturday, Feb. 22, 2025. (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
A Hamas fighter in combat fatigues stands before the ceremony for the handover of Israeli hostages to the Red Cross in Nuseirat, central Gaza Strip, Saturday, Feb. 22, 2025. (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Hamas ha per l’ennesima volta respinto una proposta di accordo, che questa volta prevedeva un “cessate il fuoco” di 45 giorni e la liberazione di oltre 1.000 detenuti palestinesi a fronte del rilascio di 10 ostaggi israeliani. Ma non è motivata da un dissidio su quei numeri la risposta negativa dell’organizzazione terroristica palestinese. È motivata dal fatto che Hamas – come per la prima volta rivendica apertamente – non intende concedere nulla a proposito del proprio disarmo. La cosa è sempre stata chiara a chiunque, ma adesso i sequestratori di Gaza hanno addirittura formalizzato quell’indisponibilità. Nel motivare il rigetto della proposta israeliana, il capo della delegazione di Hamas, Khalil al-Hayya, ha detto testualmente: “La resistenza e le sue armi sono un diritto naturale del nostro popolo”.

Come ha dichiarato poco dopo Ahmed Fouad Alkhatib, un noto attivista palestinese sicuramente non filo-israeliano, “ciò che Hamas si rifiuta di accettare è di rinunciare al suo ruolo e al controllo finale su Gaza, mantenuto unicamente dalla violenza e dalle armi del gruppo, rivolte verso l’interno per reprimere qualsiasi opposizione…estratto Iuri Maria Prado 20 Aprile 2025 alle 12:15
#1 walter 2025-04-20 09:12
Pur di non minacciare Putin, Trump preferisce lasciar perdere
Gli Stati Uniti dicono di non poter perdere troppo tempo a negoziare la pace in Ucraina e sono pronti a desistere e "concentrarsi su altro". Sul tavolo hanno messo un piano che è una fotografia dello stallo e sembra cucito sulle richieste di Mosca…. Micol Flammin ilfoglio.it

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