Pulizia etnica. Le atrocità della Russia nei territori occupati, e la persecuzione degli ucraini. Un report del think tank Center
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for Defense Reforms ha raccolto informazioni su deportazioni forzate, cancellazione culturale e altre brutalità commesse dall’esercito russo ai danni dei civili
7.7.2025 Alessandro Cappelli, linkiesta.it lettura 4’
Nella notte tra giovedì e venerdì, Kyjiv è stata svegliata da ripetuti allarmi antiaerei. Missili e droni lanciati dalla Russia hanno colpito la capitale dell’Ucraina in tredici punti diversi. Le esplosioni hanno danneggiato condomini, attività commerciali, scuole, un centro medico, linee ferroviarie e altre infrastrutture civili. Nel distretto di Sviatoshynskyi, nella parte occidentale di Kyjiv, i rottami di un drone hanno causato un incendio in alcuni magazzini. In tutta la città ci sono stati ventitré feriti, di cui quattordici ricoverati in ospedale.
Le notizie degli attacchi di Mosca in Ucraina sono già diventate parte del panorama, una costante da tre anni e mezzo, al punto che ogni tanto ce ne dimentichiamo e passano sotto traccia. Sono invece più rare e frammentate le informazioni che arrivano dai territori ucraini occupati dai russi. Lì magari gli attacchi di droni e missili non sono all’ordine del giorno, ma i cittadini del posto vivono un dramma quotidiano a causa dell’esercito occupante.
Lo scorso aprile la Bbc aveva pubblicato un’inchiesta in cui descriveva dettagliatamente la confisca di massa, da parte della Russia, di proprietà private appartenenti a cittadini ucraini fuggiti dalla città occupata di Mariupol. Si parla di oltre cinquemilasettecento case sequestrate, ma si potrebbero anche chiamare furti di beni immobili privati. L’espropriazione illegale è uno degli strumenti adottati dall’esercito armato da Vladimir Putin, un pezzo di una più ampia e sistematica campagna di persecuzione orchestrata dalla Federazione Russa.
Un report appena pubblicato dal Center for Defense Reforms cataloga i trattamenti brutali che la Russia riserva ai cittadini ucraini nei territori occupati.
Si parla di campi di filtraggio, deportazioni forzate, arruolamento illegale di ucraini nell’esercito russo, russificazione forzata e imposizione della cittadinanza russa. Queste atrocità sono identificate dalla Commissione 780 (1992) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come elementi di “pulizia etnica” – cioè, secondo l’Ufficio Onu per la Prevenzione del Genocidio, una politica deliberata per rimuovere un gruppo etnico da un’area geografica attraverso violenza, terrore e coercizione.
Nel corso della guerra, numerose testimonianze e rapporti internazionali hanno documentato il programma russo che comprende l’uso di campi di filtraggio, «dove gli ucraini vengono selezionati e spesso deportati con la forza in Russia, dove si stima che oggi siano stati trasferiti oltre due milioni di persone, molte delle quali parenti di soldati o attivisti civili», si legge nel report.
A tutto questo si aggiunge la coercizione alla cittadinanza russa: «Dal 2014, e con un’accelerazione dopo l’invasione del 2022, la Russia ha imposto ai residenti delle zone occupate di acquisire passaporti russi, rendendo impossibile vivere senza di essi. Nel marzo 2025, un decreto presidenziale ha stabilito un termine perentorio: ottenere la cittadinanza russa entro settembre o essere costretti a lasciare il territorio. Questa imposizione è considerata dagli esperti una forma di russificazione forzata, un mezzo per cancellare l’identità ucraina».
La russificazione non è solo un processo burocratico. È anche culturale e sociale. In quei territori, le scuole sono costrette ad adottare programmi e libri di testo russi, la lingua ucraina è stata eliminata dall’insegnamento e le istituzioni culturali locali sono state cancellate e sostituite con altre fedeli al Cremlino. Anche in tv e radio passano solo contenuti controllati dallo Stato russo. Tutto questo configura una sistematica cancellazione di una cultura e di un’identità, che gli esperti e le organizzazioni per i diritti umani definiscono una forma di pulizia etnica.
Un altro aspetto inquietante è la coscrizione forzata di uomini ucraini, molti dei quali inviati al fronte senza alcuna preparazione o equipaggiamento adeguato, come ha rivelato l’intelligence ucraina. Questa pratica, oltre a rappresentare una violazione del diritto internazionale, è una strategia che ha provocato migliaia di morti inutili e sofferenze indicibili.
Di questi atti di pulizia etnica e di ingegneria sociale nei territori temporaneamente occupati aveva parlato lo scorso aprile Rein Tammsaar, Rappresentante Permanente dell’Estonia alle Nazioni Unite. Nel suo intervento in merito ai negoziati per un potenziale congelamento dell’aggressione russa contro l’Ucraina, Tammsaar ha sottolineato che questi crimini vengono commessi mentre una parte dell’Occidente vorrebbe convincere l’Ucraina e il presidente Volodymyr Zelensky a trattare con Vladimir Putin. Come se fosse possibile sedersi al tavolo con un dittatore che autorizza queste operazioni criminali.
Non va dimenticato che quando si parla di negoziati ci si concentra quasi esclusivamente sulle garanzie territoriali e di sicurezza per Kyjiv, trascurando la dimensione umana del conflitto e il dramma vissuto dai cittadini nelle zone occupate. Ad aprile 2025, secondo l’Unhcr, erano stati registrati oltre 6,9 milioni di rifugiati ucraini a livello globale.
Poi ci sono i circa sei milioni di cittadini ucraini, tra cui circa 1,5 milioni di bambini, che rimangono nei territori occupati e sono soggetti ai trattamenti criminali della Russia. Per cui qualsiasi valutazione giuridica delle azioni della Federazione Russa e lo sviluppo di meccanismi di protezione per gli ucraini in queste regioni richiederebbero un’attenzione particolare, soprattutto in caso di congelamento del conflitto.
Il diritto internazionale umanitario, in particolare la Quarta Convenzione di Ginevra e la Risoluzione 1674 del Consiglio di Sicurezza Onu, impone obblighi chiari ai Paesi occupanti: proibire le deportazioni forzate, rispettare l’identità nazionale nell’istruzione, vietare la coscrizione delle popolazioni civili nelle forze armate dell’occupante. Questi principi devono diventare il fondamento di qualsiasi accordo che miri a risolvere o congelare il conflitto. La Russia li sta violando tutti.
Proprio per questo «lo sviluppo di meccanismi per proteggere gli ucraini nei territori occupati deve diventare un pilastro di qualsiasi risoluzione diplomatica», si legge nel report del think tank. «Se tali garanzie non vengono stabilite, milioni di ucraini potrebbero rimanere indifesi in un conflitto congelato, esposti alle politiche genocidarie della Federazione Russa».


