Ue, ribaltone politico sul Green Deal: la legge sugli obblighi per le imprese passa coi voti
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dell’estrema destra. L’ira di Verdi e Socialisti Il Ppe esulta: «È la fine della burocrazia Ue»
13.11. 2025 - 12:33 Simone Disegni open.online lettura3’
Il pressing di Verdi e Socialisti e la rottura del «cordone sanitario»
Nelle ultime settimane Verdi, socialisti e liberali avevano fatto di tutto per scongiurare la saldatura in Aula tra conservatori e destra radicale/populista, proponendo al Ppe ulteriori compromessi sull’alleggerimento degli oneri amministrativi legati al reporting ambientale e la dimensioni delle imprese cui questi dovrebbero applicarsi. E avevano alzato al massimo livello la pressione politica sul Ppe, inchiodando il leader Manfred Weber alla sua promessa d’inizio legislatura di non collaborare con le forze populiste pronte a «smontare» l’Ue. «Ora è il momento della verità, signor Weber. Rispetterete quella promessa o verrete meno alla parola alleandovi con l’estrema destra alle spese delle persone, del pianeta e del futuro? Gli europei vi guardano, la storia vi guarda!», scriveva stamattina su X il gruppo dei socialisti. Ma molti davano già per persa la causa. Rispondendo a una domanda di Open ieri la leader al Parlamento europeo dei Verdi Terry Reintke aveva messo le mani avanti, ammettendo che il Ppe di fatto non ascoltava più le proposte di compromesso: «Romperanno il cordone sanitario che ancora esiste in molti Paesi, e di lì in poi ci ricatteranno ogni volta che vorranno», denunciava la politica olandese, facendo riferimento alla politica di “contenimento” delle destre populiste caro ai sistemi politici francese, tedesco ed europeo. Ad imporsi a livello Ue è invece in qualche modo – per lo meno in questo voto – il modello italiano che a Roma vede al governo Forza Italia (Ppe), FdI (Ecr) e Lega (Patrioti).
Il Ppe esulta: «È la fine della burocrazia Ue»
A voto ultimato, il Ppe fa mostra però di disinteressarsi del significato politico del voto, concentrandosi su quello tecnico: «Promessa mantenuta, oggi è il giorno della fine della burocrazia europea!», esulta Weber sui social. A metterci la faccia è però soprattutto Jörgen Warborn, l’eurodeputato svedese che ha condotto la partita per il Ppe in qualità di relatore sul pacchetto Omnibus. «All’entrata del mio ufficio ho un poster appeso che dice: “Tagliamo la burocrazia, creiamo posti di lavoro”. L’abbiamo fatto. Adottando la legge che taglia più costi nella storia dell’Ue », annuncia con sorriso smagliante Warborn in conferenza stampa dopo il voto. Dal suo punto di vista, chi abbia consentito che ciò accadesse insieme al Ppe avrebbe scarsa rilevanza. «Con socialisti, liberali e verdi ho capito che non c’era una via credibile» per trovare l’intesa sul pacchetto, «quindi abbiamo presentato una serie di emendamenti a nome del Ppe. L’hanno votato i gruppi delle destre, ma anche alcuni liberali e socialisti. Li ringrazio tutti». E in effetti secondo l’Ansa a votare a favore, in dissenso coi rispettivi gruppi, sarebbero stati anche 17 eurodeputati liberali e 15 socialisti. E il cordone sanitario? La mano tesa di fatto a partiti come Fidesz e Afd? Niente di tuto ciò, sostiene Warborn. «Non abbiamo negoziato con gli altri gruppi. Quello sarebbe stato rompere il cordone sanitario. Che invece c’è ancora, eccome. Ma dobbiamo trovare maggioranze al Parlamento europeo per far avanzare la nostra agenda».
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Maggioranze variabili
In mattinata d’altronde la maggioranza “tradizionale” di larghe intese ha invece retto senza problemi alla prova del voto su un altro importante dossier nella lotta al cambiamento climatico: l’impegno sugli obiettivi di riduzione delle emissioni nocive. La proposta di tagliarle del 90% entro il 2040 (rispetto ai livelli misurati nel 1990) è passata con 379 voti a favore, 248 contrari e 10 astenuti. La posizione adottata a maggioranza dall’Assemblea prevede anche di consentire ai governi nazionali un margine di flessibilità del 5% sul target ricorrendo ai crediti internazionali di carbonio – di fatto dei permessi per rilasciare CO₂ nell’atmosfera compensando quelle emissioni con progetti di riforestazione o tutela delle foreste, investimenti in energie rinnovabili nei Paesi in via di sviluppo o in tecnologie per la cattura della CO₂. Si tratta di fatto del via libera all’intesa su cui si erano accordati dopo una maratone negoziale la scorsa settimana i governi dei 27. Nel complesso i due diversi voti testimoniano come al Parlamento europeo non ci sia più una sola maggioranza possibile: il Ppe continua a votare quando possibile insieme ai gruppi di centro e progressisti, ma da oggi sdogana anche la possibilità di trovare intese sui dossier coi gruppi di estrema destra.


