Europa I beni russi restano congelati. Toni accesi tra Belgio e UE. Di bastian contrario, nell’UE
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paralizzata dall’irraggiungibile unanimità, ne bastava uno. Non fa quasi più notizia
Michele Carniani 30.11. 2025 alle 07:30 ilriformista.it lettura2’
Di bastian contrario, nell’Unione europea paralizzata dall’irraggiungibile unanimità, ne bastava uno. Non fa quasi più notizia, ormai, la posizione controcorrente di Orbán, che venerdì è stato ricevuto da Putin in un rendez-vous al Cremlino, tirando ancora la corda sulle importazioni energetiche dalla Russia. Così come era passata in sordina la lettera di qualche giorno fa, che il primo ministro ungherese aveva inviato a Ursula von der Leyen, in cui ribadiva la sua opposizione a qualsiasi tipo di finanziamento europeo a beneficio dell’Ucraina.
A fare scalpore, invece, è stata sempre una lettera, ma con un mittente diverso: il primo ministro del Belgio, Bart de Wever. Della missiva spedita giovedì sera alla presidente della Commissione europea, l’argomento è piuttosto prevedibile: gli asset russi congelati in Europa, di cui il Belgio è il principale detentore. La società finanziaria Euroclear, con sede a Bruxelles, infatti, custodisce la gran parte dei beni, blindati dall’inizio della guerra, per un valore di circa 193 miliardi di euro. Quelle risorse che l’Ue, o quantomeno 22 Paesi (per il momento), vorrebbero sbloccare per sostenere l’Ucraina. Capitali che rappresentano una leva strategica fondamentale per l’Unione, da impiegare per influenzare il piano di pace proposto dagli Usa, come ricordato anche dal cancelliere tedesco Friedrich Merz.
Certo, che gli asset russi congelati in Europa fossero un argomento divisivo per i Paesi membri era chiaro da tempo. Attraverso le istituzioni comunitarie, il Belgio aveva mosso diverse obiezioni per i rischi che un eventuale “scongelamento” dei beni avrebbe potuto innescare nell’economia dello Stato, ma nella sua lettera de Wever ha alzato i toni. Il premier belga ha espresso tutte le sue preoccupazioni per eventuali ritorsioni legali che Mosca potrebbe muovere contro il suo Paese, in quanto “custode” delle sue risorse e ipotetico responsabile di un loro prestito. Ma le conseguenze, secondo de Wever, non riguarderebbero soltanto il Belgio: ci potrebbero essere ripercussioni economiche sulla stabilità dell’euro e geopolitiche per l’intera Unione europea. “Andare avanti frettolosamente con lo schema di prestito di riparazione proposto avrebbe come danno collaterale il fatto che noi, come Ue, stiamo di fatto impedendo il raggiungimento di un eventuale accordo di pace”, ha scritto il primo ministro di Bruxelles.
A riscaldare ulteriormente un clima già acceso dalle parole forti di de Wever, sono stati cinque diplomatici europei. Come riportato da Politico, i funzionari avrebbero contestato al Belgio un comportamento sporco.
Il Paese, secondo loro, trarrebbe beneficio dalle tasse generate dagli asset russi custoditi.
Un profitto che lo Stato non starebbe versando nelle casse di Kyiv, anche se Bruxelles ha smentito, replicando che tutti i ricavi ottenuti dalle riserve russe sono già stati destinati all’Ucraina. Ieri, nel briefing della Commissione europea con la stampa, la portavoce Paula Pinho ha affermato che l’Unione continuerà a lavorare per rispondere alle preoccupazioni del Belgio in merito al prestito di riparazione, presentando a breve una nuova proposta legislativa. Dalle parti di Bruxelles, letteralmente, a Viktor Orbán sembra essersi aggiunto un altro ostacolo.
Michele Carniani


