Cambia la norma Ue sulle etichette dei prodotti israeliani: si saprà se arrivano dagli insediamenti

La modifica era stata sollecitata da 16 Paesi tra cui l’Italia. Israele: «Non aiuta la pace. La replica di Gerusalemme: «Solo ipocrisia».

Newsletter, La Stampa 11/11/2015

La Commissione europea ha approvato la cosiddetta “nota interpretativa” alle linee guida pubblicate ad aprile 2013 per l’etichettatura dei prodotti nei territori occupati da Israele. La nota era stata sollecitata ad aprile da 16 governi Ue, compresa l’Italia. È prevista l’indicazione di provenienza da «insediamenti». Il ministero degli Esteri di Israele «condanna la decisione dell’Ue» e sottolinea che nessuna etichettatura «farà avanzare il processo di pace, al contrario potrebbero rafforzare il rifiuto dei palestinesi a tenere negoziati diretti con Israele». 

 

L’etichettatura con l’indicazione d’origine è obbligatoria, secondo le regole generali del commercio nell’Unione europea, per i prodotti agricoli e per i cosmetici. È però consentito che venga indicato come “made in Israel” il vino imbottigliato entro i confini del 1967 e anche se prodotto con uve coltivate nei territori, per il principio secondo il quale prevale la provenienza in cui viene realizzata la maggior parte del valore aggiunto.

In base all’accordo di associazione tra Israele e Unione europea, i prodotti nei territori occupati dal 1967 in Cisgiordania e nel Golan sono esclusi dai benefici doganali. La norma interpretativa varata oggi sarà pubblicata già oggi sulla versione elettronica della Gazzetta Ufficiale della Ue ed immediatamente operativa. «Non si tratta quindi di nuovi obblighi, ma del chiarimento necessario per uniformare l’applicazione nei 28 paesi Ue» viene sottolineato nella Commissione, ricordando che ad esempio Gran Bretagna, Belgio e Danimarca avevano già anticipato l’obbligo di etichettatura.

Il volume del commercio tra Ue ed Israele è nell’ordine di circa 30 miliardi di euro l’anno (17 mld di export europeo verso Israele, 13 mld di import nella direzione opposta). Il valore del commercio con l’Europa di prodotti dei territori occupati rappresenta meno dello 0,5%: 154 milioni di euro nel 2014. L’obbligo di etichettatura, è stato spiegato da fonti della Commissione, ricade sull’intera filiera: dal produttore all’importatore fino al dettagliante. E potrà fondarsi sui documenti doganali di accompagnamento delle merci. È lasciata ai singoli paesi la scelta della dizione da adottare, ma deve essere indicato chiaramente che il prodotto in questione viene da un «insediamento».

L’etichettatura obbligatoria è stata già più volte criticata aspramente in Israele, ma a Bruxelles si fa notare che la Ue riconosce solo i confini del 1967 e le linee guida pubblicate nel 2013 e `interpretate´ con la norme adottate oggi non fanno altro che chiarire che «i consumatori devono avere una esplicita indicazione» sulla provenienza della merce.

Categoria Estero

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata