Cosa fanno i gruppi armati in Siria per resistere all'avanzata di Assad

Stanno riprendendo i rifornimenti di materiale militare dall'esterno a favore dei gruppi armati. Gli arrivi di missili controcarro Tow di fabbricazione americana sono ricominciati e funzionano soltanto con le giuste impronte digitali

di Daniele Raineri | 17 Febbraio 2016 ore 18:13

In Siria un'offensiva militare senza precedenti delle forze che combattono in nome del presidente Bashar el Assad sta riprendendo il terreno perduto negli anni scorsi, grazie soprattutto a due fattori. Uno è la presenza di almeno ventimila combattenti stranieri sciiti, che è nota da tempo ma sta diventando sempre più importante, considerato che l'esercito siriano non ha più i numeri necessari a coprire tutti fronti. I combattenti sono importati da Afghanistan, Pakistan, Libano e Iraq, oltre che dall'Iran e stanno sopportando il maggior numero di perdite.

Oggi il Wall Street Journal ha dedicato loro un approfondimento intitolato ". La legione straniera dell'Iran è alla testa della battaglia nel nord della Siria". Il secondo fattore del successo del governo siriano sono i bombardamenti russi e in questi giorni se ne è parlato molto perché la Russia è accusata di colpire deliberatamente anche obiettivi civili come ospedali, scuole e forni del pane.

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Di fronte a questa offensiva appoggiata dall'aviazione russa, i gruppi armati sono in seria difficoltà. Le linee di difesa sono al collasso e loro perdono terreno, anche per l'intervento dei curdi dello YPG, Unità di protezione popolare, che assieme ad alcune fazioni di ribelli appoggiate dal governo americano stanno approfittando della crisi degli altri ribelli per conquistare più terreno possibile (l'obbiettivo dei curdi è creare una loro zona indipendente nel nord della Siria, che è anche il motivo per cui combattono con determinazione contro lo Stato islamico). Quando si dice gruppi armati s'intendono quelli non islamisti, quelli islamisti e anche quelli estremisti come Jabhat al Nusra (al Qaida in Siria), che godono in misura variabile dell'appoggio di alcuni stati sponsor che vogliono impedire che Assad prevalga nella guerra civile. I due stati più coinvolti in questo aiuto dall’esterno sono la Turchia e l'Arabia Saudita. L'avanzata dei curdi spaventa il governo turco, che da quattro giorni dichiara la volontà di cominciare un intervento militare in Siria per creare una zona cuscinetto di dieci chilometri a ridosso del confine.

Sul campo si comincia a vedere qualche segno di reazione all'offensiva congiunta di assadisti e Russia. Alcuni gruppi stanno mettendo da parte lunghe storie di litigi e le divergenze che in questi anni li hanno paralizzati e si raccolgono sotto comandi unificati. Nove fazioni si sono riunite sotto la leadership di ex comandante del gruppo Ahrar al Sham che si chiama Hashem el Sheikh (oppure anche Abu Jaber) in un gruppo che si chiama Jaysh Halab (che in arabo vuol dire "L'esercito di Aleppo"). Anche il fronte più islamista, Jaysh al Fath, di cui fa parte anche Jabhat al Nusra (al Qaida in Siria) sta di nuovo trovando coesione dopo un lungo periodo di travaglio, secondo fonti del Foglio che trovano conferma in alcune indiscrezioni che circolano online. Il Jaysh al Faith fu protagonista, un anno fa, di quella sequenza di vittorie militari importanti ai danni del governo siriano che convinsero la Russia a cominciare l'intervento militare.

Stanno anche riprendendo i rifornimenti di materiale militare dall'esterno a favore dei gruppi armati. Gli arrivi di missili controcarro Tow di fabbricazione americana (ma comprati da molti paesi, tra cui anche l'Arabia Saudita) sono ricominciati, dopo una lunga pausa che ha preceduto i colloqui di pace di Monaco (un'ipotesi e che gli sponsor esterni avessero tagliato i rifornimenti per costringere i gruppi a essere più malleabili).

Secondo una lista della spesa delle armi finita oggi su Internet, i missili Tow non costano nulla ai ribelli, ma hanno un meccanismo che permette di sparare soltanto grazie alle giuste impronte digitali. In pratica, si tratta di una misura di sicurezza per evitare che siano venduti ai gruppi estremisti.

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