GIANNINO AL ROGO –La verità sulla faccenda

 ZINGALES SAPEVA DA SETTIMANE DEI FINTI TITOLI DI OSCARDABAGNO - ERA

STATO AVVERTITO DALLA SUA UNIVERSITÀ DI CHICAGO (DOVE IL BARBUTO DICEVA DI AVER PRESO IL MASTER) DEL FATTO CHE QUALCUNO STAVA INDAGANDO - IL PARTITO AVREBBE SPINTO GIANNINO A FARE OUTING, MA POI AVREBBE DECISO DI ASPETTARE LE ELEZIONI - FINO ALLO SBROCCO IN EXTREMIS DI ZINGALES, CHE AVEVA PAURA DI ESSERE SCOPERTO - MA I DUBBI RESTANO… Tonia Mastrobuoni per "la Stampa", 21/2

A metà pomeriggio l'umore su twitter era ben riassunto da un punto di domanda dello storico corrispondente da New York del Sole24Ore, Mario Platero: ora che Oscar Giannino s'è dimesso, Zingales torna? Al netto delle astruse teorie complottiste che circolavano sin dalla notizia-bomba delle sue dimissioni da «Fare per fermare il declino», e che descrivevano l'economista di Chicago persino al soldo di un Berlusconi angustiato dall'ipotesi che il movimento potesse rubargli voti soprattutto in Lombardia, l'assillo di tutti, fuori e dentro Fare, era uno solo. Perché proprio adesso, a pochi giorni delle elezioni? Cosa c'è dietro questa mossa improvvisa di Zingales?

La verità è che tra i fondatori di Fare, la sorpresa non è stata affatto la mancata laurea o l'inesistente master di Giannino. Quello che ha fatto cadere dalla sedia tutto lo stato maggiore di un partito cresciuto enormemente nei consensi, in barba alle scarsissime risorse e grazie a una campagna basata principalmente sull'entusiasmo dei volontari, è l'ormai famoso, fluviale post su Facebook di Zingales che annunciava il passo indietro.

Da settimane, infatti, Giannino era finito sotto pressione da parte di alcuni dei fondatori - che accettano di parlare soltanto a microfoni spenti -, perché dicesse la verità sui suoi titoli. Da tempo, infatti, un giornalista italiano si era spinto sino a Chicago per indagare sui titoli dell'ormai ex presidente del partito. Aveva contattato ripetutamente l'impiegata del Register, che sorveglia gli elenchi degli alunni, per sapere la verità. E l'impiegata, già irritata, pare, per qualche sporadico tentativo di anonimi smanettoni di inserire Giannino tra le liste online degli ex alunni, ad un certo punto ha scritto a Zingales. Giannino, ripetendo un po' ovunque la storia del master a Chicago, aveva anche accostato il suo nome a quello del professore italiano che insegna a Chicago. E il giornalista lo aveva raccontato all'impiegata dell'università. Errore fatale.

L'impiegata della prestigiosa università dove insegnò Milton Friedman, che ha battezzato la corrente di pensiero neoclassica e che vanta tra i suoi ex allievi altri grandissimi nomi come Gary Becker o Richard Posner, ha scritto a Zingales proprio per segnalargli che un tale stava facendo ricerche su Giannino, presunto ex allievo della sua università. L'economista, assieme ad altri fondatori di Fare, ha chiesto a quel punto un chiarimento ma anche un «mea culpa» pubblico al giornalista e presidente del movimento. Che non è mai arrivata.

Man mano che si avvicinavano le elezioni, la linea dei vertici è cambiata, per ovvi motivi. Nel frattempo era stato messo in piedi, «un po' frettolosamente, dunque in modo un po' rabberciato» ammette un fondatore, il cosiddetto comitato dei garanti. Ma con l'avvicinarsi delle urne sembrava sempre meno opportuno «smascherare» Giannino, insomma darsi la zappa sui piedi. Contemporaneamente, però, cresceva l'ansia per il possibile esito dell'inchiesta del giornalista sguinzagliato a Chicago sulle tracce di Giannino. «Così, Zingales deve aver deciso, probabilmente, di uscire per primo, per non rischiare», azzarda la fonte. Il resto è storia.

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