Quella riforma dei partiti

Quella riforma dei partiti che ben s’attaglia solo all’ultimo partito rimasto

In che consiste la “legge sui partiti” che Pier Luigi Bersani insiste a promettere in questa campagna elettorale come una delle priorità del nuovo governo? Un anno fa, al tempo del caso Lusi, il segretario del Pd, allora d’accordo con il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, si soffermava sul finanziamento pubblico: “C’è un problema di sistema: non può esistere che un partito prenda il finanziamento senza una certificazione dei bilanci e senza meccanismi di trasparenza e di partecipazione”. “Una norma di attuazione dell’articolo 49 è urgente e indispensabile. Possiamo anche ispirarci alle migliori esperienze europee”. L’articolo 49 della Costituzione è quello secondo cui “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. E ad esso si è pure richiamato Bersani il 13 gennaio, in una lista delle sue priorità fatta col Washington Post. “Una legge contro la corruzione, una legge sulla vita e il funzionamento dei partiti politici, come ci aveva chiesto la Costituzione cui non è mai stato dato seguito”.

In realtà, nella sottocommissione della Costituente che aveva redatto quel testo si era dibattuto se l’espressione “metodo democratico” avesse valore esterno, la competizione dei partiti da svolgersi con metodo democratico, o anche interno: l’organizzazione dei partiti. Ma fu proprio Palmiro Togliatti a fare le barricate. “Domani potrebbe svilupparsi un movimento nuovo, anarchico, per esempio”, disse. “Non si potrà negargli il diritto di esistere e svilupparsi, solo perché rinunzia al metodo democratico”. E’ evidente che in realtà il “migliore” voleva difendere il centralismo democratico del Pci. Venne così bloccato un emendamento del dc Costantino Mortati, secondo cui i partiti avrebbero dovuto uniformarsi “al metodo democratico nell’organizzazione interna e nell’azione diretta alla determinazione della politica nazionale”, che avrebbe reso il testo della Costituzione italiana abbastanza simile all’articolo 21 della Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania, secondo il quale, a proposito di partiti, non solo “il loro ordinamento interno deve corrispondere ai principi fondamentali della democrazia”, ma “devono rendere conto pubblicamente dell’origine e dell’utilizzazione dei loro mezzi finanziari e dei loro patrimoni”. Ma “i partiti, che per le loro finalità o per il comportamento dei loro aderenti si prefiggono di danneggiare o eliminare l’ordinamento fondamentale democratico e liberale o di minacciare l’esistenza della Repubblica federale tedesca, sono incostituzionali”, e “sulla questione d’incostituzionalità decide il tribunale costituzionale federale”. Insomma democratici non solo nell’azione, ma anche nella struttura interna e negli obiettivi. E infatti il tribunale costituzionale mise fuori legge il neonazista Partito socialista del Reich nel 1952 e il Partito comunista nel 1956.

La storia passa, e ora proprio il partito erede del Pci vuole reinterpretare la Costituzione in un modo che valorizzi la propria specificità di ultimo partito non personale e strutturato rimasto nel paese (a parte parzialmente la Lega, in corso di de-bossizzazione). “Noi abbiamo fatto le primarie per il premier e per i candidati, milioni di elettori-notai hanno deciso. E gli altri? Si sono messi direttamente il nome nel simbolo”, ha detto Bersani a Cagliari il 14 gennaio. “Chi ci sarà dopo Berlusconi? Boh… E dopo Casini? Boh… E dopo Monti? Boh… Noi sappiamo che dopo Bersani ci sarà il Pd”. “La democrazia è la strada maestra, perché è l’unica che consente di correggere gli errori”.

Insieme alla minaccia di rivedere il conflitto di interessi, la riforma legislativa della forma partito è chiaramente una spada di Damocle su un Pdl che le primarie non è riuscito a farle, ed è tornato al Cav. Ma non solo. Come ha chiosato Dario Franceschini a Cesena il 15 febbraio, una “legge sui partiti che imponga maggiore trasparenza sui finanziamenti per tutti” ci vuole anche “perché ad esempio il M5s ha regole ignote”. Dunque, “è una delle prime cose che proporremo in Parlamento”.

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di Maurizio Stefanini

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