L’estero ci prende le perle Made in Italy. Svegliarsi !!

 La finanza internazionale ha messo le mani sulle perle del made in Italy.

Un'offerta da quasi 1,3 miliardi dalla tedesca Siemens per comprare l'Ansaldo Energia, in gara contro i due colossi coreani Samsung e Doosan. Un'istruttoria presso la Procura di Parma contro i francesi di Lactalis, che dopo aver comprato la Parmalat avrebbero iniziato a spolparla, sottraendone grandi risorse finanziarie per portarsele a Parigi. Un braccio di ferro strisciante, nell'azionariato Alitalia, tra i soci italiani e l'azionista industriale Air France, che certamente vuole fagocitare la compagnia italiana ma vuole farlo a un euro, e quindi solo quando la crisi l'avrà estenuata. Sono solo tre esempi, ma tutti attuali, di quanto i grandi gruppi stranieri guardino all'Italia come a un immenso osso da spolpare. Una terra di conquista economica. È ciò che resta dell'industria italiana a far gola, a rappresentare il bersaglio di questa immensa, silenziosa «razzia» in atto. «Sarebbe sbagliato se Ansaldo Energia smettesse di valorizzare i suoi asset, indipendentemente dalle scelte degli azionisti che dovranno deciderne il futuro», ha ben detto ieri Giuseppe Zampini, che ne è amministratore delegato. Perché il senso di assedio, di precaria variabilità degli assetti proprietari, se pervade un'azienda dal suo vertice la indebolisce. E anche su questo fanno affidamento i pretendenti.

Nel 2011 (a dati assestati) le acquisizioni dall'estero di aziende italiane sono state 108, per un valore totale di 18 miliardi di euro: uno sproposito. Marchi celeberrimi come i cantieri Ferretti, sono passati ai cinesi di Shandong Group; griffe raffinate della moda, come Brioni, sono finite nel carniere del francese Pinault, mentre Bulgari veniva acquistata da Lvmh. E gli arabi del Qatar, a fine 2012, si sono mangiati in un boccone la Valentino. Perfino un comparto radicato nel territorio come pochi, quello del vino, ha visto l'acquisizione della Gancia da parte dell'imprenditore tartaro Roustam Tariko, e della Ruffino da parte degli americani di Constellation Brands.

Che cosa vuol dire un simile, massiccio fenomeno? Che mentre i grandi giornali stranieri irridono ai «clowns» esaltati dalle nostre elezioni politiche, mentre le reti tv internazionali ironizzano sulla «finanza allegra» (pur vera) dello Stato italiano, la qualità intrinseca delle nostre aziende è apprezzata più che mai. Chi disprezza vuol comprare. La politica italiana vuole vendere? Anzi, svendere? Ne tengano conto, di questa scelta fondamentale da fare subito, nelle prossime cruciali settimane di trattative per la governabilità. Si può anche decidere di lasciar fare al mercato e non «difendere», ma non si può far finta di niente. di Sergio Luciano  per Italia Oggi, 8/3

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