Il fronte “anti voto” sfida Bersani

e cerca strane maggioranze col Pdl. Il risultato della partita a scacchi

giocata dal Pd sul terreno delle presidenze delle Camere (dove il Pd, per cercare un’intesa, oggi voterà scheda bianca in entrambi i rami del Parlamento) risulterà utile non solo per capire il destino del governo ma anche per avere una fotografia nitida rispetto a un tema chiave di questo inizio legislatura: il peso della vecchia guardia del Pd in rivolta contro l’attuale guida del Pd, ovvero Bersani. Nel centrosinistra nessuno può ammetterlo apertamente ma la verità che risulta sempre più evidente è che la strategia dei “due colpi in canna” – o governo Bersani o elezioni subito – oltre ad aver suscitato l’irritazione del Quirinale ha ricompattato i vecchi e intramontabili colonnelli del centrosinistra: che a parole non risparmiano complimenti a Bersani (vai Pier Luigi vai!) ma che da dietro le quinte si preparano a orientare i propri cannoni contro il leader Pd per scongiurare che, in caso di fallimento, il segretario apra la botola e faccia precipitare il paese nell’“incubo elezioni”. I battaglioni finora hanno combattuto una timida guerra di posizione ma da oggi, a partire dalla scelta dei presidenti, cominceranno una partita diversa al temine della quale sarà chiaro chi, tra integralisti del voto (bersaniani, renziani, vendoliani, turchi) e teorici del compromesso (D’Alema, Veltroni, Letta, Fioroni, Bindi, Franceschini), avrà i numeri e la forza per dettare la linea e decidere il futuro di questa legislatura.

Elezioni sì, elezioni no; elezioni sì, elezioni no. Sarà dunque attorno a questa linea di frattura che si combatterà l’ultima grande battaglia di questo Pd (e occhio alle scelte che il Pd farà a Palazzo Madama e a Montecitorio, sia per le presidenze sia per i successivi capigruppo, dove risulterà evidente quali sono i rapporti di forza tra i due fronti in campo); e sarà attorno alla posizione da prendere in caso di missione fallita di Bersani che il centrosinistra capirà quanto è forte quel pezzo di Pd che, silenziosamente, si sta spostando più sulla linea del Quirinale (no al voto) che non su quella del segretario. Un pezzo di Pd che si muove ancora con passo felpato ma che a poco a poco inizia a mostrare segni di vitalità. Caso numero uno, Enrico Letta: “Le elezioni? Non scherziamo – dice al Foglio il vicesegretario del Pd – con questa legge elettorale e con i rapporti di forza tripolari simili agli attuali il Senato rimane senza maggioranza e ci ritroviamo daccapo con gli stessi problemi”. Caso numero due, Walter Verini: “Andare al voto subito – ci dice il deputato del Pd, braccio destro di Walter Veltroni – non avrebbe senso. Se il tentativo di Bersani non andasse in porto, la strada è quella di un governo del presidente di indiscutibile profilo morale, economico, culturale. E che riformi politica e istituzioni e dia ossigeno a famiglie e imprese e sia votabile dal Parlamento. Votare con questa legge sarebbe una soluzione irresponsabile”. Caso numero tre, Dario Franceschini: “Andare al voto? Dipende a che condizioni – ci dice l’ex segretario Pd – dico solo che non faremo nessun governo sostenuto con Berlusconi”. Le condizioni, già. Negli ultimi giorni, il messaggio in codice fatto passare dai teorici del compromesso è stato escludere accordi con Berlusconi senza escludere però intese con un Pdl deberlusconizzato. Una missione complicata ma non impossibile come ci spiega Nicola Latorre: “Sono convinto – spiega il senatore ultradalemiano  – che le elezioni siano da escludere sul breve. Tra l’altro con questa legge elettorale è quasi certo che al Senato ancora una volta non ci sia maggioranza”. Dunque, chiediamo, esiste la prospettiva eventuale di un governo appoggiato dal Pdl con Berlusconi che si fa da parte? Sorriso di Latorre: “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere in attesa della nomina del mio avvocato”. E se sia necessario che Latorre e compagnia nominino un avvocato sarà chiaro tra oggi e domani: quando alla Camera e al Senato, tra presidenti e capigruppo, capiremo che peso ha nel Pd il fronte del grande e inconfessabile compromesso con il Pdl.

di Claudio Cerasa   –   @claudiocerasa, 15/3

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