Si scelga adesso se un governo o la troika a Palazzo Chigi

Al direttore de il Foglio - Per fortuna c’è lo spread a ricordarci che siamo

un paese che ha bisogno di una cura riformista in dosi massicce, non di una patetica rincorsa ad accaparrarsi il nome cool per fare breccia nel cuore della “ggente”, ovviamente con due g. Viviamo un momento drammatico nel nostro paese, il risparmio e la ricchezza delle famiglie si stanno assottigliando anche per colpa del disagio occupazionale in espansione esplosiva, molte imprese sono strette nella morsa della crisi e anche quando sane hanno paura di investire. Gli investimenti e i consumi interni sono ai minimi di sempre, ma anche in questo pesantissimo contesto la politica – salvo poche ed eccellenti eccezioni – è concentrata in dibattiti sul proprio ombelico, come se avere due o tre “star” nella propria compagine o un pezzo sul Corriere della Sera o Repubblica possa modificare la prospettiva di un ulteriore downgrade del nostro paese.

Non è con i nomi presi a casaccio tra le celebrità mediatiche che si possono risolvere i problemi del nostro paese. Ci vuole uno scatto di tutta la politica non protestataria e forcaiola che si deve unire per combattere il mostruoso debito pubblico che ci sta stritolando. L’emergenza non è finita. Bisogna smettere di correre dietro ai “grillini”, come se ci fosse un’altra salvezza possibile fuori dal far tornare a crescere la nostra economia, rimanendo saldamente ancorati all’Europa e all’euro.

Le cose da fare si sanno da lustri e sono sempre le stesse. Bisogna rimettere al centro chi rischia e crea lavoro e per farlo è necessario incentivare la nascita e la crescita delle aziende, perché è solo con la capacità di produrre ricchezza che usciremo da questo vicolo cieco. La competitività delle imprese è il motore della crescita e dell’occupazione. C’è poi l’urgenza di un’autentica riforma in senso federale, che deve essere un modo per responsabilizzare gli amministratori e diminuire i trasferimenti di sussidio a politiche di spesa clientelare. Lo stato deve funzionare meglio e costare meno. Il resto è nulla. Bisogna dare una scossa, anche culturalmente, a quei 2 milioni di giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro. Per farlo bisogna ripensare, completamente e senza pregiudizi, al modello di welfare di garanzia del lavoro e rendere più meritocratico il nostro sistema dell’istruzione, a tutti i livelli.

La giustizia è da riformare con urgenza perché i tempi della giustizia in Italia non sono compatibili con uno stato di diritto e rappresentano, soprattutto per gli operatori stranieri, un forte disincentivo agli investimenti nel nostro paese.

Vogliamo parlare di queste cose o preferiamo entro un paio di mesi – dopo esserci sollazzati con il casting virtuale di questi giorni – la Troika a Palazzo Chigi? Vedete Voi.

di Andrea Tavecchio

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