Il buono e il cattivo "Che fai, mi cacci?".

 I finali simili e opposti di Allegri e Stramaccioni

Non è dato sapere se lo storico "che fai, mi cacci?" sia mai stato pronunciato. Ma battutine, ironie, frecciate non hanno avuto modo di scalfire Massimiliano Allegri, fino a ipotizzare un simile epilogo. O meglio. Essendo lui molto meno permaloso e molto più malizioso, è riuscito a essere decisamente più politico rispetto a quanto avrebbe dovuto esserlo un politico di professione qual era Gianfranco Fini. Il suo slalom tra le dichiarazioni a mezzo stampa di Silvio Berlusconi è stato esemplare di come ci si debba comportare quando non si va più a genio del grande capo. Per il tecnico del Milan è stato doppiamente difficile, perché si sa bene come il suo presidente si reputi innanzitutto un grande esperto di calcio (donne, aziende e politica vengono dopo in rigoroso ordine di importanza). E quindi la posizione può diventare estremamente pericolosa e pericolante a seconda dell'estro quotidiano di chi si dilettava a stilizzare sistemi di gioco da suggerire ai propri allenatori. Allegri ha poi ribattuto con l'unica arma possibile: quella dei risultati. In Italia non sempre (anzi, spesso) sono considerati importanti per giudicare un uomo. Ma nel calcio assumono ancora un certo peso. E Berlusconi, essendo uno che sa far di conto, sa quanto Allegri sia stato quest'anno importante, nella stagione in cui gli sono stati sfilati sotto il naso Ibrahimovic, Thiago Silva e Cassano per generare introiti e, al contempo, annullare pesanti uscite alla voce stipendi. Il tecnico non ha mai alzato la voce quando la squadra è stata smantellata a cominciare dall'ultima estate, per dare spazio al sempre valido alibi dei giovani di talento. Ma bisogna averli, sia giovani, sia di talento.

Allegri ha limato, perfezionato, inquadrato. Protetto da Adriano Galliani e comunque aiutato a gennaio con l'arrivo di Balotelli, Ma prima aveva svegliato il talento di El Shaarawy, dato fiducia a De Sciglio, rigenerato Montolivo, reinventato persino Costant, costruendo una risalita in classifica da una posizione vicina alla serie B come non mai, fino al terzo posto finale che significa conferma della Champions League, con relativi introiti. E' arrivato con una prestazione di sofferenza in casa del Siena già retrocesso e con un rigore che ha generato più di un sopracciglio inarcato in una città già sospettosa di suo come Firenze. Ma è arrivato e, a questo punto, come si fa a cacciare chi ti ha assicurato la possibilità di aprire un po' meno il portafoglio? Allegri e il Milan dovrebbero andare avanti insieme, a meno che a questo punto non sia il tecnico a prendere cappello, prima della fine di un contratto in scadenza nel 2014, rimasto tale malgrado le richieste di un prolungamento. Ipotesi complicata quella dell'addio, ma che avrebbe le più ampie giustificazioni, in caso di concretizzazione.

Chi invece non si sente più sicuro del proprio futuro è Andrea Stramaccioni. Lui, al contrario di Allegri, ha avuto più volte rassicurazioni del suo futuro all'Inter. E al massimo livello, visto che sono pervenute sempre dalla presidenza medesima. Ma chissà come avrà trascorso la notte Massimo Moratti dopo l'ennesima umiliazione patita, dopo la sconfitta numero sedici in campionato (mai successo nella storia nerazzurra) e dopo aver conquistato un nono posto finale, peggior risultato dell'attuale gestione: fuori dalle coppe come non accadeva da quattordici anni. Le giustificazioni addotte sono sempre state comprensibili e nobili: dalla sfortuna all'ecatombe di giocatori, dalle distrazioni arbitrali a passaggi a vuoto dei singoli. Ma il modo in cui ha infierito domenica sera l'Udinese dell'eccellente Francesco Guidolin (lui sì, in Europa, per il terzo anno di seguito) non può non aver lasciato un segno, vista la mancanza di un gioco come l'assenza di un'idea in casa nerazzurra.

E anche lo stesso Stramaccioni non sembrava molto più convinto del suo futuro, rimandando a quanto avrebbe deciso il presidente. Parole mai pronunciate neanche nei momenti che potevano sembrare più bui della stagione, quando la vittoria in casa della Juventus ha cominciato ad apparire più l'inizio di una maledizione che di un mondo nuovo. Anche perché, da domenica sera, Walter Mazzarri è ufficialmente libero dal Napoli. Nel gioco delle panchine - antipasto di quello riservato ad acquisti e cessioni - è suo il nome nobile da giocare. E la casella Inter potrebbe essere quanto mai di attualità. Dipende, ovvio, solo ed esclusivamente da Moratti.

di Sandro Bocchio, 20/5

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