MAGISTRATO O CANDIDATO? CAPOTOSTI INVOCA

L’AZIONE DISCIPLINARE PER LE TOGHE CHE FANNO POLITICA

L’articolo 98 della Costituzione è lettera morta - Vieta ai magistrati di iscriversi ai partiti politici - Capotosti: “Si tratta di servitori dello Stato, che devono essere fedeli e imparziali e dunque non possono avere una connotazione politica evidente” - E attacca Ingroia… - - -

Anna Maria Greco per "il Giornale"

Un articolo della Costituzione, il 98, dice che i magistrati non possono iscriversi ai partiti politici. Ma rimane lettera morta e il caso più eclatante è quello di Antonio Ingroia, pm rientrato in ruolo dopo l'aspettativa elettorale, che continua a fare politica come leader di Azione civile.

Professor Capotosti, lei è stato presidente della Corte costituzionale e anche vicepresidente del Csm, come giudica questa  situazione?

«La Carta stabilisce che si pongano dei limiti con una legge al diritto di iscriversi ai partiti politici per i magistrati come per altre categorie di dipendenti pubblici, dai diplomatici agli appartenenti alle forze dell'ordine.

La ragione è evidente: si tratta di "servitori dello Stato",che devono essere fedeli e imparziali e dunque non possono avere una connotazione politica evidente. Purtroppo, da 60 anni l'articolo 98 è rimasto inapplicato e questa legge non è mai stata fatta».

Non basta l'affermazione del principio?

«In realtà, l'articolo non si può leggere in modo letterale. È implicito il concetto che il divieto di iscrizione comporti più in generale quello di fare attività politica. Il magistrato ritiene di avere come tutti il diritto di manifestare il suo pensiero, secondo l'articolo 21 della Costituzione.

Sennonché, c'è un sennonché , per la sua funzione deve apparire terzo e imparziale e tenere, anche fuori dai processi, un comportamento che non lo faccia apparire all'opinione pubblica schierato su una parte politica.D'altronde,il magistrato sa di avere diritti e doveri particolari, compreso quello deontologico di astenersi dal manifestare il suo pensiero entro questi limiti».

La Consulta, nella sentenza 224 del 2009 che riguarda gli illeciti disciplinari, parla di un divieto «assoluto».

«In un decreto del 2006 tra gli illeciti che sono stati tipizzati è stato incluso il divieto di assumere posizioni politiche e di fare dichiarazioni che possano mettere in dubbio anche solo l'immagine di imparzialità del magistrato. Altrimenti, viene meno la funzione di garanzia per il cittadino».

Non trova che un magistrato come Ingroia, che ogni giorno parla da leader politico e partecipa a manifestazioni, può almeno apparire "partigiano", per usare uno dei suoi termini?

«I suoi comportamenti saranno esaminati dal ministro della Giustizia o dal Pg della Cassazione per valutare se aprire un procedimento disciplinare, nel caso in cui sia stata lesa la sua immagine di imparzialità».

Ad informarli ci ha pensato anche il Codacons che, come parte civile contro il ricorso di Ingroia al Tar sulla sua destinazione ad Aosta, ha chiesto ai titolari dell'azione disciplinare di intervenire per impedire che un magistrato faccia attività politica in modo così clamoroso.

«L'iniziativa spetta a loro, poi toccherà eventualmente al Csm fare il processo e valutare ».

Per molto meno, nel 2010, è stato ammonito dal Csm Luigi Bobbio che, mentre era fuori ruolo, faceva il coordinatore provinciale di An a Napoli

«Questo precedente certo dovrebbe pesare, almeno per l'inizio di un'azione disciplinare».

Lei denuncia un vuoto legislativo in materia, anche come vicepresidente del Csm ha constatato la necessità di una norma?

«Se ci fosse una legge organica , che chiarisse questi limiti per i magistrati, certi comportamenti sarebbero meno opinabili e aumenterebbe la credibilità dei magistrati verso l'opinione pubblica».

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