Ora c’è un “braccio di ferro” internazionale

per difendere Draghi. Fondo monetario, Banca mondiale

ed economisti assortiti contro l’assalto dei giudici tedeschi alla Bce

Le Borse europee ieri hanno perso colpi, per il secondo giorno consecutivo, alla sola idea che possa venir meno il sostegno delle politiche espansive delle maggiori Banche centrali. Oltre alle voci di un graduale rientro dello stimolo da parte della Fed statunitense, pesa soprattutto il processo in corso in Germania al piano di acquisto illimitato di bond statali ideato l’anno scorso dalla Banca centrale europea. Quello di Milano è stato anche ieri il listino azionario che ha perso di più nel continente (meno 1,6 per cento), avendo risentito pure delle nuove tensioni nel mercato dei titoli di stato. Il Tesoro infatti ha collocato 7 miliardi di bot a un anno, ma con rendimenti in netto rialzo rispetto a un mese fa (da 0,7 a 0,9 per cento). Queste sono soltanto le avvisaglie di quanto potrebbe accadere se la Corte costituzionale tedesca, conclusa ieri una due giorni di audizioni, deciderà in autunno che il piano Omt (Outright monetary transactions) di Mario Draghi è contrario allo spirito della Costituzione di Berlino o comunque da perimetrare con una serie di condizioni ulteriori. Jens Weidmann, ex consigliere economico di Angela Merkel e presidente dalla Bundesbank che è azionista di maggioranza della Bce, è tornato a perorare davanti ai giudici la necessità di alcuni “limiti” per le mosse del collega italiano Draghi.

Il problema principale dell’Omt è che esso riguarda “specifici premi di rischio” di paesi dell’euro, ha detto, e quindi indebolisce la funzione “disciplinatrice” dei mercati (leggi: dello spread). Se il debito pubblico è più sostenibile per effetto delle politiche monetarie, è il ragionamento, i governi non saranno incentivati a proseguire sulla strada del rigore fiscale e delle riforme. Un modo di ragionare diffuso anche tra gli economisti chiamati dalla Corte a “testimoniare”, se è vero che un esponente della Bce ha confessato anonimamente all’Handelsblatt che difendersi a Karlsruhe è “come giocare una partita fuori casa”.

Ieri però è partita anche una controffensiva da parte di istituzioni economiche ed élite intellettuali internazionali rispetto ai ragionamenti svolti da ampi settori dell’establishment tedesco. Il direttore generale del Fondo monetario internazionale, la francese Christine Lagarde, ha definito l’Omt di Draghi come “un punto di svolta” che “ha evitato una catastrofe”. “Un’uscita prematura dalle misure straordinarie potrebbe distruggere di nuovo la fiducia recuperata – ha detto in un’intervista alla Süddeutsche Zeitung – e paesi sovraindebitati dovrebbero combattere di nuovo con il rischio di dover uscire dall’euro”. Jim Yong Kim, presidente della Banca mondiale, intervistato dal Wall Street Journal, ha spiegato che nemmeno i mercati emergenti resterebbero immuni dagli effetti nefasti di un’improvvisa chiusura dei rubinetti monetari. Non solo: mentre l’editorialista Martin Wolf, sul Financial Times, sminuiva ieri le possibili fiammate inflazionistiche paventate da mesi da alcuni osservatori, sul Corriere della Sera e su Handelsblatt è comparso un appello pro Draghi firmato da quattro autorevoli economisti (Francesco Giavazzi, Richard Portes, Beatrice Weder di Mauro e Charles Wyplosz). L’ appello è intitolato “L’autonomia della Banca europea non può dipendere da una sentenza”, ed è scritto con toni perentori: “La Corte tedesca farebbe bene ad accantonare il caso, se non vuole mettere a repentaglio la sopravvivenza dell’Eurozona e divenire essa, non la Bce, una minaccia per i contribuenti tedeschi e non solo”. I quattro studiosi – tra cui il bocconiano Giavazzi che a livello globale è riconosciuto (e da alcuni additato) come un sostenitore del rigore fiscale caro alla leadership tedesca – sostengono che l’Omt non è affatto al di fuori del mandato della Bce. Ricordano che ancora nella scorsa estate “i tassi di interesse nei paesi a rischio riflettevano sempre più le attese di un crollo dell’Eurozona”, e non soltanto le condizioni macroeconomiche effettive dei singoli paesi. Infine l’invito a non mettere a rischio “l’indipendenza” dell’Istituto di Francoforte (invito che ai giudici costituzionali tedeschi sarà suonato come l’affronto peggiore).

Telegraph pro Cav. sulla sfida a Merkel

Qualunque sia alla fine la decisione di Karlsruhe sul “bazooka” di Draghi, il quotidiano inglese Telegraph, in un editoriale di Ambrose Evans-Pritchard che ha ripreso l’intervista al Foglio dell’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, sostiene la necessità di intavolare comunque un “braccio di ferro” con Berlino. “La battaglia dev’essere condotta senza far troppo rumore, ma implacabilmente. L’Italia non può lasciare che la sua base produttiva si atrofizzi ancora” per colpa di politiche sbilanciate a favore dei paesi del nord e comunque destinate a un lento fallimento.

di Marco Valerio Lo Prete   –   @marcovaleriolp, 13/6

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