Roberto Maroni "congela" il congresso e resta

Segretario della Lega. «Deciderò io quando farlo

mi è stato chiesto di restare». L'annuncio al termine dell'assemblea degli eletti del Carroccio convocata in tutta fretta in un albergo della periferia Nord di Milano per fare il punto dopo la déblacle della Lega alle ultime elezioni amministrative. Una riunione lunga quattro ore che, però, si è subito trasformata in una sorta di processo a Umberto Bossi.

Tra i pochi assenti, infatti, c'è proprio il Senatur. Contro il quale si scatena l'ira dei colonnelli: «È ora di espellerlo dalla Lega. Così ci fa perdere consensi». Anche Maroni, in realtà, non è tenero con il fondatore del Carroccio. Anzi, gli manda una sorta di ultimatum:

«Gli chiederò di darmi una giustificazione sulla sua assenza. Per me sono tutti uguali». Aggiunge minaccioso: «Da ora in poi sarò più cattivo. Non saranno più tollerate azioni in contrasto con il Movimento e lo statuto perché queste cose ci danneggiano. Si è tirata una riga e da oggi si cambia musica».

All'uscita, i musi lunghi dei dirigenti leghisti non si contano. Come gli sfoghi che trapelano dalla sala dove si è svolta l'assemblea. Molti come Fabio Rainieri chiedono apertamente l'espulsione di Bossi. «Ora dice cose che non stanno né in cielo né in terra - spiega il segretario emiliano della Lega - tipo definire Maroni un traditore. Quando Bossi era segretario se uno si fosse comportato così con lui sarebbe stato espulso.

Ci fa perdere consensi, mentre invece dovrebbe mantenere l'unità». L'ex ministro della Semplificazione Roberto Calderoli legge addirittura durante l'assemblea una lettera indirizzata sia a Maroni che al Senatur. «Non si può più andare avanti così».

Avverte il fondatore della Lega che la pazienza è finita. Altri ancora manifestano una forte irritazione verso le ultime uscite di Bossi. Chiedono un "pensionamento forzato" del vecchio capo. Tra i più critici, il segretario della Liga veneta e sindaco di Vicenza Flavio Tosi: «Per me tutti sono utili e nessuno indispensabile ». Mentre il governatore del Veneto Luca Zaia si chiama fuori: «Non mi appassiona il gioco di chi buttare giù dalla torre. Vale per Bossi, ma si potrebbe dire anche di Maroni. Serve unità».

Lo stesso Maroni, però, nel suo intervento avrebbe ammesso di essere stato fino a questo momento «troppo democratico» nella gestione del partito. Un chiaro riferimento agli scontri tra lui e l'ex leader maximo del Carroccio. Anche per questo motivo alla fine il numero uno leghista si sarebbe convinto a sovrapporre la carica di segretario federale a quella di governatore della Lombardia.

«Rimarrò finché servirà - ha detto - anche se mi costa». Concetto che ha poi ripetuto al termine della riunione davanti alle telecamere, quando ha annunciato il prossimo appuntamento per rilanciare il partito. L'assemblea federale il 21 e 22 settembre a Venezia. Con l'obiettivo di rendere più attrattivo il progetto della nascita di una macroregione del Nord.

Maroni cerca di guardare al futuro. «Noi dobbiamo tornare a riempire le piazze, siamo gli unici che possiamo farlo e recuperare il voto di Grillo. Il grillismo è in crisi e noi abbiamo l'ambizione di recuperarlo tutto sulla base di temi concreti e di contenuti, non di chiacchiere, di insulti o vane parole come sta facendo Grillo». C'è spazio anche per attaccare il governo Letta. «Troppo fumo e poco arrosto e tutto a favore del Sud».   Andrea Montanari per "la Repubblica", 17/6

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