Tra sentenze, rossetti e vecchi partiti,

qualcuno salvi il soldato Boldrini

Prima di tutto le agende presidenziali, Grasso-Boldrini. Seconda e terza carica dello stato, siamo al top. Il presidente del Senato ha trascorso una settimana sobria e cerimoniosa. Martedì (25 giugno) ha ricordato Emilio Colombo, giovedì ha celebrato l’anniversario di Ustica. Era di ritorno da Vienna, dove il giorno prima aveva tenuto un discorso in occasione del Rapporto mondiale sulla droga. Grasso, solo cose grosse.

E lei? Quale agenda per la presidente Boldrini? Intanto sul taccuino del cronista è finito lo score delle sedute presiedute dal 15 marzo (giorno della sua elezione) a oggi: ventisei, in tre mesi e mezzo di vita della legislatura. I sette giorni istituzionali di Laura sono intensi, retorici e progressisti: ieri mattina (venerdì 28 giugno) ha incontrato una delegazione di metalmeccanici della Fiat accompagnati da Maurizio Landini, segretario della Fiom. Fabbrica. E cultura. Così oggi sarà alla trentacinquesima edizione del Premio Fregene (riceve lei, il premio, per il suo libro “Solo le montagne non si incontrano mai”, già presentato mercoledì sera su Rai3 a “Chi l’ha visto?”). Libri. E il femminismo in sala da tè. Se non ora quando? Lunedì scorso (24 giugno), per esempio, nella sala della Regina (e dove altro poteva essere?) a Montecitorio per presentare il libro di Luisa Lama “Nilde Iotti. Una storia politica al femminile”. Discorso compunto, passaggio emancipato sulla Nilde che difendeva “la relazione con Palmiro Togliatti, che all’epoca veniva considerata contraria alle convenzioni sociali anche dentro il suo stesso partito”. Ah, il boldrinianamente corretto. E che tempi: erano proprio bigotti e parrucconi, quelli del Pci allora. Meno di quelli del Pd oggi, però. Attività internazionali? Agenda ferma al 20 giugno scorso, Giornata mondiale del rifugiato. Comunicati stampa? Un giovedì (27 giugno) intenso: nota congiunta con Pietro Grasso per informare sul lavoro dei tagli ai costi di Camera e Senato (stanno studiando il da farsi), ancora strage di Ustica, annuncio di un convegno alla sala del Mappamondo sulle primavere arabe (martedì 2 luglio). Mercoledì il segnale istituzionale che si sta sempre dalla parte buona e giusta: incontro con l’Associazione nazionale magistrati. Una fatica, fare i presidenti delle Camere. Pietro e Laura, un esempio di Virtute, ma senza Armis perché pacifisti sono e dunque, onorevoli colleghi, datevi una regolata con gli F-35 perché per comprare quelle macchine volanti il giudizio universale delle Camere dovrete passare. Iustitia e Ars retorica. Ideologia e mascara. Così tanta cipria e nessun dibattito parlamentare sulla cassa che balla. Perché ci sono da fare i conti, eccome. Il Financial Times (è mercoledì) scodella sui mercati un report del Tesoro sui derivati sottoscritti negli anni Novanta. Sono serviti a entrare nell’euro? Tira aria di fritto, di maquillage contabile. Otto miliardi di perdite potenziali. Il Tesoro dice che è tutto a posto. Indaga la procura di Roma. Un’inchiesta da noi non si nega a niente e nessuno. Intanto Morgan Stanley ha già incassato il dovuto. Due miliardi e rotti. Altri seguiranno. In silenzio da caveau, mi raccomando.

Fatti rilevanti? Cribbio, c’è una condanna per Berlusconi. Il lunedì 24 giugno del 2013 verrà ricordato per questo episodio di straordinaria interpretazione della giustizia all’italiana. Il tribunale del non comune senso del pudore emette il verdetto sul caso Ruby: sette anni di carcere e interdizione a vita dai pubblici uffici. Primo grado. Ampio dibattito nel paese. Monocorde. Incipriato e imparruccato. Con l’eccezione di Giuliano Ferrara che va in piazza Farnese, brandisce il rossetto come una durlindana, usa l’ironia, e produce reazione che conferma il pensiero di Montanelli sui compagni telescriventi e non: non sanno ridere. Grande è la confusione sotto il cielo, ma il governo andrà avanti. Berlusconi in questo caso applica la regola del bravo giocatore di biliardo: calma e gesso. Manda alle agenzie una nota di difesa (“sono innocente”) e rilancio (leggere bene, il governo per ora non corre rischi). L’intendenza segue ed esegue l’ordine. Il premier Letta è sollevato. Incontra il Cavaliere martedì (25 giugno). Tre ore face to face e formula di rito sul vertice “cordiale e positivo”. Ci mancherebbe altro. Amarezza di Silvio e rinvio dell’aumento dell’Iva sul tavolo. La prima resta, la seconda funziona come a scuola: rimandata a settembre. Rinvio, cioè dell’arte lettiana di governo. Arriva mercoledì e Berlusconi sale al Quirinale. Stessa formula (“incontro cordiale e positivo”), stretta di mano con Napolitano e una promessa: “Sostegno suo e del Pdl al governo e all’azione che è impegnato a svolgere”. Falchi ancora fermi nell’hangar. Ah, i pennuti con gli artigli hanno comunque da gioire: si torna a Forza Italia. Lo rivela Angelino Alfano, ospite della Terza Camera (l’unica ancora funzionante) presieduta da Bruno Vespa, “Porta a Porta”. “Stiamo accelerando il ritorno a Forza Italia. Il progetto è in stato avanzato e pressoché irreversibile”, dice Alfano. E’ mercoledì 26 giugno e c’è la conferma che Berlusconi si è messo alla macchina da presa in versione Robert Zemeckis. Ritorno al futuro.

© - F.Q.di Mario Sechi,1/7

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata