Segnali di ripresina, ma intanto “scricchiola” la fede

nella moneta unica. Segnali positivi in economia,

i tedeschi ci credono. Sul futuro dell’euro in Bankitalia spuntano i neo prudenti

L’indice Ifo che registra la fiducia delle imprese tedesche sale a luglio per il terzo mese consecutivo e Angela Merkel tira un sospiro di sollievo: buon auspicio per le elezioni di settembre. Ma qualche spiraglio di luce si vede persino dal pozzo spagnolo, perché l’occupazione migliora, anche se per ragioni occasionali. In Italia sia il governo sia la Banca centrale sostengono che in autunno gli indici cominceranno a muoversi verso l’alto. Il premier inglese David Cameron giura che la svolta è già cominciata. Certo, non tutto fila liscio. L’Olanda entra in recessione per la terza volta dal 2009: troppo debito non dello stato, ma di famiglie e imprese che per rientrare contraggono i consumi. Dunque, le pubbliche virtù del nord non mettono al riparo dai vizi privati. Il Fondo monetario internazionale non è ottimista: l’Unione europea ha davanti una strada lunga, le politiche fiscali rimangono restrittive, quindi la Banca centrale europea dovrebbe far scendere ancora i tassi, portandoli in territorio negativo, e stampare altra moneta. Una raccomandazione che irrita ancor di più la Bundesbank: il suo presidente, Jens Weidmann, ha appena corretto Mario Draghi dicendo che non esiste nessun sentiero predeterminato per i tassi d’interesse e “la Bce non ha cambiato strategia di comunicazione”. Il 26 luglio 2012 Draghi aveva salvato l’euro con tre paroline pesanti come pietre: “Whatever it takes”, tutto quel che occorre per sostenere la moneta unica. E introducendo soluzioni innovative come l’Omt (Outright monetary transactions) cioè l’aquisto di titoli pubblici a breve termine sul mercato secondario, il cosiddetto bazooka. Finora non ha avuto bisogno di usarlo e le tensioni si sono allentate. Eppure, esattamente un anno dopo, il presidente della Bce è più solo e si rende conto che le parole non bastano.

Proprio l’Omt è sottoposto al giudizio della Corte costituzionale tedesca e trova la Bundesbank contraria. Ai vertici della Banca d’Italia c’è chi comincia a domandarsi se per salvare il fine non bisogna usare altri mezzi. Finora è sempre prevalsa la dottrina Ciampi: l’Europa, unita per via economica con l’intento di aggirare le divisioni di fondo, deve andare avanti altrimenti arretra; anche a costo di sbagliare e correggersi cammin facendo. Adesso, siamo arrivati a un punto in cui ulteriori passi verso l’integrazione diventano difficili, quasi impossibili, non per ragioni economiche, ma politiche. E’ in corso uno scontro di sentimenti che rende impossibile impostare un dibattito razionale – questo il ragionamento ad alta voce. Si sono mosse le viscere dei popoli europei e i tecnici sono impotenti.

Sarebbe meglio, insomma, prendersi una pausa e nel frattempo aprire una vera riflessione a tutti i livelli, che coinvolga la gente e tocchi le corde giuste. La politica torni al primo posto, perché forzature volontaristiche possono provocare un terribile colpo di coda. E’ preferibile il metodo intergovernativo dei francesi che non vogliono cedere sovranità e cercano soluzioni pratiche allentando i vincoli, non stringendo ancora le regole come pretendono i tedeschi? Una cosa va evitata: spingere senza prima calcolare bene le forze.

Nelle scorse settimane, due dirigenti della Bundesbank, Andreas Dombret e Sabine Lautenschläger hanno detto che l’unione bancaria va sostenuta ma occorre procedere con cautela, sapendo che prima o poi bisognerà cambiare i trattati. Si fanno sentire, è naturale, ma soprattutto si chiedono chi controllerà il controllore, il sorvegliante unico. I contribuenti tedeschi non debbono pagare per salvare le banche italiane: è un ritornello, non solo in campagna elettorale. Cipro ha aperto la strada a una soluzione che coinvolge sia gli azionisti sia i correntisti. Il che diventa una rinazionalizzazione. In Germania il dibattito sull’euro di serie A e di serie B è aperto e, del resto, anche qui Cipro offre un aperitivo: con il controllo sui movimenti dei capitali, l’isola è già in un doppio regime monetario. L’ipotesi di una soluzione negoziata e consensuale, per i paesi che non ce la fanno, è sul tavolo. Un altro argomento a favore dei neo prudenti: chi crede nell’Unione, teme che qualche pachiderma entri nella cristalleria.

© - FOGLIO QUOTIDIANO di Stefano Cingolani, 26/7

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