PD rottamatori e rottamati

Al direttore - A differenza di molti altri, non ho i titoli

né mi interessa dare consigli a Matteo Renzi. A differenza di Franco Debenedetti, tuttavia, non credo nemmeno che si possa chiedere a un rottamatore di rottamarsi con le proprie mani. Perché è evidente che, ove invitasse i suoi parlamentari a non votare la decadenza di Berlusconi, il sindaco fiorentino sarebbe costretto a cercarsi un altro partito. Verrebbe infatti considerato dalla maggioranza degli elettori del Pd come un fedifrago, e quindi addio ai sogni di leadership e di premiership. Renzi sarà pure un innovatore (io non ne sono convinto), ma non è certo un fesso. Beninteso, se la sinistra vuole tornare a vincere non può affidarsi alle disgrazie giudiziarie o al presunto sdegno di massa per la vita peccaminosa del Cavaliere. Occorrono un progetto politico, un sistema di alleanze sociali e gruppi dirigenti credibili. Ma oggi ci sono? E’ lecito dubitarne.

Anche ai tempi di Tangentopoli si pensava che l’azione della magistratura avrebbe affrancato una società civile sana da élite inette o corrotte. E si continua a pensarlo. Anche vent’anni fa si pensava che il berlusconismo fosse la calata dei barbari, l’espressione di un populismo rusticano che avrebbe corroso le fondamenta della democrazia repubblicana. E si continua a pensarlo. In questo senso, il “renzismo” non è riuscito a frenare lo sfinimento delle vecchie culture politiche rappresentate a Largo del Nazareno. E rischia – qui concordo con Debenedetti – di allargare semplicemente il campo delle sue correnti. Mi domando se l’unica chance oltre il Pd non sia allora quella di andare fuori dal Pd, e creare un nuovo soggetto riformista.

Michele Magno, Foglio lettere , 31/8

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