In giunta si corre spediti verso il berlusconicidio.

La crisi è più vicina

Muro contro muro sulla relazione di Augello. Pd e grillini (maggioranza) vogliono espellere il Cav. già oggi

“I politici rubano il mestiere ai giudici. E’ una gara a chi ammazza Berlusconi per primo”. Abilissima nel distillare l’essenza più amara delle cose, Daniela Santanchè osserva i colleghi della giunta per le elezioni del Senato, soppesa la fretta di Felice Casson, Stefania Pezzopane e Mario Giarrusso e dunque dell’anomala maggioranza che compone questa commissione. Poi la Pitonessa considera il tempismo della Corte d’appello di Milano che ha fissato il 19 ottobre l’udienza che riformulerà la condanna alle pene accessorie di Silvio Berlusconi, e infine dice che “ormai è una sfida con le bighe, una corsa tra il Pd e i magistrati a chi lo crocifigge per primo”. E insomma il verdetto del Senato appare scontato agli stessi attori sul proscenio, e sarà rapido, anzi, salvo sorprese al momento imprevedibili, sarà rapidissimo, “come rapidissima sarà la nostra uscita dalla maggioranza”. Sarebbe un “verdetto giudiziario, un bollo per ammazzare Berlusconi, in spregio a ogni logica di senso politico”, dice Renato Brunetta. E Renato Schifani, capogruppo al Senato, conferma la consequenzialità logica, la catena d’implicazioni che per il Pdl porta alla fine della maggioranza di grande coalizione: “Dalla giunta provengono segnali di muro contro muro. Un inaccettabile atteggiamento da parte del Partito democratico e del M5s che intendono votare oggi contro le pregiudiziali approfondite e dettagliate formulate dal relatore.

Se dovesse succedere, non credo che si potrebbe più parlare di maggioranza”.

I teorici della dilazione, i cauti Luciano Violante, Mario Monti e probabilmente persino Giorgio Napolitano, escono così ammaccati da un meccanismo gladiatorio e ormai – pare – maggioritario, forse vincente, nel centrosinistra, o almeno nella commissione per le elezioni. E dunque la giunta si esprimerà oggi sulle pregiudiziali e sulla relazione, ovvero sulle novanta pagine del relatore Andrea Augello, il senatore del Pdl che ha sollevato dubbi sulla legge Severino chiedendo l’intervento della Corte di giustizia dell’Unione europea. I numeri dicono che la relazione, assieme alle pregiudiziali, sarà rigettata e Augello di conseguenza sostituito. A quel punto, il decorso dell’intera faccenda non potrà che essere rapido. Ma arriveranno prima i magistrati di Milano, chiamati a riformulare la condanna all’interdizione dai pubblici uffici nel processo Mediaset, o arriveranno prima loro, i senatori della giunta per le elezioni, guidati da una maggioranza Pd-5 stelle, con gli uomini del Partito democratico che “non agiscono più con il senso della politica”, dice Fabrizio Cicchitto, “ma si comportano come dei giudici, esecutori”, e nemmeno rispondono – non più – alle cautele, agli inviti (“Berlusconi avrà tutti gli strumenti per difendersi”, aveva detto con qualche timidezza Guglielmo Epifani) ai vertici del loro stesso partito?

Covata per tutta l’estate dai suoi stessi protagonisti, ieri in Senato si è finalmente aperta l’arena, “il Sinedrio di Berlusconi”, come lo chiama Cicchitto. L’estenuante stato di pre-crisi che fino a pochi giorni fa non sembrava preoccupare Enrico Letta, il presidente del Consiglio che da settimane affetta serenità di fronte ai marosi della politica giudiziaria, adesso esplode anche in televisione, che è un amplificatore del tramestio: ricominciano tutte le trasmissioni politiche, “Porta a Porta”, “Matrix”, “Piazza Pulita”, “Ballarò”… E “sarà una crisi via etere”, ironizzano i duri del Pdl, quelli che, come Denis Verdini, al Cavaliere lo ripetono con la stessa nasalità d’una cantilena, una preghiera araba: “Molla il governo, questi ti vogliono soltanto ammazzare”. Berlusconi, che aspettava la riunione del Senato per decifrare le intenzioni dei nemici e dunque adattare le sue strategie e le sue mosse, adesso agita i pensieri più tormentosi dei membri del governo, dell’ala lettiana del Pd, e forse – forse – dello stesso Napolitano, il presidente della Repubblica che la settimana scorsa, ricevuto al Quirinale Fedele Confalonieri, al presidente di Mediaset aveva consegnato soprattutto questa certezza: “Finché il Senato non si esprime, io non posso intervenire in alcun modo, non ho intenzione di interferire con le decisioni del Parlamento”. E ad Arcore, che non ci siano state interferenze, ieri se ne sono accorti. Con disappunto. Il piano è dunque inclinatissimo verso la crisi di governo, e se la commissione davvero dovesse liquidare la relazione di Augello e le pregiudiziali, tutto insieme, tutto oggi, tutto in un unico voto, allora per il Castello sarebbe la prova delle intenzioni berlusconicide del centrosinistra. “E’ il Pd che, in questo modo, apre la crisi”, dice Santanchè. Redazione il Foglio, 10/9

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata