Italia, un paese con 2 verità

Al direttore - Nel nostro paese si sta compiendo

il primo colpo di stato ad personam nella storia del mondo. Un’operazione chirurgica mirata. Vent’anni di missili di carta bollata furbi, più che intelligenti. E tutto questo senza neppure aspettare il parere dell’Onu.

Rodolfo Maida

Al direttore - Secondo il Pd un atto di clemenza del capo dello stato a favore di Silvio Berlusconi violerebbe il principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Ma il Cavaliere avrà pure il diritto di chiedere che la sua posizione sia considerata alla stregua di quella di migliaia di altre persone prima di lui? Sì, i “graziati” dagli ultimi presidenti della Repubblica sono migliaia. Se Giorgio Napolitano si è limitato (dopo la sentenza n. 200/2006 della Corte costituzionale) a concedere solo una ventina di provvedimenti di grazia (tra i quali, nel 2007, alcuni a favore di cittadini austriaci condannati per azioni di terrorismo), i suoi predecessori non si sono fatti mancare nulla. Ciampi ha sottoscritto 115 atti di clemenza, Scalfaro 339, Cossiga 1.395, Pertini addirittura 6.095. Le nuove prassi richiedono la sussistenza di ragioni di carattere umanitario. Ma dove stavano tali ragioni nella vicenda di Alessandro Sallusti giustamente sottratto al carcere attraverso una “grazia” dettata da criteri di opportunità? E non ve ne sono forse di ragioni umanitarie nel caso di un anziano signore che, peraltro, è stato un imprenditore di successo, ha creato lavoro dal nulla ed è il patron di una squadra di calcio che ha onorato lo sport italiano? Oltre a essere il maggior contribuente al fisco.

Giuliano Cazzola

Al direttore - A proposito dell’editoriale “Edulcorare Ratisbona”, ecco cosa scriveva l’ambasciatore degli Asburgo alla corte del Solimano: “Faremmo un imperdonabile errore pensando che la nostra tolleranza con i turcomusulmani e l’oblio delle loro ingiurie giovino a renderci sicuri. Quanto più accomodanti ci mostreremo e più amanti della pace tanto più vedremo crescere la loro insolenza, perché essi non considerano tale accondiscendenza una virtù, ma un segno nostro di ignavia, di paura e di disperazione”.

Gianni Del Zoppo

Lettere al Foglio del 12/9

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