Letta, l’Ilva e la strada stretta contro la

deindustrializzazione

La strada da percorrere per contrastare il rischio deindustrializzazione in Italia si fa sempre più stretta per il governo. Fino a ieri sera esponenti dell’esecutivo erano riuniti a Palazzo Chigi con i vertici dell’Ilva di Taranto (che in serata hanno aperto a un chiarimento con la magistratura), incluso il commissario straordinario Enrico Bondi, per trovare una soluzione allo stop della produzione negli stabilimenti elettrosiderurgici di Riva in tutta Italia, deciso dall’azienda dopo il sequestro di cespiti e conti correnti della famiglia che controlla l’Ilva. Riva Acciaio ha risposto alla procura pugliese, sostenendo che il sequestro sottrae alla sua disponibilità “tutti i beni, senza disporre alcuna facoltà d’uso a beneficio dell’azienda”. Non solo: adesso “le banche finanziatrici di Riva Acciaio, che erano tornate a riattivare i fidi, ne hanno disposto il congelamento totale o la revoca”. Difficile dunque proseguire nell’attività produttiva. Il contesto non facilita l’esecutivo: oltre al decorso dell’iniziativa giudiziaria, ci sono i lavoratori degli impianti del gruppo che ieri sono scesi in piazza, e le richieste più diverse dei sindacati (la Fiom-Cgil chiede commissariamento e nazionalizzazione temporanea). Il governo, inoltre, sa che qualsiasi soluzione dovrà essere a costo quasi zero, visti i vincoli di bilancio europei. Già dalle bozze del Def circolate ieri emerge che il governo ritiene “prioritario” ridurre il cuneo fiscale, ma per il resto intende “perseverare” nella razionalizzazione della spesa pubblica.

Enrico Letta ieri ha dichiarato di voler capire se “sul piano giuridico è possibile replicare quanto fatto a Taranto” dove “si è trovato il modo attraverso il commissariamento di garantire la ripresa aziendale”. Una soluzione per il rilancio dell’industria siderurgica, senza cedimenti statalisti, è invece quella che ha in mente Ugo Calzoni, per 25 anni strettissimo collaboratore di Luigi Lucchini (il “Cavaliere dell’acciaio” scomparso nell’agosto scorso) e oggi editorialista di Firstonline diretto da Franco Locatelli. “La prossima settimana, con la probabile fermata dell’impianto di Piombino, associata alla incredibile crisi dei Riva, si apre definitivamente una questione siderurgica nazionale, determinante per il settore manifatturiero e decisiva per la meccanica e quindi per l’export”. Lo stabilimento di Piombino è commissariato, ricorda Calzoni, ma detiene il monopolio della produzione di rotaie in Europa ed è tra i primi per le vergelle (tondini di acciaio venduti in rotoli e alla base di prodotti di chioderia e trafileria). “Taranto poi è allo stesso tempo un problema di crisi imprenditoriale della famiglia Riva e di una magistratura che confonde la fermata di un impianto con la fermata di tutto il credito alla società”. Soluzione? “Interventi statali come ulteriori commissariamenti o espropri sarebbero tardivi, oltre che inefficaci. Il governo deve aprire una riflessione rapida, con tutte le aziende del settore, per non buttare a mare la spina dorsale dell’acciaio italiano. Poi costruire davvero le condizioni perché uomini ricchi di capacità e capitali, oggi presenti nel paese ma confinati a produzioni più piccole soprattutto attraverso il forno elettrico, possano intervenire”. Non si tratterebbe di un refrain della “cordata” che salvò Alitalia, “perché il settore è ancora tra i più competitivi in Europa”. Al governo Letta è richiesta un’opera decisa di moral suasion: “Sulle banche creditrici, che non possono pensare di rientrare subito dai crediti concessi prima in abbondanza. Sulla magistratura, perché non può saltare fuori ogni giorno un pretore o un pm che si appiglia a un cavillo giuridico. Poi il governo deve convincere i Riva a fare un passo indietro, a diventare ‘uno dei proprietari’ dell’Ilva di Taranto, mentre la produzione da altoforno dovrà spostarsi in parte verso Piombino. A quel punto, una nuova generazione di imprenditori lungimiranti si potrà fare avanti”. Oppure sarà il declino manifatturiero, non solo a Taranto o a Piombino.

F.Q.di Marco Valerio Lo Prete   –   @marcovaleriolp

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