A ogni genio la sua sregolatezza

Un libro di Mason Currey  svela abitudini, scaramanzie

e idiosincrasie di intellettuali e artisti

CLAUDIO GALLO, CORRISPONDENTE DA LONDRA, La Stampa, 7/10

Il demone della creatività pretende routine stravaganti, abitudini agli altri incomprensibili, che consentono all’artista di lambire lo sfuggente mondo dell’ispirazione. In una parabola Buddha insegna che, una volta arrivati sull’altra sponda del fiume, la zattera che abbiamo usato per attraversare le acque diventa irrilevante. Quella o un’altra, l’importante è arrivare. Ma noi, ancora ben piantati su questa sponda, siamo incantati dalla varietà delle zattere, dalle loro forme molteplici, dai loro colori. «Daily Rituals» (Rituali quotidiani) di Mason Currey, nelle librerie britanniche a fine ottobre, è appunto un catalogo di zattere con cui 116 grandi intellettuali e artisti hanno navigato verso le loro opere. Abitudini, scaramanzie, idiosincrasie per noi, strategie di creatività per gli autori: «I did it my way», cantava Frank Sinatra. Ecco qualche esempio. 

 Immanuel Kant 

Il filosofo tedesco di Konigsberg (oggi Kaliningrad in Russia) conduceva una vita minuziosamente scandita, esattamente come uno s’immagina le giornate di chi ha scritto la «Critica della ragion pura». Sebbene stesse traghettando la filosofia verso il romanticismo, della sregolatezza romantica non aveva proprio nulla. La leggenda vuole che i suoi vicini regolassero gli orologi se per caso, quando lui cominciava la passeggiata pomeridiana, non facevano le tre e mezza.

 Ernst Hemingway 

Lo scrittore americano era un sostenitore della sveglia al mattino presto (una scuola maggioritaria tra i grandi ma con importanti eccezioni). Soprattutto perché di primo mattino non c’è nessuno a romperci le scatole. «Fa fresco, persino freddo e non c’è un cane che disturba - scriveva -. Subito a lavorare, ti scaldi mentrescrivi». Hemingway si svegliava verso le 5 e mezzo anche se la sera prima aveva bisbocciato, cosa che accadeva spesso. Poi un caffè forte e via, la corrida col foglio bianco. 

 Marcel Proust 

L’autore della «Ricerca» è invece il campione della sveglia tardi. Anche a causa della grave forma di asma di cui soffriva, si svegliava tra le tre e le sei di pomeriggio: pipatina di oppio per curare la mancanza di fiato, caffè e croissant. Com’è noto arrivò a fare foderare di sughero le pareti di una camera in Boulevard Haussmann per essere isolato dai rumori. Se la maggior parte degli scrittori cerca la quiete e la regolarità, altri cercano l’idea nel trambusto e la confusione. Monsieur Gurdjieff, ad esempio, che sarebbe arrivato a Parigi proprio mentre Proust la lasciava per sempre, amava scrivere su un tavolino del Café de la Paix, osservando la folla rumoreggiar davanti all’Opera.

 Ludwig van Beethoven 

Il padre della IX sinfonia si svegliava all’alba. Preparava lui stesso il caffè, contando ogni mattina 60 chicchi per tazza. Poi giù a lavorare. Dopo la colazione di mezzogiorno, una lunga passeggiata che durava quasi tutto il pomeriggio. Prima di rincasare, un salto in taverna a leggere i giornali. Alla sera poteva vedere qualche amico o andare a teatro oppure leggere un libro. Mai comunque a dormire dopo le dieci.

 Gertrude Stein 

La scrittrice americana-parigina, raccontava di non essere capace a scrivere per più di mezz’ora al giorno. «Però, se sei costante, col passare degli anni è un mucchio di roba», diceva. Insieme con la compagna Alive Toklas conduceva una vita regolare: pranzo a mezzogiorno, una zuppa leggera la sera. La Toklas andava a dormire presto, mentre Gertrude s’intratteneva con gli ospiti. Dopo di che andava a svegliare la compagna e parlavano ancora della giornata trascorsa prima di addormentarsi.

 Honoré de Balzac 

Lo scrittore della «Comédie Humaine» è del partito degli smodati: comprende i molti artisti che bussano alla porta della chimica in cerca di aiuto (anfetamine ad esempio, allegramente usate da Graham Green e Ayn Rand). Balzac per restare sveglio e vigile prendeva 50 tazze di caffè al giorno. Non è del tutto improbabile che questa abitudine abbia avuto un qualche ruolo nell’attacco cardiaco che lo portò alla morte a 51 anni. 

 W. H. Auden 

«In un uomo intelligente, la routine è segno di ambizione», scrisse il poeta anglo-americano. Si svegliava alle sei: caffè e di corsa a scrivere. Riprendeva dopo pranzo e andava avanti fino a pomeriggio inoltrato. Alle 6 e mezzo cocktail: diversi Martini-vodka. Poi la cena con generose quantità di vino. Per mantenere energia e concentrazione Auden usava la benzedrina, un’anfetamina. Finita la giornata, per frenare la spinta energetica e riuscire a dormire doveva prendere un sedativo. Un perfetto atleta anti-classico, cittadino del nostro tempo.

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