Zio e nipote a Pyongyang. Perché nelle

purghe familiari di Kim Jong-un finisce il suo mentore

Le purghe di Kim Jong-un erano iniziate già da qualche tempo – a partire dai quattordici funzionari fucilati a fine 2012 per non aver rispettato adeguatamente il periodo di lutto per la morte di Kim Jong-il – e ogni cambiamento nella catena di comando di Pyongyang significa desiderio di rafforzamento (e quindi pericolo di indebolimento) della leadership. Il deputato del Partito democratico sudcoreano, Jeong Cheong-rae, ha comunicato ieri alla commissione parlamentare d’Intelligence di Seul che “a metà novembre due degli uomini più vicini a Jang Song-thaek sono stati giustiziati pubblicamente dopo essere stati accusati di corruzione, e subito dopo il vicepresidente Jang è scomparso al pubblico. Sembrerebbe che sia stato eliminato dalla sua posizione”.

Jang Song-thaek era il numero due del governo della Corea del nord. Secondo i servizi segreti sudcoreani – non proprio una sicurezza dell’informazione, si dirà, visto che più di una volta hanno mostrato la loro inadeguatezza nel reperire notizie su una delle dittature più misteriose, indecifrabili, aggressive e nuclearizzate al mondo – il compagno Jang, 67 anni, era l’uomo chiave dell’amministrazione del Partito dei lavoratori di Corea. Aveva aiutato Kim Jong-un a essere il nuovo leader nonostante la goffaggine e l’aria da sbarbatello, dopo la morte del padre, il Grande successore Kim Jong-il, nel dicembre del 2011.

Ciò che legava Jang Song-thaek ai vertici della dinastia dei Kim era poi un legame di sangue, visto che aveva sposato Kim Kyong-hee, l’amata sorella di Kim Jong-il nonché zia dell’attuale leader. Di chi fidarsi, se non dei parenti? Eppure oggi molti analisti speculano sulla decisione. Lo zio stava forse pretendendo troppo potere, vista la sua età e la sua esperienza? Jang, che sembra essere un forte sostenitore della riforma economica, già nel 2004 era stato allontanato dal cerchio magico del potere nordcoreano, per poi essere riabilitato due anni dopo. Secondo gli osservatori internazionali, era lui il leader ombra di Pyongyang. E chissà se il nipote, adesso, saprà farne a meno.

Foglio4 dicembre 2013 - ore 06:59, 

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