19 febbraio 2014. Lo ha detto il nipote

preferito di Gianni Agnelli, uno che non ha avuto

problemi di studi o di occupazione. Lo aveva sussurrato – prima di lui – anche il compianto ministro Tommaso Padoa-Schioppa. In tempi diversi, sono stati aggrediti, insultati, sbeffeggiati. E invece è assolutamente vero. I giovani italiani, tranne rarissime eccezioni, sono bamboccioni che vogliono stare a casa e fare poco. Non amano la politica, pensano che tutte le colpe siano degli altri, che i loro genitori debbano in eterno pagare il fio (e i conti) per essersi divertiti con il Sessantotto, i Beatles e i primi motorini senza targa, casco e assicurazione obbligatoria. Maledicono le loro immaginarie difficoltà, mentre possono fare tutto con un dito sullo smartphone (e noi trottavamo per mesi per ottenere un centesimo di quanto oggi si ottiene con un clic). Li aveva descritti alla perfezione Corrado Guzzanti, già molti anni fa, e non sono cambiati molto. Il personaggio del comico, “Quelo”, rispondeva a ogni domanda con un tormentone: “C’è grossa crisi”. Era il 2007… ricordate? “Volevo dire al mondo che in queste ore drammatiche stanno passando tutti quanti una grossa crisi, c’è molto egoismo, c’è molta violenza… ti chiedi il come mai, ti chiedi il quasi quasi, dov’è la risposta? La risposta non la devi cercare fuori, la risposta è dentro di te, però è sbagliata”.

Non abbiamo un Jobs, un Bezos, un genio come Paul Allen. Ci raccontano nei convegni di centinaia di start-up, parola magica che però non ha prodotto ancora un bel niente. Tutti i siti di successo, i blog e le innovazioni sul web le dobbiamo a ruderi ultracinquantenni, gente che conosce perfino Marx e Marcuse. L’ultima novità editoriale, “pagina99”, l’hanno messa in edicola due ex ragazzi come Emanuele Bevilacqua e Mario Cuccia. Ci facciamo fregare su tutto, altro che. Un esempio? Prenotiamo un hotel a Milano e il sito è americano, call center in oriente. Ma vi rendete conto? Altro che start-up, qui si è tornati indietro a prima del Medioevo, quando almeno gli osti e gli albergatori toscani inventarono le stelle da affiggere sul portone, un sistema che ancora detta legge nel pianeta. Non tutti possono essere creativi, d’accordo. Scendendo ai piani bassi dell’occupazione: nessuno fa l’infermiere, il fioraio, il benzinaio di notte, il pizzettaro e potremmo continuare all’infinito. Grandi progetti e piccoli mestieri sono stati delegati agli immigrati. Le nuove imprese di ristrutturazione degli immobili – un business che a Roma ha mantenuto migliaia di famiglie – sono intestate ai romeni ex manovali. I nostri ragazzi migliori si accontentano, è terribile dirlo, di fare i camerieri laureati a Londra o Miami. Intanto, c’è chi ancora si trastulla ai videogiochi (ma nemmeno uno di questi è italiano, uffa!). Non abbiamo un cellulare, una tv, un pc o una radio di produzione nostra. Che rabbia! Tanti lamenti, poca grinta. Se Jaki Elkann voleva dire questo, ha ragione da vendere. Anche fra i giovani giornalisti, vedo scarsa capacità di rischiare, di mettersi in gioco, di pubblicare verità scomode. Difficile studiare i bilanci di Monte dei Paschi. Meglio cercare il barbiere di Matteo Renzi. Dobbiamo ancora leggere una qualche verità sul sistema bancario italiano, non sappiamo ancora nulla della vendita di Antonveneta, leggerei volentieri chi e come valutò congrua quella operazione. La fatica, anche in questo mestiere, è l’unica arma a disposizione di chi vuole impegnarsi e avere successo. Questa è la realtà. Se la si vuole modificare, ci sarebbero le strade classiche per arrivare alla politica: l’associazionismo, gli scout, il volontariato attivo… o il Grande Fratello. Il portavoce del M5s, Rocco Casalino, viene da quella esperienza lì. Forse la tv dovrà perfino occuparsi di formare la nuova classe dirigente. Inventate almeno quel format, ragazzi!

© - FOGLIO QUOTIDIANO

di Barbara Palombelli

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