Cialtroni e fuochi fatui. L’Inferno a Casal di Principe

non esiste. Lo dice pure Saviano

Roberto Saviano scrive della Terra dei fuochi su Repubblica, e per le prime diecimila battute del pezzo fluviale esprime una palindroma cautela sulla mappa con la quale il governo ha circoscritto il fenomeno dello sversamento di rifiuti tossici nelle campagne tra Napoli e Caserta: sessantaquattro ettari. Ma nemmeno lui, che pure il nome evocativo e potentissimo di Terra dei fuochi lo ha esportato nel mondo con “Gomorra”, neppure Roberto Saviano sfugge alla realtà che sempre di più emerge dai primi (ancora pochi) rilevamenti scientifici: per mesi sono state scritte, dette e mandate in onda balle su balle. Insostenibili cretinate da ogni punto di vista, senza vero riscontro, sono state romanzate accortamente e inaccortamente. Roba da ubriachi. Certo, il povero lettore di Saviano, e di Repubblica, deve arrivare alla fine del pezzone. Ma sta scritto lì, nelle stesse parole dell’autore di “Gomorra”. Eccole: “Si sono date munizioni all’isteria collettiva pronta a credere al disastro nucleare, a quella fazione cialtronesca che in questi mesi ha svelato inesistenti contaminazioni e nel migliore dei casi ha parlato con la sola pressione dell’emotività”.

Fazione cialtronesca, dunque. Ed era il 29 dicembre 2013 quando Michele Santoro, a “Servizio Pubblico”, ha mandato in onda un lungo reportage di Sandro Ruotolo e Dina Lauricella intitolato “Inferno Atomico”. Ed è quel giorno che esplode definitivamente la figura mediatica di Carmine Schiavone. L’ex pentito di camorra, il pluriomicida che in televisione e sui giornali ripete: sono state interrate scorie radioattive provenienti dalle centrali nucleari della Germania nelle campagne della provincia di Caserta, “qui moriranno tutti di cancro”. Alle “Iene”, il programma di Italia uno, Schiavone mostrò persino su una mappa le zone inquinate dalle radiazioni. E la iena Nadia Toffa, in un reportage del 15 ottobre, ricordò agli ascoltatori che i pomodori prodotti nell’Inferno atomico sono utilizzati per comporre il “minestrone di una nota marca di surgelati”. Balle. Anzi, come dice Saviano, cialtronaggini. Resta una domanda: chi ripaga le aziende dell’agroalimentare ridotte in ginocchio da una forsennata campagna di stampa?

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