Lettere al Direttore IL FOGLIO

Una madre. Da oggi il magico Lanfranco Pace

è il nostro Felipe Scolari

1-Al direttore - Sono madre di due bambini piccoli e da quasi tre anni penso sempre alle stesse due cose: come evitare ai miei figli di fare il soldato e come spiegare ai miei figli cosa vuol dire quando suona una sirena. Be’ a tutt’oggi non ho le risposte. Ieri ad Ashkelon sono stati lanciati molti missili da Hamas, e a pensare che nell’arco di un’ora ne sono stati lanciati 65, ciò significa in un’ora 65 sirene, per 65 volte a brevissime distanza l’una dall’altra genitori si sono trovati a correre prendendo per mano i loro figli, a entrare nei rifugi e pregare che sia l’ultima sirena… un’ora è fatta di 60 minuti. Mi sembra assurdo che io mi debba ritenere fortunata solo perché vivo al centro/nord di Israele. Mi sembra assurdo che ci siano molti altri genitori costretti a spiegare ai loro figli cosa sia questo rumore assordante e perché tutti devono correre al riparo in meno di 30 secondi appena lo sentono. Mi sembra assurdo che ci siano delle madri che piangono sui corpi dei loro figli solo per odio nei confronti di una diversa religione. Mi sembra assurdo che ci siano costantemente i figli di qualcuno a difendere un paese che viene attaccato, e con attaccato intendo sotto ogni punto di vista (armi, politica, media, odio). Chi non è nato qui (come me), non può capire cosa significhi fare il militare, in molti mi hanno spiegato che impedire al proprio figlio di fare il militare significherebbe farlo sentire diverso, debole, messo da parte. Purtroppo il militare in ogni paese è visto differentemente, in Israele un militare inizia il suo percorso per difendere il paese e la sua gente, in altri paesi un militare inizia il suo percorso per attaccare il prossimo. E’ proprio qui la differenza. I nostri figli cadono in guerra per difenderci e altri figli cadono perché gli hanno insegnato sin da piccoli a odiare e spargere terrore. Sembra assurdo ma in entrambi i casi vengono considerati eroi. Nei conflitti, per chi li vive, non esistono né vincitori né vinti, ma solo perdite di militari, di civili, di assassini, di innocenti, a prescindere dal paese e dalla religione, è triste, molto triste che per la morte di un figlio Israele piange invece altri festeggiano. Israele ha rotto il silenzio, silenzio dopo continui attacchi perché Israele si deve difendere, ci difende. Ebbene sì, un giorno dovrò anche io fare i conti con questa situazione, anche i miei figli ci difenderanno da chi ci odia. Spero solo che questo odio finisca prima o poi, spero solo che una madre non debba stare in tensione quando il figlio si arruola, che non debba rimanere col nodo alla gola per i 3 anni di servizio militare, che una moglie non dovrà stare in pena quando il marito una volta l’anno debba fare il richiamo al militare e soprattutto che i figli possano sempre abbracciare i loro padri ogni sera al loro ritorno. Se ci dovranno essere delle lacrime spero siano le ultime. Per l’estero questa è solo una storia, per Israele questa è vita.

Chantal Israilovici

2-Al direttore - Noi lo amiamo lo stesso Lanfranco Pace, per quanto ha scritto sulla Nazionale azzurra, sul Brasile, perché citando Cortazar crediamo ancora nella possibilità di astrazione: la poesia da questo mondiale non esce fuori

Francesco Gambaro

3-Al direttore - Sono sicuro che avrete l’aplomb di mettere nella rubrica “il meglio della settimana” il pezzo di Lanfranco Pace che argomentava la sicura vittoria del Brasile. Cazzate, ma molto ben scritte; è uno dei pregi del giornale.

Franco Bergamasco

D’ora in poi Lanfranco sarà il nostro Felipe Scolari, il pezzo era fantastico e la palla è notoriamente tonda, va dove le pare.

4-Al direttore - Goldman Sachs, l’autorevole banca d’affari di Wall Street, mica la Cassa di Credito coopertativo della Sgurgola, aveva lanciato la sua previsione: il Brasile ha il 48,5 per cento di probabilità di vincere la finale del mondiale di Rio. E non erano chiacchiere ma il risultato di uno studio con un titolo che incuteva rispetto: “World Cup & Economics 2014’’. Sessantuno pagine gonfie di tabelle asettiche e seriosi algoritmi. Roba per bocconiani, gente dal palato fine che con la materia ha confidenza. Poi però le cose vanno storte perché ci sono quelli che non saranno laureati ma hanno più confidenza con un pallone che con i numeri, familiarizzano con i dribbling piuttosto che con le statistiche, impongono quasi per onor di bandiera una nicciana volontà di dominio e potenza. Der Wille zur Macht. E a contare allora sono altri numeri, quelli dei palloni che finiscono in rete, per la precisione sette e un uno, quanti ne hanno buttati dentro, nell’ordine, i tedeschi e i brasiliani. Alla faccia degli algoritmi illusori che hanno immalinconito un samba triste gonfio di gol che hanno fatto piangere i bambini in tribuna.

Gino Roca

Vabbè, il Brasile non era in forma, e chi sa di calcio lo aveva detto prima, e chi diceva il contrario con la Germania esprimeva un inconscio willful thinking, comunque per l’algoritmo la Selezione giocava in casa.

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