La lezione del padre di Nicholas Vent’anni dopo

 l’omicidio

di Marco Imarisio

Ancora non ci si crede. Al sorriso di Reginald Green, alla tranquillità con la quale spiega che sarebbe potuto accadere ovunque.

A distanza di vent’anni la disperazione di un padre che ha perso un figlio, in quel modo, ucciso da una pallottola vagante durante un tentativo di rapina, mentre era in vacanza insieme alla sua famiglia, resta ancora il retropensiero più diffuso per trovare una spiegazione plausibile al suo comportamento.

Stava guidando sulla Salerno-Reggio Calabria verso lo stretto di Messina, per mostrare Scilla e Cariddi al primogenito Nicholas, che aveva sette anni ed era affascinato dai racconti sul mito di Ulisse. All’improvviso finì tutto. Nicholas resistette due giorni. Reginald e Margaret, la madre, decisero di donare gli organi.

Ci sarebbe voluto molto tempo, per lenire la vergogna che tanti calabresi e italiani provarono all’epoca. E molte parole giuste.

L’uomo che le ha trovate tutte, fin dal primo momento, è stato proprio colui che aveva ogni diritto di maledire questa terra. Reginald Green torna in Italia, come ha fatto quasi ogni anno da quella notte.

Oggi pronuncerà un discorso nell’aula del consiglio regionale di Reggio Calabria. Sono cose che ha ripetuto spesso. Sul fatto che non è stata la Calabria a premere il grilletto, sul dovere di sopravvivere con dignità, quindi senza rancore, sull’amore per la vita che c’è dietro la scelta di donare gli organi di tuo figlio che sta per morire. Ma quale disperazione.

Ascoltare quelle parole, rivedere ogni tanto il volto di chi le pronuncia, equivale a un piccolo e necessario esercizio spirituale. Perché di questi tempi capita spesso di dimenticare quanta bellezza possa contenere l’animo umano

Il Corriere della Sera, 22.9.2014

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