PD. In crisi il partito delle tessere E quello

delle primarie non va
di Sergio Soave  Italia Oggi, 4.10.2014
Una conseguenza ormai evidente dello scontro interno al Partito democratico tra il partito delle primarie, capeggiato da Matteo Renzi, e quello delle tessere, che ha il suo punto di riferimento storico in Massimo D'Alema, è il deperimento parallelo di ambedue i sistemi di convalida e selezione delle leadership. Alle primaria per la scelta del candidato democratico, pressoché certo dell'elezione, alla guida della Regione rossa per antonomasia, l'Emilia Romagna, la partecipazione si è ridotta ai minimi termini. Hanno votato meno simpatizzanti di quanti siano gli iscritti, dicevano sogghignando i sostenitori del partito delle tessere, ma poi sono arrivati i nuovi dati delle adesioni, crollate a quanto pare dell'ottanta per cento, e allora sono stati i fan del sistema delle primarie a festeggiare.
Sembrerebbe una questione di lana caprina, che al massimo interessa soltanto gli aderenti a un partito, ma in realtà si tratta di una questione che segnala una mutazione prima molecolare e ora macroscopica del sistema politico nel suo insieme che ha ragioni profonde e ha prodotto e può produrre effetti di grande rilievo. Si tratta in pratica del tramonto della forma partito introdotta in Europa dell'internazionale socialista alla fine dell'Ottocento, che poi, per reggere la competizione, fu adottata anche dalle formazioni moderate di ispirazione cristiana (ma non da quelle tradizionalmente conservatrici come i Tory o leaderistiche come i gaullisti). I sistemi politici parlamentari e quelli elettorali proporzionali consolidarono il sistema dei partiti con adesione capillare, che infatti non si è mai trapiantato in America, con regime presidenziale e sistema elettorale maggioritario.
La conseguenza del partito delle tessere è la formazione di correnti permanenti, che è difficile invece tenere in piedi col sistema maggioritario delle primarie a candidatura personale. La spinta verso l'americanizzazione della politica, più accentuata in Italia che nel resto dell'Europa, spinge verso il sistema leaderistico delle primarie, ma se questo non viene introdotto, come accade per esempio in Forza Italia, o se viene gestito in parallelo con un partito delle tessere evanescente ma tenace soprattutto nelle oligarchie locali, si finisce per avere un sistema dei partiti instabile, che proietta poi la confusione nelle istituzioni attraverso l'infedeltà dei gruppi parlamentari a leadership non pienamente riconosciute. Insomma come l'asino di Buridano, se non si decide tra una o l'altra forma partito si finisce per avere un deperimento organizzativo.

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