Nel comune di Bettola, dove vive Bersani,

non c'è più nemmeno un iscritto al Pd

Pierluigi Magnaschi, Italia Oggi 7.10.2014 

Il Pd ha perso, in meno di un anno, 400 mila iscritti. I pessimisti, che rappresentano la sinistra, e quindi anche la minoranza del partito, dicono, davanti a questa cifra terrificante, che il partito si sta liquefacendo per colpa dei barbari fiorentini che l'hanno preso in mano. Gli ottimisti (in pratica, i soli renziani) rilevano invece che il «partito sta cambiando pelle». Hanno probabilmente ragione tutti e due. Il Pd infatti si sta sgretolando. I suoi muri portanti si sono sbriciolati. In giro ci sono, al posto delle vecchie e possenti strutture, quasi solo macerie e polvere. E, d'altra parte, è anche vero che, solo attraverso questa implosione, un partito novecentesco, pieno di rughe, può adesso pensare di potersi rinnovare, per rispondere meglio alle esigenze di un Paese trasformato, da capo a piedi, dalla tv, dal web e dalla globalizzazione.

Che il Pd sia imploso e che non sia stato abbattuto è un fatto che si deve per forza mettere in evidenza se si vuol capire la dinamica degli eventi. Nessuno infatti ha conquistato il Pd. È stato il Pd ad arrendersi. È stato, questo, un processo simile a quello dell'implosione dell'Urss ai tempi di Gorbaciov. L'Urss era allora una superpotenza militare, gonfia di ogive nucleari e di missili che erano in grado di fare arrivare le sue bombe atomiche in ogni parte del mondo. I suoi sommergibili, sparsi e in costante e nascosto movimento in tutti i mari, erano pronti a colpire all'unisono, qualora, da Mosca, fosse arrivato l'ordine di farlo. Ebbene, ciò nonostante, l'Urss si afflosciò, senza un respiro, davanti al muro di Berlino che era una semplice parete di cemento e mattoni che però l'Urss non riusciva più a tenere in piedi.

Molte delle difficoltà che Renzi ha dovuto gestire, dopo aver rapidamente conquistato la segreteria nazionale del partito, sono dovute proprio al fatto che anche lui supponeva che il Pd fosse una fortezza, presidiata dalle risolute guarnigioni di un tempo. Lo assaltò quindi con il coltello in bocca, come se fosse un castello dal quale, come un tempo, gli assediati avrebbero versato della pece rovente sugli assalitori. E invece si trovò davanti una fortezza di cartapesta, del tipo di quelle costruite dagli scenografi per i teatri, che, al suo sopraggiungere, gli calò addirittura il ponte levatoio, in segno di omaggio. E poi, una volta entrato, si trovò davanti una classe dirigente impresentabile. La risibile direzione Pd delle 7,30 del mattino, allestita in fretta e furia da Renzi, tutta piena di ragazzi volenterosi o di squinzie impresentabili ma carine (e non sempre) e da cosiddetti economisti che non erano riusciti nemmeno a superare l'esame di idoneità universitaria («il candidato è insufficiente in tutti i quattro criteri di esame», disse di lui la commissione esaminatrice). Questa allegra brigata è l'inevitabile risultato della fretta di mettere su una compagnia purchessia. Una classe dirigente infatti non la si può improvvisare. E nemmeno Renzi è in grado di fare i miracoli. Per il momento, lascia capire lui. Anche se poi Renzi ha subito cercato di raddrizzare il tiro. Lorenzo Guerini, ad esempio, successivamente nominato vicesegretario del partito, vale, da solo, più di tutta quella incredibile segreteria yè-yè.

Il Pd trovato da Renzi era così mal messo perché era un partito sopravvissuto a se stesso e a un paese che, nel frattempo, aveva cambiato pelle. I giovani (e, quando dico i giovani, mi riferisco agli under-quarantenni; non certo solo ai giovanissimi) non sanno che farsene delle sezioni del partito. Stanze polverose e ammuffite, con alle pareti i padri fondatori formalmente rinnegati da almeno un quarto di secolo ma sempre lì occhieggianti. Ambienti dove si tenevano dibattiti su idee e soluzioni confezionate altrove che dovevano essere dibattute (ma non certo contestate) e poi approvate all'unanimità. Emanuele Macaluso, 90 anni, storico dirigente del Pci, nel dispiacersi della scomparsa delle sezioni e dello spappolamento organizzativo del Pc, dice a la Repubblica che le sezioni «erano un luogo permanente di confronto articolato, di formazione del pensiero, di dibattito». Oggi invece, secondo Macaluso, «il Pd amministra solo l'esistente. Non c'è progetto, perché non c'è l'elaborazione». La visione di Macaluso è sicuramente edulcorata dalla nostalgia. Un tempo, nelle sezioni del Pci, non c'era il dibattito ma solo la somministrazione delle idee del Comitato centrale del Pci che, partite da via delle Botteghe Oscure, dove erano redatte dalla nomenklatura, venivano somministrate nelle sezioni in forma didattica. Da qui, dopo averle approvate sotto forma di dibattito (senza variazioni, ci mancherebbe altro), venivano recapitate alla segreteria provinciale del partito che le rinviava a Roma come attestazione dell'avvenuto confronto dialettico che invece si era limitato alla ratificazione pura e semplice del plico che era stata inviato da Roma alla periferia.

Da qui si capisce perché, persino nel paese Natale dell'ex segretario nazionale del Pd, Pierluigi Bersani, che è Bettola (Pc), un comune di 3 mila abitanti, le tessere del Pd, che erano, l'anno scorso, 40 (assieme ai vicini e più piccoli comuni di montagna di Farini d'Olmo e di Ferriere che fanno parte della stessa circoscrizione), adesso si sono ridotte a zero. La sezione del partito, come gli oratori delle chiese, si sono svuotati perché non rispondono più ai bisogni. Il dibattito fra quattro mura mal tenute e con il grigio impiegato dell'Asl (sistemato lì dal partito) e mandato dal comitato provinciale del Pd, non può più soddisfare degli iscritti che, ogni sera, hanno a disposizione fino alla nausea, comodamente stravaccati in pigiama e pantofole e direttamente nel loro salotto di casa, tutti i leader dei vari partiti con il diritto di cancellarli dalla loro vista, quando li annoiano, con un semplice tocco sul telecomando. Il dibattito nella sezione era un momento didattico inevitabile e anche prezioso, quando gli scritti erano isolati e illetterati. Adesso, coloro che sono appassionati di politica (come si suppone siano coloro che vogliono frequentare le sezioni dei vari partiti) sono aggiornati fino all'ultimo momento e si abbeverano direttamente dalle fonti dei big del partito, non dalle patetiche controfigure degli agit-prop (agitatori propagandisti) che, non a caso, sono scomparsi anche loro.

I giovani tranquilli di oggi non vanno più nemmeno nelle discoteche che sono in piena crisi perché sono state sostituite dal web come strumento di aggregazione virtuale ma anche efficace. Immaginarsi se essi sono disposti ad andarsi a rintanare nelle sezioni che, tra l'altro, sono state sostituite, per i più estremisti, dai centri sociali, dove si può fare il casino che si vuole, in un ambiente frichettone e anarchico, nel quale non c'è sicuramente un'aria respirabile per i grigi funzionari di partito che, se avessero una parola d'ordine da diffondere, si sentirebbero subito dire dove debbono mettersela. Insomma, è un altro mondo. Solo Bersani, D'Alema, Fassina, Civati e amici non se ne sono accorti. O fingono di non essersene accorti.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata