L’AGGRESSIONE AL 14ENNE A NAPOLI S’ARRICCHISCE

DI UN ALTRO ORRENDO DETTAGLIO -

Grazia Longo per “la Stampa” 11 OTT 2014 12:56

Il teatro dell’orrore che si è consumato nell’autolavaggio di Pianura fa sempre più paura. Non solo tentato omicidio, ma anche violenza sessuale è l’ipotesi di accusa del pm Fabio De Cristoforo contro Vincenzo Iacolare - 24 anni, disoccupato, un figlio di 2 anni - arrestato perché con una pistola d’aria compressa ha lacerato l’intestino di un quattordicenne colpevole ai suoi occhi perversi di essere «un ciccione».

E mentre stamattina il gip Antonio Cairo dovrà decidere se convalidare l’arresto effettuato dai carabinieri del Comando provinciale di Napoli, i due complici di Iacolare - indagati a piede libero per concorso negli stessi reati - scaricano tutte le responsabilità sull’amico. Dipendenti dell’autolavaggio, si smarcano dal capo branco: «Ha fatto tutto lui, noi stavamo asciugando il motorino del ragazzino quando Iacolare ha preso il tubo della pistola d’aria compressa e prima gliel’ha sparata un po’ in faccia, poi gli ha abbassato il pantalone della tuta e gli ha infilato la pistola lì sotto...».

Eppure neppure loro sono immuni dalla crudeltà. Uno dei due infatti ha filmato la violenza con lo smartphone. E come non bastasse, pare abbia anche postato il video su Facebook per poi rimuoverlo quando si è reso conto della gravità. Il cellulare è stato sequestrato dai carabinieri e sarà pesto periziato.

Al momento, tuttavia, il ruolo marginale dei due ventiquattrenni emerge anche dalla versione della giovane vittima. Anche lui si chiama Vincenzo e per ben due volte ha riconosciuto come suo aguzzino Vincenzo Iacolare. Timido, ancora scioccato e parzialmente sedato, l’adolescente parla poco, ma con il dito ha indicato in due distinte occasioni la foto di Iacolare. Lo ha riconosciuto tra otto fotografie, e ha raccontato di esserselo trovato all’improvviso alle spalle. «Sei un grassone ora ti gonfio ancora di più», si è sentito urlare.

Poi buio fitto per il dolore lancinante. Iacolare, difeso dall’avvocato Antonio Sorbilli, al momento dell’arresto non ha rilasciato dichiarazioni. Parlerà oggi durante l’interrogatorio del gip per la convalida del fermo? È nel suo diritto avvalersi della facoltà di non rispondere. Per ora l’unica sua disponibilità è stata la corsa in ospedale, insieme agli altri due indagati, per accompagnare il piccolo Vincenzo al pronto soccorso.

«Facevano prima a chiamare l’ambulanza - sbotta la sua mamma, Stefania, 39 anni, casalinga e gli occhi profondamente cerchiati per tre notti insonni -. Ora mio figlio sta meglio e l’hanno trasferito dalla Rianimazione al reparto di chirurgia, ma poteva morire. Il colpevole deve marcire in galera, perché il mio Vincenzo non tornerà mai come prima».

Il sole entra nella stanza al terzo piano dell’ospedale San Paolo e alla porta c’é una fila di compagni di scuola, amici e parenti che vogliono salutarlo. Solidarietà esprime anche don Tonino Palmese, prete anti camorra, referente napoletano di Libera. «Al di là della sofferenza personale del piccolo Vincenzo, questa storia è lo spaccato di una gioventù che qui, più che altrove, fatica ad affermarsi perché insegue uno stile di vita dettato dalla violenza. Ventenni che trascorrono il tempo in un “non luogo” come l’autolavaggio e hanno smarrito il senso dell’importanza del dialogo».

Dal suo letto d’ospedale, intanto, Vincenzo fa il gesto di ok con la mano, quando arriva il sindaco sospeso Luigi De Magistris e gli promette che appena esce lo accompagnerà allo stadio per la partita del Napoli. Mentre l’adolescente alza il braccio, si leggono le parole tatuate di una canzone: «Basterebbe darsi un senso e andare avanti». Ma stavolta dare un senso al dramma vissuto è davvero dura.

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