"L'austerità non basta". Così diceva il Nobel

per l'Economia Tirole al Foglio

Il vincitore dell'onorificenza asseganta dall'Accademia svedese era stato intervistato dal Foglio nel 2012. E aveva detto che l’austerità non bastava e che serviva stampare moneta

di Michele Masneri | 13 Ottobre 2014 ore 15:51

Il Nobel per l'economia 2014 è andato al francese Jean Tirole, direttore della  fondazione Jean-Jacques Laffont della Toulouse School of Economics, nonché direttore scientifico dell'Istituto di economia industriale (IDEI) di Tolosa. Ha 61 anni. Il premio è stato assegnato dalla commissione per i suoi "studi sulla regolamentazione e il potere di mercato". Riportiamo l'intervista rilasciata nel 2012 al Foglio. Tirole aveva detto a Michele Masneri che l’austerità non bastava e che serviva stampare moneta.

Roma. Una disciplina di lungo periodo, piuttosto che un rigore di breve respiro. Questa la soluzione per salvare l’Eurozona secondo Jean Tirole, economista francese che venerdì scorso è stato insignito della laurea honoris causa in Scienze economiche e sociali all’Università di Tor Vergata. Tirole, fondatore della Toulouse School of Economics e riconosciuto come il più importante esperto internazionale di economia industriale, non è certo un teorico della spesa in deficit, anzi. Nella sua attività non ha mai risparmiato stoccate alla politica, come nel saggio “Financial crises, liquidity, and the international monetary system” (Princeton University Press, 2002) in cui sostiene che gran parte dei problemi dei mercati internazionali sono di origine politica, perché i governi non hanno incentivi a comportarsi correttamente (e il problema del moral hazard, dell’azzardo morale, è sempre evidente nei suoi saggi). Per questo stupisce che adesso Tirole, come dice in una conversazione con il Foglio, ritenga che “l’austerità può avere conseguenze opposte a quelle sperate, data la bassa crescita attuale e l’alto livello di disoccupazione. Ecco perché il rigore non è il mantra in grado di risolvere la situazione”.

L’economista, che a Tor Vergata ha tenuto una lectio magistralis sulla crisi finanziaria intitolata “Preventing and resolving banking and sovereign crises: toward a new institutional framework” spiega che “accettare un po’ di inflazione oggi per avere più crescita domani è un compromesso tollerabile. Naturalmente, non si tratta di sbracare completamente dalla disciplina di bilancio europea. Perché le promesse dei politici che si tornerà alla disciplina in pochi anni mancano completamente di credibilità. Il punto è che, oltre a stampare moneta, servono tre ingredienti collaterali: riforme strutturali, riforme istituzionali e un riorientamento delle politiche di spesa”.

Sul primo fronte, Tirole avanza una proposta liberista, che ha lanciato in passato insieme a Olivier Blanchard, attuale capo economista del Fondo monetario internazionale: rivoluzionare il mercato del lavoro in Europa del sud, liberalizzandolo totalmente, spazzando via qualunque tipo di articolo 18, per eliminare tutti i dualismi tra iper e ipo protetti e aumentare l’occupazione. Considerare i licenziamenti come una esternalità negativa – per esempio, come l’inquinamento, espresso in quote di Co2 – e quindi a carico dell’azienda; azienda che sarà libera di decidere se mantenere i dipendenti o licenziarli, pagando una tassa appunto come pagherebbe sulle quote inquinanti. Teoria rivoluzionaria? Mica tanto, dice Tirole, perché era già stata avanzata da Franklin Delano Roosevelt nel suo New Deal. Altre riforme riguardano le sanzioni che i paesi in crisi sono tenute a pagare: “Qui non ha senso chiedere a un paese evidentemente in crisi di pagare sanzioni finanziarie. Piuttosto, chi non rispetta gli accordi dovrebbe perdere pezzetti di sovranità, con un bilancio sotto sorveglianza speciale, ma senza affamare i cittadini”.

Appello per una Bce più interventista

Terzo punto, rafforzare i poteri dell’Eba, l’European Banking Authority, rispetto alle varie agenzie nazionali: unificare i poteri delle 27 autorità di sorveglianza bancaria (17 solo nell’Eurozona) per metterla in grado di competere con la velocità e l’effettività della grande finanza.  Quarto, creare un grande fondo di garanzia dei depositi, per evitare (come sta avvenendo in questi giorni) che sui timori di un allargamento della crisi i cittadini corrano in banca per svuotare i propri conti correnti; di ciò si parlerà anche oggi nel vertice europeo. Tirole è pragmatico, non si fa illusioni: “Per esempio è chiaro che al momento il progetto degli Eurobond o di una maggiore integrazione fiscale tra paesi dell’Eurozona non è veramente fattibile”, dice. Così come pragmatico è il compromesso sull’inflazione: “E’ importante sottolineare il ruolo potenziale della Bce nella monetizzazione dei debiti sovrani. Certo una pietra miliare degli ultimi decenni è stata la lotta all’inflazione. Adesso un ritorno delle tensioni sui prezzi potrebbe essere considerato come una sconfitta. Ma non è così. Probabilmente l’ondata inflattiva non arriverà nemmeno, se la crisi coinvolgerà anche i grandi paesi dell’area euro. Ma nel caso avverso, se nel frattempo si saranno messe in atto le riforme necessarie per tornare alla crescita, sarà stato accettabile, e si sarà trattato di un evento unico e irripetibile”.

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