Lettere al Direttore Il Foglio 1.11.2014

Il diletto dei lettori per il nostro carciofino

sott’odio (Longanesi)

1-Al direttore - Dal patto Nazareno al piatto Gentiloni.

Maurizio Crippa

2-Al direttore - Un piccolo contributo quantitativo al bel dibattito pubblicato sul Foglio in merito alla proposta che la Germania esca dall’euro. Tralascio gli aspetti politici (sopravviverebbero il progetto di integrazione europea e il mercato unico?), legali (si può uscire dall’euro e rimanere nella Ue?), operativi (chi si occuperebbe della politica monetaria dei due euro?). Mi sorprende, invece, che nessuno consideri i costi terribili di questa proposta, per un paese come l’Italia a valuta tendenzialmente debole e con problemi strutturali di finanza pubblica. Non v’è alcun dubbio infatti che la fuoriuscita della Germania dall’euro si accompagnerebbe con un aumento significativo dei tassi di interesse italiani per compensare le aspettative di svalutazione del cambio e di maggiore inflazione. Di quanto aumenteranno i nostri tassi? Difficile una stima esatta, ma certamente di diversi punti percentuali. Basti pensare che nei momenti di maggiore tensione finanziaria che preludevano a una possibile dissoluzione dell’euro, il mercato pretendeva uno spread tra titoli di stato italiani e tedeschi di oltre 5 punti percentuali.

Ebbene con uno stock di debito di oltre 2.000 miliardi di euro ogni punto percentuale in più nel livello dei tassi comporta 20 miliardi in più di spesa in conto interesse; 5 punti percentuali in più, 100 miliardi. Certo occorrerà che tutto il debito venga a scadenza e sia riemesso al nuovo tasso, ma la prospettiva che tra sei anni (durata media del nostro debito) saremo gravati di circa 100 miliardi di spese aggiuntive per interessi non mi sembra rassicurante per le imprese e i consumatori italiani. Concludo con una proposta ai fautori della uscita della Germania dall’euro. Se ritenete che la soluzione ai nostri problemi sia questa, siete disposti a prendervi 100 mila euro di Btp trentennali italiani in cambio di 100 mila euro di Bund tedeschi di eguale scadenza?

Salvatore Rebecchini

3-Al direttore - Sarebbe toccato al Senato chiedere alla Corte costituzionale di pronunciarsi sulla legge Severino. Ma l’ostinazione, non senza qualche protervia, del presidente Grasso prevalse. Ci ha pensato l’altro ieri il volenteroso Tribunale amministrativo della Campania, non insensibile al grido di rancore di De Magistris, ma insensibilissimo ai dolori e ai disagi dei napoletani. Si aspetta di vedere che farà adesso Calderoli, cioè se insisterà o meno nel suo proposito di fare eleggere dal Parlamento Grasso alla Corte. Disegno non privo di volgarità, ma non del tutto ingiustificato…

Luigi Compagna

4-Al direttore - Susanna Camusso: “Faremo ballare il governo Renzi”. Ovvero, il cha cha cha della segretaria.

Michele Magno

5-Al direttore - Leggo solo adesso la tua risposta alla mia lettera su Pappy (Antonio Pappano) perché in questa giornata di paradiso adesso sto salendo da Marechiaro ove ho fatto uno dei più bei bagni dell’anno. La risposta è fatta in modo da richiedermi un’altra lettera ed è così affettuosa da ricordare anche il mio libro “La virtù dell’elefante” per il quale il Foglio ha fatto più di chiunque altro. Desidero dirti una cosa sola. Io non ho detto che Chausson è il più importante sinfonista francese, ho detto che la sua è la più bella Sinfonia francese. E se poi parliamo del Concerto per violino, pianoforte e quartetto d’archi, il suo è il più bel Concerto francese; se parliamo del “Poème de l’Amour et de la Mer”, il suo è il più bel ciclo di Lieder francese insieme colle “Nuits d’eté” di Berlioz e i “Chants d’Auvergne” di Canteloube. Tu dici di Berlioz; premesso che credo in Italia le mie pagine nel libro dedicate a Berlioz non le abbia scritte nessun altro, diciamo che, non essendo “Roméo et Juliette” una Sinfonia, mettiamo Aroldo in Italia a fianco di quella di Chausson e abbiamo le due più belle Sinfonie francesi: la Fantastica, infatti, è più importante come documento che non abbia valore compositivo. Ti abbraccio.

Paolo Isotta

6-Al direttore - “La verità è una stella fredda”, così mi gela la fine di un suo editoriale. Io penso piuttosto che la verità sia acuminata e tagliente come una spada e insieme calda come il fuoco, non è fatta per brillare solitaria e lontana. Dio aveva capito che non era bene che l’uomo fosse solo, e creò la donna. Per noi trinitari (se mi è lecito dirlo con la dovuta riverenza) Dio stesso è una società. Questo triplice enigma è confortante come il vino e aperto come un focolare inglese; questa cosa che turba l’intelletto, calma completamente il cuore: ma dal deserto, dai luoghi aridi dei terribili soli, vengono i crudeli figli del Dio solitario: i veri unitari che con la scimitarra in mano hanno devastato il mondo. Perché non è bene che Dio sia solo. Ovviamente non è farina del mio sacco, è il paradossale Chesterton dell’Ortodossia, e della Chiesa viva. Un sacco, il paradosso che tiene insieme l’ortodossia e la chiesa viva, al quale mi piace quotidianamente attingere. Con amicizia.

Ubaldo Casotto

7-Al direttore - I profili biografici di Salvatore Merlo su discussi, e non sono pochi, personaggi della nostra politica sono indubbiamente tra i pezzi più ironici e direi divertenti che il Foglio ci regala e quello di quest’oggi su Alfano è da antologia perché, da solo, sarebbe riuscito a mettere Ko chiunque ma non il nostro “senza quid” che da lì non si muoverà mai, indistruttibilmente inchiodato al suo Viminale.

Vincenzo Covelli

Alfano ci perdonerà, siamo faziosi.

8-Al direttore - Una bella scritta letta nel teatro Odeon a Parigi nel maggio del 1968, e che oggi è più attuale che mai: “Lavoratore tu hai venticinque anni, ma il tuo sindacato è del secolo scorso. Per cambiare vieni da noi!”.

Giuseppe Magno

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