Lettere al Direttore Il Foglio 7.11.2014

Togliatti umanista cristiano molto a modo suo.

Se sbaglio corrigetemi

1-Al direttore - Che in Brianza sprechino anche solo un uovo per Renzi, e lo dico perché li conosco, vuol dire che la crisi non esiste.

Maurizio Crippa

2-Al direttore - Oggi a Potenza si tiene un convegno su Giuseppe De Luca, prete romano di vasta cultura e impegno, giovanneo, iperconciliare (morto nel 1962) e Palmiro Togliatti, capo internazionalista e marxista del Pci fino alla morte (1964), e autore di discorsi importanti al Comitato centrale del suo partito e a Bergamo (1954, 1963) sulla relazione tra comunisti e cattolici. Che c’azzeccano i due?

Giorgio Malagrazia

Il quotidiano dei vescovi italiani, discutibile e debole secondo me per la parte pastorale e teologica, ha una buona pagina della cultura, di antica derivazione ruiniana, e ieri ospitava un bell’articolo di Paolo Sorbi a presentazione del consesso potentino, iniziativa seria alla quale partecipano, direbbe Paolo Isotta, alcuni Mammasantissima di quel che resta del togliattismo e del pensiero operoso di De Luca (nomi tutti illustri). La prima cosa che mi sembra onesto citare di un passaggio di Togliatti su don De Luca, tratta dall’articolo di Sorbi, non riguarda i due, il capo comunista e il prete giovanneo, ma la presente situazione generazionale del paese, e la notazione di Togliatti mi serve, si parva licet, a parlare a tutte le nuore e le suocere che ce l’hanno con i giovani al governo e gli gufano contro: “Una generazione è forse qualcosa di reale che porta con sé certi problemi e ne cerca la soluzione, soffre di non averla ancora trovata e si adopera per affidare il compito di trovarla a coloro che sopravvengono”. Togliatti era per certi versi ancor più crociano che gramsciano, e Don Benedetto pensava che solo dovere dei giovani è l’invecchiare, sicché va annotato nella citazione quel “forse” (“… è forse qualcosa di reale…”). Per la sua amicizia, di Togliatti, con il sacerdote lucano fattosi romano e nutrito di pietà cristiana e poi conciliare, osservo soltanto che il cofondatore anteguerra e rifondatore del Pci nel dopoguerra aveva bensì mischiato il suo leviatanico umanesimo di forte impronta marxista e leninista e stalinista con le ansie antropologiche della chiesa incline all’abbraccio con il mondo moderno, all’insegna della salvezza generale nell’èra atomica e della comune natura umana, ma senza tagliare la radice ideologica e politica sedimentata tra Torino consiliare, clandestinità antifascista, esilio moscovita, Hotel Lux, severa e decisamente non libertaria partecipazione alla guerra di Spagna, appello ai “fratelli in camicia nera”, accordo con la monarchia a cavallo della Liberazione e con la chiesa concordataria, nonostante drammi esteriori e scomuniche. Ma che cosa tutto questo abbia a che fare con quello che Paolo Sorbi chiama dialogo “sui temi della democrazia e della laicità della politica” a me sfugge. Ci sono state grandezze nella storia che non appartengono alla storia della democrazia e della laicità, se non accidentalmente, e tra queste contempliamo, appunto, chiesa e comunismo internazionalista. Ma posso sbagliare, in tal caso “mi corrigerete”.

3-Al direttore - La terribile vicenda dei tre (e sottolineo tre, non due: c’era anche il figlio che la donna portava in grembo) giovani cristiani bruciati vivi in Pakistan, ha delle straordinarie similitudini con la storia dei tre giovani ebrei che Nabucodonosor fece gettare vivi in una fornace perché si erano rifiutati di adorare la statua d’oro del re, di cui narra il capitolo 3 del libro di Daniele. Allora si era in Babilonia (attuale Iraq) oggi nel vicino Pakistan; identico il supplizio (una fornace); uguale o quasi anche l’accusa di blasfemia. E già questo dovrebbe bastare per far aprire gli occhi, soprattutto in certi ambienti cattolici, in primis sul fatto che tra ebrei e cristiani c’è un legame molto più forte di quanto non appaia, in secundis sul senso profondo di ciò che sta accadendo. E’ vero, nel racconto di Daniele i tre giovani ebrei non muoiono, perché Dio manda loro un angelo a proteggerli dal fuoco; ma questo non sposta di una virgola quanto stiamo dicendo, perché erano comunque pronti a morire. Speriamo piuttosto che anche i persecutori di oggi, come allora Nabucodonosor, si ravvedano.

Luca Del Pozzo

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