Lettere al Direttore Il Foglio 12.11.2014

De Mattia (!) dice che a forza di regole i banchieri muoiono

1-Al direttore - Bologna: “Noi sinti ci sentiamo più italiani dei leghisti”. Forse perché non pagano né l’Imu né la Tasi.

Maurizio Crippa

2-Al direttore - Che il Nuovo centrodestra voglia cambiar nome, trovandosi alleato della sinistra, non sorprende. E’ pur vero che Nuovo centrosinistra può sembrare un salto un po’ azzardato. Io suggerirei un nome secco e aperto. Nuovo centro. Punto. Al limite si potrebbe aggiungere in piccolo: “… citofonare Giulia”.

Gianluca Brenna

3-Al direttore - Non possiamo pretendere da Stefano Fassina atteggiamenti e argomentazioni diverse da quelle che si porta dentro. Per lui gli investimenti deve farli lo stato, per lui i soldi si trovano strappandoli ai ricchi e alla finanza. Gli sprechi della Pa e degli enti regionali e comunali, vanno ridotti non toccando nulla, oppure con partite di giro tra un comparto e l’altro. In definitiva lasciando, nell’insieme della spesa, tutto com’è. Non esistono percorsi dialettici virtuosi, i suoi ragionamenti non vanno oltre l’immediato. Tracciare uno scenario negativo per il 2015 non aiuta, anzi ostacola qualsiasi strategia di medio-lungo periodo. Il solo rimedio possibile, la sola strada a disposizione. Ma tant’è, per sessanta anni abbiamo percorso la strada delle toppe su toppe: il sistema non voleva andare oltre.

Moreno Lupi

In accordo con le sue considerazioni critiche, ricordo che Stefano Fassina è ottimo politico, legato a una tradizione laburista e keynesiana, e non è un Piketty di passaggio. Per questo è interessante.

4-Al direttore - Le immagini hanno una presa micidiale sul nostro intelletto, toccano nel profondo l’emotività e plasmano le coscienze. La sensibilità sociale mainstream, che alterna vibrante indignazione e irremovibile indifferenza a seconda delle questioni trattate, è figlia delle inchieste giornalistiche che, come ha ricordato lei, mostrano le oche spennate e mai i feti abortiti, dei film che fanno penetrare negli occhi e nella memoria del pubblico le scene di una Diaz di Genova e mai quelle di una Ozar Hatorah di Tolosa, la scuola dei bimbi ebrei ammazzati dall’odio islamista. I prodotti culturali à la page scelgono con cura le vittime “giuste” da raccontare e quelle “scomode” da relegare in un cono d’ombra, a uso e consumo di spettatori assuefatti alle spietate logiche del pensiero politicamente corretto, umanamente corrotto.

Daniele Montani

5-Al direttore - La discussione sull’ammissione al sacramento dell’eucaristia dei risposati e più in generale sul ripensamento nasconde, o apre, altre questioni. Vedo nelle concezioni aperturiste soprattutto una potenziale derubricazione anche del peccato di adulterio. L’assunto di “dare la comunione a tutti” (a dire del padre Pepe di Paola), come nella Buenos Aires bergogliana lascia sconcertati. E’ questa la chiesa/ospedale da campo? Ma poi c’è una prospettiva storica da considerare. Accettare l’inevitabilità di andare incontro al mondo è un postulato che non tiene conto della specificità di come questo concetto è venuto a configurarsi nel XX secolo rispetto ai millenni passati. E’ successo che lo spirito del mondo nel XX secolo è stato egemonizzato e plasmato da elaborazioni intellettuali programmatiche tendenti a un fine preciso, quello di abbattere la società e i valori borghesi, di cui la religione era vista, a torto o a ragione, una delle matrici. In occidente, il “mondo” del XX secolo, la rivisitazione delle concezioni e dei costumi hanno quelle paternità, dichiaratamente antitetiche al cristianesimo. 

Antonio Maranca

6-Al direttore - Disciplinare le banche che possono determinare rischi sistemici e che sono “too big to fail”, come si deciderà nell’incontro di fine settimana del G20 a Brisbane, è un tardivo adempimento. E’ difficile contestare ora una tale misura, volta a tutelare il risparmio e la stabilità finanziaria, che per l’Italia interesserebbe solo l’Unicredit, salvo valutarne le modalità. Ciò che invece va rilevato è il  progressivo sommarsi di regolamentazioni che incidono sul capitale degli istituti, essendo prevista la piena entrata in vigore di Basilea III nel 2019. Di questo passo, si arriverà al “pulsante elettronico” per l’esercizio della funzione del banchiere, ridimensionando drasticamente il ruolo propulsivo degli organi di controllo e dimenticandosi del tutto della Vigilanza strutturale in funzione di quella, che risulterà massimamente automatizzata, che è la Vigilanza prudenziale, nonché creando i presupposti per la continua resurrezione delle cosiddette  banche-ombra. Sarà la Vigilanza dei ratios e degli stress test, nel cui contesto l’arte del banchiere passerà nettamente in secondo piano. Occorrerebbe riflettere di più su di una tale china.

Angelo De Mattia

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