Parliamo di responsabilità

Il tema è già da tempo stato posto dalla corte di Giustizia dell'Unione

europea MagistratiCome i conducenti di taxi, come i farmacisti, come gli esercenti attività commerciali.Ma con la differenza che i magistrati, diversamente dai professionisti poc'anzi citati, sono titolari di una pubblica funzione. Ciò dovrebbe indurli (nel doveroso rispetto del principio della separazione tra poteri dello Stato) ad atteggiamenti più rispettosi delle libere determinazioni del Parlamento.Ed invece la temperatura è alta tra gli appartenenti all'ordine giudiziario: basta seguire il dibattito sulle loro mailing-list o leggere gli interventi di alcuni di essi sulle colonne di certi quotidiani. Così, tra il preannuncio di futuri scioperi e i tentativi di condizionare l'attività del legislatore (un contegno non molto dissimile da quello di una qualsiasi categoria professionale), sfuma, purtroppo, l'occasione per avviare un dibattito pacato sul tema , giunto all'esame del senato, della responsabilità civile dei magistrati. Prevale, infatti, tra di essi, il sospetto che la questione sia sollevata con intenti punitivi, quando si tratta, invece, solo di assicurare un adeguato risarcimento dei danni a chi sia stato vittima di errori giudiziari, in linea con gli standard europei. Eppure, basterebbe prendere atto (con onestà intellettuale e realismo) che il problema è, da tempo, all'attenzione della Corte di Giustizia dell'Unione europea, secondo un indirizzo che non nasce certo oggi ed al quale risulta del tutto estranea la contrapposizione «domestica» tra classe politica ed ordine giudiziario. Tutto deriva, in fondo, dal riconoscimento (che risale al 1991) della responsabilità degli Stati membri dell'Unione per ritardato o omesso adeguamento dell'ordinamento interno ai vincoli comunitari (cd. sentenza Francovich), primo passo di un più ampio percorso che avrebbe condotto la Corte europea di giustizia ad affermare, esplicitamente, che an¬che l'atto di un'autorità giudiziaria può dar luogo a responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario (sentenze Kobler e Traghetti del Mediterraneo, del 2003 e del 2006). Premesse, entrambe, per poi riconoscere (è accaduto con una decisione del 24 novembre 2011) che anche l'attività di interpretazione delle norme da parte di un magistrato (e non solo la loro applicazione) può essere fonte di responsabilità, ciò che la legge italiana attualmente esclude.

È su questo tema, pertanto, che sarebbe necessaria una presa di coscienza degli appartenenti all'ordine giudiziario (e dei loro più o meno interessati sponsor politici), senza ipocrisie e, soprattutto, furbeschi escamotage. L'auspicio di chi scrive è, dunque, che quella parte di magistratura non condizionata da pregiudizi ideologici (o, peggio, da inconfessabili pulsioni corporative) possa prevalere, decidendo di confrontarsi con gli altri operatori del diritto, finalmente senza riserve mentali (o malcelati rancori).

di Giuseppe Stajano *Avvocato penalista Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  

Italia Oggi 25.03,2012

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