E la Moretti cancella il simbolo del partito dai manifesti

in Veneto. L'aspirante governatore sceglie una campagna elettorale senza bandiera Un modo di smarcarsi da una parte politica sommersa dalle liti e dai guai

Pier Francesco Borgia - Lun, 19/01/2015 - 08:49 Giornale

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RomaL'ultima sua battaglia politica a livello europeo è stata in favore del prosecco. Come a dire: in Europa sì ma per difendere la mia terra.

Stiamo parlando di Alessandra Moretti, da pochi giorni ex eurodeputato. Si è dimessa la scorsa settimana per poter impegnarsi a tempo pieno nella campagna elettorale che la vede in corsa per la poltrona di governatore del Veneto. Deve cercare di sottrarla al suo avversario Luca Zaia, già ministro delle Politiche agricole per il governo Berlusconi e uomo forte della Lega in Veneto. Sulle sue dimissioni è nato un dibattito. Da una parte i suoi fan esaltano il gesto: in un Paese dove non si dimette nessuno farlo è puro eroismo. Dall'altra il popolo della Rete, che attacca come ipocrita questo slogan dal momento che la Moretti conquisterebbe comunque un seggio in Consiglio anche se perdente.

Finora ci siamo ben guardati da sottolineare un dato importante. Alessandra Moretti è un'esponente di primo piano del Partito democratico. La nostra scelta è in linea con quella della diretta interessata, che sta improntando la sua campagna elettorale nel segno di un personalismo lontano da simboli identitari. Nei cartelloni pubblicitari il logo del Pd non compare. Svetta semmai un vistoso Blu di Persia sullo sfondo. Un colore che ammicca subliminalmente a ben altre formazioni politiche.

I pubblicitari, forse, plaudono a una scelta tanto anodìna. Serve, potrebbero spiegare, per convincere gli indecisi in una terra, il Veneto, un tempo patria democristiana. Anche il suo sito è privo di riferimenti al partito. Come pure il suo account di Twitter . I più maligni tra gli osservatori notano che, in un momento come quello attuale, dove il Pd è flagellato da liti, ricorsi a carte bollate, denunce e commissariamenti, la scelta di smarcarsi dal simbolo è più che altro una necessità di sopravvivenza politica. La Moretti d'altronde ha saputo smarcarsi bene nell'ultimo lustro. Più volte ha cambiato il cavallo su cui puntare. A spingerla sotto i riflettori della politica nazionale fu per primo Pier Luigi Bersani che la volle al suo fianco come portavoce nelle primarie per il candidato premier del 2012. Con le elezioni politiche del febbraio 2013 diventa deputato. Il suo «cavallo» non conquista, però, Palazzo Chigi e al successivo giro di primarie la Moretti appoggia il bersaniano Cuperlo. Anche stavolta sbaglia puntata ma non si arrende. La nuova Segreteria del Pd, guidata da Renzi, la lancia nel consesso europeo e la Moretti conquista uno scranno di europarlamentare (maggio 2014), forte di un bottino di 231mila voti.

E adesso la spallata definitiva al vecchio mondo bersaniano. La Moretti ripudia il simbolo, sposa la causa dei «giovani turchi» renziani, e si concentra nel duello con Zaia per la conquista di Palazzo Balbi. E ci si mette così tanto di impegno che attivisti vicentini le hanno rimproverato, durante un impegno elettorale, di disertare le votazioni dell'assemblea europee. La Moretti non la prese bene, e il contestatore si beccò una querela.

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