Lettere al Direttore Il Foglio 20.01.2015

Roma sembra intoccabile per essenza, purtroppo non è così

1-Al direttore - Oramai in Italia c’è una minoranza che vale più di tutti gli altri. Ma solo se calcolata in coalizione, con la lista s’attaccano.

Maurizio Crippa

2-Al direttore - Bella la frase “Volete che un vecchio e intemerato berlusconiano pop, come me, non si innamori del boy scout della Provvidenza?” del suo nuovo libro. A proposito, lo leggerò, dopo Houellebecq, prima di “Fictitious Dishes” (mi interessa solo il pasto del mio maestro Hunter S. Thompson). Pensavo che fossimo solo noi “impolitici” a innamorarci dei “politici” (in politica solo due amori, Einaudi e Thatcher, ma eterni). La invidio, sinceramente, per la sua capacità di rinnovarsi.

Riccardo Ruggeri

Houellebecq è eccellente. Gran realismo decadente. Un bel racconto, proprio.

3-Al direttore - Siamo da più secoli un insieme, dire popolo è lievemente improprio, di “badin arrangeur, oui, mais royal”. Abbiamo sempre incarnato la regalità giocosa e creativa e disincantata dell’arrangiarsi. Ne abbiamo fatto l’arte della sopravvivenza. Anche dai mozzorecchi arcigni e azionisti accidiosi. La notre vrai grandeur.

Moreno Lupi

4-Al direttore - A Ratisbona quel discorso ben noto ai foglianti non era affatto islamofobo. Ma la piazza mediatica decise diversamente e scatenò contro Ratzinger tutta la sua ferocia. Oggi il mondo sembra girare esattamente al contrario: la stessa piazza inneggia al suo nuovo idolo Papa Francesco; gli attribuisce il merito di aver mostrato il pugno contro Ratzinger e proprio in memoria di quel discorso. Rispetto al tempo di Ratisbona, l’occidente è ancora più debole e la chiesa assai più confusa. L’islamofobia non c’entra niente, l’antisemitismo è sempre più operoso.

Luigi Compagna

5-Al direttore - Domenica sera al Tg1 un giornalista intervistava, serio in volto, un imam di Londra che rispondeva serafico. Più o meno così: farete attentati anche in Italia? Certo, se tratterete male Maometto. Voi pensate davvero di arrivare a Roma? Sicuro, rispondeva il pacifico imam sorridente; nessun dubbio su questo. In Italia, dal 1870, da quando Roma è diventata capitale d’Italia, abbiamo scordato che Roma è l’Urbe, cioè, grazie alla chiesa, il mondo. Gli altri lo sanno e a Roma, se vogliono vincere, debbono arrivare. Siamo pronti?

Angela Pellicciari

Roma sembra intoccabile per essenza, ma purtroppo non è così. Hanno calcolato in cinque ore il percorso dal Califfato alla città. Cinque ore passano presto. Chi di questi viaggia ha pazienza. Le strutture e le idee non sono predisposte a una resistenza effettiva, almeno quelle dello stato, che è ancora giovane e inesperto e lassista. Spero che la chiesa di Roma si sia attrezzata, e ne ha avuto di tempo, per sapere, per prevenire, per scongiurare non solo con i paternoster inter-culturali e inter-religiosi. La cosa a cui tengo di più nella vita, affetti personali e libri a parte, è lo spirito universalista nella forte identità che è l’osso della storia di Roma e della sua chiesa, erede dell’impero. E in fondo il problema del Califfato è tutto qui, nel segnacolo in vessillo, un colpo all’impero, da mettere sulla bandiera nera.

6-Al direttore - Sergio Cofferati non ci sta. Non fosse per quel braccio ingessato per via della frattura farebbe come il nostro amato Mou. Alzerebbe al cielo i polsi incrociati a simulare manette. La sconfitta ingiusta, la partita irregolare, la vittoria una beffa. Insomma la solita storia. Tutte le volte, a partire dal ’46 con quel referendum. Che poi uno dice: facciamola finita e mettiamola ’sta cazzo di moviola.

Gino Roca

Trovo il modo di rottura scelto da Cofferati un pessimo numero da circo. E’ persona seria, poteva inventarne un’altra per ratificare il distacco, con le sue ragioni.

7-Al direttore - Il problema della libertà (meglio: “Delle” libertà) nelle società multiculturali sconta l’incontestabile assunto per cui “la legge è forma giuridica del costume, oppure sopraffazione della libertà” (Nicolás Gómez Dávila).

Gaetano Tursi

Va aggiunto che il costume è il limite liberale della legge, anche il costume delle minoranze, anche il passato, perfino i morti e i non ancora nati, che sono testimoni quanto i vivi. Oggi mi accontenterei del rispetto dello stato di diritto.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata