Renzi limona con il Cav. e gli offre un nuovo patto

su Italicum e Quirinale. Sì al premio alla lista. Ok di Berlusconi. Si divide il Pd (29 contro). Il no di Fitto. Nuove trattative sul capo dello stato

di Claudio Cerasa | 20 Gennaio 2015 ore 20:39 Foglio

Roma. L’immagine è un po’ hard, ce la offre un deputato del Partito democratico e rende bene, seppur con un brivido, il senso politico della giornata di oggi: “Renzi e Berlusconi si sono messi ancora una volta la lingua in bocca e hanno deciso che non c’è scelta: questo matrimonio s’ha da fare”. Il matrimonio riguarda due tappe che corrispondono, ovviamente, alla legge elettorale e al voto sul Quirinale, e dal pomeriggio di oggi sono emerse alcune notizie importanti che fotografano bene tanto la solidità quanto i punti di debolezza del partito che si sta sempre di più affermando attorno alla riforma elettorale, e non solo quella: il Forza Italicum. Le notizie ci dicono che stamattina Matteo Renzi ha ricevuto per un’ora Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi e ha chiesto al capo di Forza Italia il sostegno per votare un emendamento importante, a firma del senatore Stefano Esposito, che introduce alcune modifiche decisive alla legge elettorale: il premio alla lista (fortemente voluto da Renzi) e la soglia del tre per cento (fortemente voluta da Alfano) come tetto minimo da raggiungere per entrare in Parlamento. La novità è di rilievo e lo è per una ragione precisa: dovendo scegliere se mediare con la minoranza del Partito democratico o con la maggioranza di Forza Italia, Renzi ha scelto ancora una volta la seconda strada. E la decisione ha avuto delle conseguenze precise poco dopo l’ora di pranzo. Quando Renzi ha chiesto al gruppo dei senatori del Pd di esprimersi rispetto alle modifiche sull’Italicum e quando, al momento del voto, il segretario del Pd ha incassato il sì di 71 senatori ritrovandosi però con un documento di 29 senatori guidati dal bersaniano Miguel Gotor pronti a sostenere una linea differente: contro il premio alla lista, per la diminuzione dei capilista bloccati, per un aumento delle preferenze (linea sostenuta, si scoprirà poi, anche da un gruppo di ex grillini, 12, presenti a Palazzo Madama). Il Pd si spacca, e lo fa per la prima volta con numeri massicci, quasi da scissione. Renzi stima di aver perso sull’Italicum circa 25 senatori, l’appoggio di Forza Italia diventa fondamentale e Berlusconi chiede esplicitamente ai senatori – non era mai accaduto in modo ufficiale – di sostenere l’emendamento Esposito e il premio alla lista. La novità è importante anche rispetto agli assetti futuri. Quirinale, ma non solo.

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Il punto è semplice: dando il voto a quell’emendamento Forza Italia accetta (dal punto di vista tecnico) di dare l’ok al premio alla lista e non più alla coalizione e accetta (dal punto di vista pratico) il gioco di Renzi, che è quello di provare a disegnare il quadro futuro dell’Italia su un asse non più soltanto bipolarista ma persino bipartitico (anche se tecnicamente, dicono alcuni osservatori puntigliosi, il premio alla lista non esclude le coalizioni, che si potrebbero formare dentro la lista, ma le rende più complicate: potrà mai accettare, per dirne una, la Lega di entrare in un futuro nella lista di Forza Italia?). Forza Italia, naturalmente, fa un sacrificio e con questa mossa vede allontanarsi alcuni senatori. Durante l’assemblea di gruppo, dieci senatori votano contro la linea del Nazareno (area Fitto, che oggi ha definito “inaccettabile” la scelta di Berlusconi), uno si astiene e 45 votano sì. Il dissenso è dunque geometrico, sia in Forza Italia sia nel Pd, ci sarà qualche forma di protesta anche in Ncd. Ma salvo sorprese i numeri per approvare sia l’emendamento Esposito sia la legge elettorale – mettendo insieme Pd, Ncd, FI e i senatori di centro – ci sono. E la prova di forza voluta e cercata da Renzi sul terreno della legge elettorale – l’emendamento è il numero 17, doveva essere votato stasera, verrà votato domani – è importante anche in vista dell’elezione del capo dello stato. Berlusconi ha infatti concesso qualcosa di grosso a Renzi (voto al premio alla lista) e ora sarà Renzi a dover concedere qualcosa di importante a Berlusconi – che evidentemente sul nome del prossimo presidente della Repubblica avrà un peso più importante anche della stessa minoranza del Pd. I numeri sul pallottoliere del Nazareno dicono che sulla carta sono 765 i voti di cui può disporre la maggioranza di governo allargata anche a Forza Italia, e che anche con 200 franchi tiratori la partita in teoria la si può chiudere entro la quinta votazione (le prime tre votazioni, salvo sorprese, saranno a scheda bianca).

Il tema Quirinale oggi, durante l’incontro tra Renzi e Berlusconi, è stato appena accennato ma ci sarà ovviamente occasione di riparlarne (il nome verrà proposto il 28 gennaio). Lo stato maggiore di Forza Italia è convinto che alla fine il presidente del Consiglio, per non correre rischi, punterà su un profilo alla Giuliano Amato (ma chissà). Al momento però i nomi sono coperti, non ci sono certezze, ma esiste solo un identikit. Un identikit che piace poco alla minoranza del Pd ma che sembra piacere maledettamente tanto a Renzi quanto a Berlusconi: un candidato non del Pd. La strada è questa, le sorprese non mancheranno ma intanto una certezza c’è: lingua nella lingua. E ancora una volta, Renzi, dovendo scegliere tra la minoranza del Pd e la maggioranza di FI, ha scelto la seconda: ha scelto il Cav., ha scelto di rafforzare un partito nato un anno fa e che chissà che presto non prenda forma anche al governo: semplicemente, il Forza Italicum.

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