Renzi ha già avviato mille riforme meno una:

quella della magistratura. «Nessuno ha mai fatto quel che ho fatto io!», si vanta comprensibilmente Matteo Renzi. Ma ha ragione

in sei mesi, via le Province, via il Senato, via le Camere di commercio, via le Banche Popolari. Poi, a guardar bene, tutto è ancora esattamente al posto di prima, però è tutto anche un po' rottamato.

Solo una cosa l'ha appena sfiorata, Renzi, ma proprio solo con una piuma: la magistratura, limitandosi a imporre il pensionamento a 70 anni. Chissà come mai: forse perché il «terzo potere» è quello che più fa paura agli altri due e più direttamente interviene quando e come vuole nel loro campo da gioco.

Lo confermano due clamorosi casi di cronaca di queste ore: il «teste chiave» che aveva inchiodato alle accuse di corruzione l'ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati, l'architetto Sarno, interrogato in aula nel processo ritratta le accuse e afferma che gli erano state estorte dai pm attraverso la tortura della carcerazione preventiva. Risultato: la carriera politica di Penati fu azzerata senza motivo. Contemporaneamente, a Salerno, il discusso ma popolarissimo sindaco-sceriffo Vincenzo De Luca viene condannato a un anno per abuso d'ufficio, e questo capita a un mese dalle primarie del Pd per la scelta del candidato governatore alle elezioni regionali di primavera, da cui viene così «falciato via». Anzi, per gli effetti della legge Severino De Luca dovrebbe addirittura lasciare il Municipio, salvo che il Tar accolga anche il suo ricorso come fece a suo tempo di fronte a un'analoga situazione toccata al sindaco di Napoli De Magistris.

Insomma, con o senza un sospetto «tempismo» che in tanti casi analoghi ha fatto parlare di «giustizia a orologeria», la magistratura imperversa sulla politica, protetta dal sacrosanto diritto di non subirne né i veti né le interdizioni né le rappresaglie, ma di fatto ne regola o ne inibisce molte iniziative. La carcerazione preventiva continua a far gridare allo scandalo. Il governo pensa a depenalizzare comportamenti anche gravi (l'evasione fiscale fino al 3%) e nel frattempo le toghe non si peritano di sanzionare penalmente anche fatti vaghi come il cosiddetto abuso di potere_ E intanto i vertici della Procura di Milano (il capo Edmondo Bruti Liberati e l'aggiunto Alfredo Robledo) restano al loro posto ancorché sommersi dalle reciproche, discreditanti accuse senza che il Csm riesca a dirimere torto e ragione.

Sarà interessante, molto interessante vedere se e come Renzi riuscirà a riformare questo disastro, in modo da renderne più trasparenti, garantisti e insieme efficienti istruttorie e sentenze. Allora sì: altro che riforma, potrà gridare al miracolo.

© Riproduzione riservata Italia Oggi, 23.1.2015, di Sergio Luciano 

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