Crisi Libica: quali prospettive?

Documento di base di un più articolato ed approfondito elaborato in corso di approntamento da parte della Fondazione I.C.S.A. (Intelligence Culture and Strategic Analisys), in cui  verrà delineato il ruolo dell’Italia per ogni possibile tutela degli interessi nazionali in Libia.

di Luciano Piacentini e Claudio Masci*

29 gennaio 2015, pubblicato in Analisi Mondo, AD

Premessa storico-etnica

 Il mosaico etnico-tribale, tenuto insieme per poco più di 42 anni dal colonnello Muammar Gheddafi, si articola in inestricabili divisioni etniche – nell’ambito di circa 140 tribù – che possono essere poste a premessa della cause principali della rivolta contro il Rais.

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Le due etnie principali del popolo libico sono gli arabi (circa 4.500.000) e i Berberi (circa 500.000), gli uni suddivisi in miriadi di confraternite islamiche, gli altri in clan molto spesso in forte contrasto fra loro. Una terza etnia è costituita dai Tebu, (circa 200.000), sparsi in un’area ai margini del Sahara che abbraccia Niger, Ciad e Libia e circa un milione di stranieri fra sudanesi, egiziani, nigeriani, maliani, ecc..

I Tebu – i cui usi familiari e sociali sono strettamente regolati dall’Islam – appartengono al gruppo etnico sahariano, ceppo etiope: sono pastori nomadi che impiegano soprattutto i dromedari, abitano in grandi tende smontabili e percorrono ampi spazi alla ricerca dei pascoli.

Per fare chiarezza sull’attuale intricata ed ingovernabile situazione libica occorre tracciarne una breve sintesi storico-etnica anche per comprendere le istanze della popolazione ed individuare gli sponsor esteri che ne alimentano le rivalità.

 Cirenaica

La regione è abitata prevalentemente da arabi che, giunti nell’area intorno al VII secolo d. C., hanno islamizzato il Maghreb. Sono essenzialmente di fede sunnita e sono organizzati in tribù fra cui i Qadhafa, tribù alla quale apparteneva Muammar Gheddafi.

Fra i principali diffusori dell’islam nell’area va annoverato Muhammad ibn Ali al-Sanusi (Algeria 1787 – Libia 1860), denominato al Sanusi da un suo maestro mussulmano. Sanusi faceva risalire la sua discendenza da Faṭima, figlia di Maometto e studiò in una madrasa di Fez (Marocco) per poi iniziare a viaggiare facendo il predicatore. Nel corso delle sue peregrinazioni approdò all’università religiosa al-Azhar de Il Cairo, ove divenne un consapevole critico  degli ulema egiziani che giudicava troppo ossequiosi nei confronti delle autorità ottomane.

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 Tripolitania

Il nome deriva dal greco Tripolis (cioè tre polis), le tre principali città di origine punica della costa occidentale della Libia Oea (attuale Tripoli), Sabratha e Leptis Magna. In origine, la regione era abitata dai Berberi che nel VII secolo a.C. furono conquistati dai fenici, poi passarono sotto il controllo dei cartaginesi e più tardi dei romani che fecero della Tripolitania un’area molto prospera. A partire dal V secolo d.C. l’area fu invasa da vandali e bizantini che, mescolandosi con la popolazione autoctona, ne hanno alterato notevolmente la fisionomia etnica, spingendola anche al nomadismo, tant’è che molte tribù berbere si trovano anche nell’area sahariana.

L’entità numerica dei libici che appartiene a questa etnia – maggiormente diffusa in Marocco, Algeria e Tunisia – è difficile da quantificare, ma secondo recenti stime si aggira tra il 10 e il 23% della popolazione.

 La maggior parte di essi appartiene alla setta religiosa kharigita, una frangia oltranzista dell’Islam definita eretica da sciiti e sunniti. La loro particolare interpretazione dell’Islam non viene accettata dalle due correnti maggioritarie

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Fezzan

 E’ una regione posta nel cuore del deserto del Sahara, confinante a ovest con l’Algeria, a sud col Niger e il Ciad, tutte aree disseminate da jihadisti. La maggior parte del territorio è un deserto di sabbia, ciottoli e rocce, con oasi abitate da Berberi (imazighen), Tebu e Tuareg, popolo di origine berbera. La Libia ha cercato di sviluppare la sedentarietà della popolazione (circa 500.000) creando infrastrutture e impianti di irrigazione in questa regione con l’aiuto della rendita petrolifera, ma l’irrigazione artificiale rappresenta un rilevante pericolo di salinizzazione del suolo.

 Le tribù Tuareg sono di natura nomade e vivono soprattutto nel deserto. Sono anche chiamati ‘gli uomini blu del Sahara’ per il colore del caratteristico turbante che indossano.

 Le tribù Tebu vivono soprattutto nella zona meridionale delle montagne Harouj (un grande campo vulcanico che si estende per circa 45 mila km quadrati  al centro della Libia), nell’est del Fezzan e nell’area vicina al confine con l’Algeria.

 Tutte e tre le etnie, dedite alla pastorizia e al nomadismo, sono islamizzate anche se la loro fede non è fortemente radicata tant’è che sussistono anche correnti animiste e pagane.

Risorse

 Fino al 1950 la Libia era considerata uno dei paesi più poveri del mondo, a causa della scarsa produttività del territorio, ma nel 1959, in seguito alla scoperta ed allo sfruttamento di giacimenti di petrolio, nazionalizzati dopo il 1970, ha registrato nel 1977 il reddito annuo pro capite più elevato del continente africano.

La Libia possiede circa il 3,5% delle riserve mondiali di petrolio, più del doppio di quelle degli Stati Uniti e, con 46,5 miliardi di barili di riserve accertate, (10 volte quelli d’Egitto), supera la Nigeria e l’Algeria (Oil and Gas Journal).

Le sue riserve di gas a 1.500 miliardi di metri cubi, ma la sua produzione è stata tra 1,3 e 1,7 milioni di barili al giorno, ben al di sotto della capacità produttiva secondo i dati della National Oil Corporation (NOC) che ha come obiettivo a lungo termine tre milioni di b/g ed una produzione di gas di 2.600 milioni di piedi cubi al giorno (23 marzo 2011  dematawordpress.com).

La Libia che non disponeva né di mezzi, né di tecnologie, né di esperienze estrattive dovette ricorrere ai Britannici e l’esportazione del petrolio libico ebbe inizio nel 1959 prevalentemente sotto monopolio inglese ed americano che avevano ottenuto anche la concessione di basi militari – rispettivamente “El Adem” a Tobruk (Gran Bretagna), “Wheelus Field” Tobruk a Tripoli (Stati Uniti) – gestendo anche i posti chiave dello Stato. L’avvento del regime di Gheddafi, oltre a nazionalizzare le risorse petrolifere e le attività produttive, investì anche nell’industria leggera e nella modernizzazione dell’agricoltura, favorendo contestualmente l’immigrazione, per sopperire alla scarsità di manodopera.

L’agricoltura non è sufficientemente sviluppata, sia per la limitata superficie coltivabile sia per la scarsità di acqua, anche se sono state effettuate operazioni di bonifica dei terreni agricoli e di incremento delle risorse idriche con opere di sbarramento e con l’utilizzo di acque fossili.

Il decaduto regime ha cercato anche di sviluppare una rete di servizi alle imprese, alla finanza, al commercio interno ed alla persona ma con scarso successo.

Pertanto buona parte delle ricchezze del Paese risiede nei proventi dell’esportazione di petrolio e gas naturale, di cui la Libia è il secondo produttore del continente africano dopo la Nigeria, destinati soprattutto all’Italia (39%) ed inoltre a Germania, Spagna, Turchia, Francia, Svizzera. Vengono in cambio importati beni industriali e alimentari, principalmente dall’UE, Italia in testa. (1 continua)

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