Crisi Libica: quali prospettive? (2)

Documento di base di un più articolato ed approfondito elaborato in corso di approntamento da parte della Fondazione I.C.S.A. (Intelligence Culture and Strategic Analisys), in cui  verrà delineato il ruolo dell’Italia per ogni possibile tutela degli interessi nazionali in Libia.

di Luciano Piacentini e Claudio Masci*

29 gennaio 2015, pubblicato in Analisi Mondo, AD

Nella prossima puntata diremo degli interessi esistenti in Libia

Situazione attuale

 Le premesse della situazione attuale vanno ricercate agli inizi delle cosiddette “primavere arabe” quando, con un effetto domino, i paesi della sponda sud del Mediterraneo furono scossi, quasi contemporaneamente, da una serie di proteste violente, organizzate con l’impiego di social network (Facebook e Twitter) e con i “network della moschea o del bazar”, a dispetto dei tentativi di repressione statale.

Molte sono state le cause che hanno favorito le ribellioni e fra le principali vanno annoverate: le precarie condizioni di vita che in molti casi rasentavano la povertà estrema, la crescita del prezzo dei generi alimentari che ha portato alla fame, la corruzione, l’assenza di libertà individuali e la violazione dei diritti umani.

Le proteste sono cominciate il 18 dicembre 2010 in seguito all’estremo gesto del tunisino Mohamed Bouazizi – si è dato fuoco per i maltrattamenti subiti da parte della polizia – che ha scatenato alla fine di dicembre la “rivoluzione dei gelsomini”.

In Algeria, all’inizio di gennaio 2011, l’impennata dei prezzi di prima necessità – tra cui pane, olio e zucchero – la corruzione, la disoccupazione giovanile e la povertà hanno provocato proteste e scontri con la polizia, nei quali hanno perso Le proteste sono cominciate il 18 dicembre 2010 in seguito all’estremo gesto del tunisino Mohamed Bouazizi – si è dato fuoco per i maltrattamenti subiti da parte della polizia – che ha scatenato alla fine di dicembre la “rivoluzione dei gelsomini”.

In Algeria, all’inizio di gennaio 2011, l’impennata dei prezzi di prima necessità – tra cui pane, olio e zucchero – la corruzione, la disoccupazione giovanile e la povertà hanno provocato proteste e scontri con la polizia, nei quali hanno perso la vita due persone e diverse sono state ferite. Il governo è intervenuto con una serie di iniziative fra cui misure  economiche e sociali, per combattere la disoccupazione giovanile, impegnandosi a sostenere la realizzazione di posti di lavoro e la costruzione di migliaia di alloggi.

In Giordania le manifestazioni violente sono iniziate il 14 gennaio per protestare contro la corruzione, la povertà, la fame e la disoccupazione chiedendo le dimissioni del governo. Per evitare una deriva violenta della protesta, nei primi di febbraio il re ha deciso un cambio al vertice governativo, affidando al nuovo incaricato il mandato di avviare un processo di riforme per un miglioramento economico e sociale.

In Yemen, a partire dal 18 gennaio 2011, sono esplose manifestazioni contro il regime che poi si sono estese rapidamente a tutto il Paese a causa dell’aumento del carovita e dello stato di povertà della popolazione, causando una ventina di morti. I disordini più violenti sono stati registrati nella capitale Sana’ ed in altre località, dove predomina l’egemonia dell’opposizione secessionista che ha chiesto la ricostituzione dello Yemen del Sud. Le manifestazioni, avvenute nella capitale il successivo 18 marzo, sono state represse nel sangue ed il presidente Saleh ha sciolto l’esecutivo per procedere alla formazione di un nuovo governo.

A giugno il presidente è rimasto vittima di un grave attentato e dopo essere guarito ha negoziato una tregua con i ribelli del sud, peraltro infiltrati da elementi di al-Qaeda, promettendo elezioni anticipate, un governo di coalizione ed una riforma istituzionale. Ma gli scontri nel sud non sono ancora terminati.

In Siria il 26 gennaio 2011, Hasan Ali Akleh da Al-Hasakah (siriano di origine curda) si è versato addosso benzina e  si è dato fuoco in segno di protesta contro il governo siriano. Inizialmente si sono sviluppate proteste pacifiche via via aggravatesi, a causa della risposta dura e violenta del regime, in una ribellione popolare, poi precipitata in guerra civile ancora in atto.

 Nel Sahara Occidentale, a partire dal 2 febbraio 2011, si sono verificate manifestazioni contro il Marocco per il controllo politico dell’area occidentale  e contro la gestione dell’estrazione delle risorse naturali, che hanno fatto registrare atti di vandalismo, violenti incidenti e feriti.

Il 16 febbraio 2011 a Bengasi, Libia, sono avvenuti scontri fra manifestanti – amareggiati per l’arresto di un attivista dei diritti umani – e la polizia, sostenuta da militanti del governo. La repressione dura ha fatto dilagare, il giorno successivo, la protesta nel paese innescando un conflitto del tutto simile alla guerra civile – tuttora in corso – che ha provocato la cattura e l’uccisione di Muammar Gheddafi il 20 ottobre 2011.

Il 20 febbraio 2011, migliaia di persone hanno manifestato a Rabat, Casablanca e in altre città del Marocco per chiedere riforme democratiche, protestando contro il governo del paese. Le proteste sono state organizzate da gruppi di giovani che mediante Facebook hanno lanciato inviti alla dimostrazione. L’intervento delle forze di sicurezza e l’avvio del dialogo con emissari governativi che hanno promesso “riforme politiche, economiche e sociali”, poi confermate dal sovrano, hanno fatto rientrare i disordini.

Il 25 febbraio 2011 a Il Cairo, Egitto, si sono verificati violenti scontri fra polizia e manifestanti, protrattisi fino all’11 marzo con le dimissioni del presidente Hosni Mubarak.

 Anche l’Arabia Saudita non è rimasta esente da proteste avviate, nei primi di febbraio, dalla minoranza sciita ubicata nelle aree petrolifere orientali, mettendo in atto una manifestazione pacifica per chiedere la liberazione di attivisti reclusi.

A tali manifestazioni si è aggiunto, a fine febbraio, il lancio su internet di un appello di intellettuali che hanno chiesto riforme politiche, economiche e sociali e la creazione di una “monarchia costituzionale” con la “separazione dei poteri”. Le promesse di riforme da parte del re Abdallah e gli interventi delle autorità saudite hanno via via anemizzato il contenzioso.

La contestualità temporale di tali eventi, accaduti si può dire secondo un “effetto domino”, associata alla medesima identità degli ispiratori, promotori e fomentatori – individuabile nei “Fratelli Mussulmani” – nonché ai collegamenti ed alle connessioni dei vari leader rivoltosi con medesimi sponsor esteri, consentono di dubitare della loro spontaneità inducendo a pensare che abbiano subìto un periodo di incubazione.

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Primavere arabe

██ Guerra civile (Siria)

██ Allontanamento o morte del capo di stato (Tunisia)

██ Conflitti armati e cambiamento nel governo (Libia , Egitto,Yemen)

██ Cambiamento del primo ministro (Marocco, Giordania, Oman, Kuwait)

██ Proteste maggiori (Algeria, Iraq)

██ Proteste minori (Arabia Saudita, Sudan, Somalia, Mauritania, Sahara Occidentale)

██ Proteste collegate (in grigio scuro)

██ Assenza di proteste (in grigio chiaro)

Continua ......

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